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A Cattolica servono 500 milioni di euro

L’Ivass, alla luce di un “deterioramento delle condizioni di solvibilità” ha chiesto alla compagnia un aumento di capitale da mezzo miliardo, il cui iter ha già avuto l’ok dal board. Minali si dimette dal cda

A Cattolica servono 500 milioni di euro
A Cattolica serve un aumento di capitale da 500 milioni di euro. A chiederlo esplicitamente è l’Ivass, che lo scorso 27 maggio ha scritto direttamente alla compagnia veronese per chiedere “tempestivi interventi di patrimonializzazione” alla luce del “deterioramento delle condizioni di solvibilità” del gruppo e di alcune sue controllate. Il contenuto della lettera dell’Autorità, inizialmente anticipato dall’agenzia Ansa (il che aveva portato al diffondersi di numerosi rumors) è stato poi riportato anche dalla stessa Cattolica in un comunicato stampa.

Cosa ha scritto l’Ivass

Nella lettera vengono presi in esame i monitoraggi settimanali sul solvency ratio di Cattolica e delle singole società del gruppo, che l’Ivass ha iniziato a richiedere a partire dalla metà del mese di marzo 2020; in particolare, vengono citati gli esiti del 8 e 15 maggio. Questi rappresentano una stima pro-forma del solvency ratio ottenuta partendo dall’ultimo dato consuntivo trimestrale utilizzando variabili finanziarie aggiornate. Nella lettera è data evidenza della situazione di solvibilità indebolita del gruppo in seguito al deterioramento dei mercati finanziari in seguito al Covid-19, con conseguente allargamento degli spread e ulteriore calo dei tassi risk free e un marcato calo dei mercati azionari. In particolare, l’Ivass ha fatto notare che Vita, Bcc Vita e Vera Vita, controllate da Cattolica, hanno presentato una stima di solvency ratio “inferiore al minimo regolamentare”, di cui la prima sotto il livello del minimum capital requirement. Inoltre, è riportato che i Solvency Ratio delle compagnie del gruppo, “pur rimanendo sempre sopra i minimi regolamentari”, hanno riportato dei valori al di sotto delle soglie
interne di Risk appetite framework. L’Ivass ritiene che queste soglie andrebbero calibrate usando stress test severi “per tener conto dell’elevata volatilità di alcune variabili finanziarie nonché di altri fattori di rischio”. Nel documento viene anche evidenziata l’asset allocation del gruppo e di alcune controllate, ponendo risalto sull’esposizione verso obbligazioni di minore qualità (titoli con rating BBB- o inferiore, o privi di rating). A seguito di tali considerazioni, l’Istituto di vigilanza rileva la necessità di interventi di patrimonializzazione che si attende vengano perseguiti mediante l’utilizzo integrale della delega proposta alla prossima assemblea straordinaria dei soci convocata per il 26/27 giugno, pari a un aumento di capitale di 500milioni di euro da effettuarsi entro l’inizio dell’autunno. L’Autorità ha inoltre chiesto la presentazione entro fine luglio di un piano a livello di gruppo che descriva le azioni intraprese con riferimento anche alle controllate, riguardanti in particolare il monitoraggio della posizione di solvibilità, di liquidità, oltre a un’analisi della scelta dei limiti di Risk appetite framework. Vengono inoltre richieste delle integrazioni e delle estensioni nelle analisi e nelle misure del cosiddetto “Piano di emergenza rafforzato”. Infine, l’Ivass ha chiesto al cda di Cattolica di “sospendere la corresponsione della componente variabile della remunerazione a favore degli esponenti aziendali”.

La risposta di Cattolica

Cattolica spiega di aver sottoposto “prontamente” all’esame del cda la lettere dell’Ivass. Il board, riunitosi lo scorso 31 maggio, “ha preso doverosamente atto delle indicazioni” e “ha dato mandato al management di preparare un piano nei tempi richiesti al fine di rafforzare la solvibilità del gruppo”. 
Il cda, spiega la nota "ha sempre perseguito e sempre perseguirà la solidità patrimoniale a difesa e beneficio degli assicurati sia della società stessa sia delle società controllate". Cattolica entra poi nello specifico dei rilievi emersi facendo una serie di puntualizzazioni.
In primo luogo, si evidenzia che nei cda della capogruppo erano già stati trattati i temi riguardanti la posizione di capitale. "Nel corso del consiglio del 22 maggio erano state illustrate alcune misure atte al rafforzamento della posizione di capitale del gruppo. In particolare, era stata descritta la possibilità di effettuare un aumento di capitale di 200 milioni di euro abbinato all’emissione di un analogo ammontare di strumento subordinato Tier 1 (con contestuale richiamo di parte di uno strumento Tier 2); tali azioni, abbinate ad alcune minori (tra cui l’aumento della copertura riassicurativa catastrofale), avrebbero portato il raggiungimento di un’adeguata patrimonializzazione, permettendo di finalizzare le attività di M&A previste entro il termine del 2021". Il
cda aveva quindi richiesto al management di studiare fattibilità e tempistiche di tali misure.
Cattolica inoltre spiega di aver già definito delle misure di rafforzamento patrimoniale per Bcc Vita "che presentava la situazione di solvibilità più critica". Lo scorso 22 maggio in un consiglio straordinario della stessa compagnia, è stato approvato un piano di rafforzamento di capitale "atto a riportare il solvency ratio in area 160% anche mediante un adeguata ricapitalizzazione".  Inoltre, aggiunge il comunicato di Cattolica, anche nel caso di Vera Vita è stato tenuto un cda straordinario che ha dato mandato al management di individuare le misure necessarie entro la fine del prossimo mese di giugno.
Il gruppo Cattolica, "al fine di tutelare gli interessi degli assicurati di tutte le società del perimetro", prosegue il comunicato, "ha perseguito negli ultimi quattro anni una politica di diversificazione nella propria asset allocation anche con una progressiva riduzione dell’esposizione ai titoli governativi italiani, il peso dei quali è passato dal 73% del 2016 all’attuale 55%". L’esposizione ai titoli corporate rimane contenuta (18%, ben sotto la media del settore), come è marginale quella all’azionario (0,5%).
Per quanto riguarda il capitolo remunerazioni, il comunicato ricorda come il cda di Cattolica aveva deliberato la proposta di non distribuire gli utili d’esercizio. "Si ricorda che il solvency ratio del gruppo Cattolica, calcolato con standard formula con Gsp, è stato costantemente pari ad almeno il 160% fino alla fine del 2019, scendendo sotto tale livello solo durante questa fase di alta volatilità dei mercati finanziari conseguente alla diffusione della pandemia. A tale proposito si dà conto che nell’ultimo monitoraggio (22 maggio), il Solvency Ratio del Gruppo Cattolica è pari al 122% (vs. 147% del 31 marzo), mentre quello della Capogruppo è al 130%".

Minali lascia anche il cda

C'è poi da rilevare la definitiva uscita di scena di Alberto Minali dal gruppo veronese. Il cda ha "preso atto" delle dimissioni dell'ex amministratore delegato dalla carica di consigliere, dimissioni arrivate nella serata del 29 maggio. Cattolica spiega che "immediatamente dopo, tramite i suoi legali", lo stesso Minali "ha notificato un atto dicitazione nei confronti della società per ottenere il riconoscimento di sue pretese economiche a seguito della revoca, sull’asserita mancanza di una giusta causa". Cattolica bolla questa richiesta come "pretese infondate" che saranno "oggetto di adeguata risposta in sede difensiva". La richiesta è pari a 9.600.000 euro. Queste richieste "mai formulate sino ad ora", puntualizza Cattolica, "non incidono sulla legittimità della deliberazione di revoca delle deleghe operative" avvenuto il 31 ottobre dello scorso anno, "che non è stata oggetto di impugnazione, come pure mai sono state impugnate dal dottor Minali altre delibere consiliari riguardanti la questione".

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