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Invecchiamento e non autosufficienza, quali opportunità per il pilastro complementare?

Seconda parte - L’allungamento della speranza di vita si accompagnerà probabilmente a una crescita dei bisogni di assistenza. La risposta del settore pubblico rischia di rivelarsi insufficiente: servono idee e proposte per coinvolgere maggiormente il settore privato

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È evidente come il problema della sostenibilità dell’attuale modello pubblico di gestione della non autosufficienza risieda nell’eccessivo sbilanciamento a favore dell’erogazione di prestazioni monetarie quando, mai come in questo caso, si dovrebbe piuttosto ragionare sulla presa in carico del soggetto. A tutto ciò si aggiungono, dal lato privato, gli effetti del processo di atomizzazione delle famiglie (mononucleari e coppie senza figli) che, senza un adeguato sostegno da parte del sistema di welfare pubblico, difficilmente riusciranno a portare avanti come oggi il loro prezioso ruolo di caregivers.
Già questi primi dati di inquadramento generale appaiono difficilmente sostenibili nel prossimo futuro. Sarà pressoché impossibile per lo Stato far fronte agli ulteriori incrementi di spesa previsti senza il supporto di tutti gli attori del sistema del welfare integrativo.

Troppa spesa out of pocket
La risposta comunemente data a queste tematiche (salvo lasciarsi cadere nella disperata attesa dell’ineluttabile) è sovente ricondotta a un sano modello di integrazione del welfare da mono a multipilastro. Il tutto attraverso un migliore utilizzo delle limitate risorse e il veicolo delle stesse verso forme soluzioni a effettivo impatto sociale. Bisogna, quindi, fare leva su tutti i fattori esistenti e potenziali per rispondere al tema dei temi degli anni a venire. 
Allo stato, la materia della non autosufficienza è affrontata da singoli e famiglie prevalentemente attraverso l’impiego out of pocket dei propri redditi e risparmi per un totale di quasi 20 miliardi di euro sottostimati (Rsa, collaboratori domestici, ausili domestici per la vita quotidiana).
A questi si devono aggiungere i costi sostenuti in proprio per white economy, alimentazione dedicata, abbigliamento coerente con determinati stati di salute e tanto altro. Insomma, il Paese delle cure private pagate di tasca propria, e non tramite fondi e assicurazioni, è anche il Paese che risponde ai problemi dei suoi cari direttamente e senza pianificazione oltre che del caregiving familiare: splendido fenomeno, se libero e volontario, molto meno se coatto per limitazione di risorse e fattore di perdita di lavoro e redditi.

Ancora poca Ltc 
Per il resto, le risposte in termini di assistenza arrivano da fondi pensione (pur con rarissime polizze accessorie Ltc e sparute rendite incrementali in caso di non autosufficienze dopo il pensionamento), da fondi sanitari (in termini comunque contenuti in termini di prestazioni vincolate a tal fine) e direttamente dalle compagnie. Guardando al totale dei quasi 140 miliardi di euro di raccolta assicurativa, le polizze Ltc e quelle per malattia grave arrivano solo a quasi 100 milioni (milioni, non miliardi). Tutto strano se si pensa che le polizze Ltc sono una delle poche forme assicurative con detrazione al 19% (pur con un tetto di 1.219 euro) e che la legge di Bilancio ha previsto che non si computino ai fini del reddito da lavoro dipendente i contributi e i premi per Ltc versati dal datore in forma collettiva a favore dei lavoratori.
Pochi o molti, i benefici esistono, ma la popolazione non sembra poi così tanto interessata al tema. Carenza di educazione a parte (solita, triste, verità), l’impressione di chi studia la materia è che una risposta possa solo venire da risposte che si fondino su grandi coorti (dal diverso grado di rischio), pena costi salati per accedere a soluzioni retail effettivamente rilevanti in termini di prestazione. Come attirare queste collettività per condividere la contribuzione e ridurre i costi di accesso? 

Ltc: qualche proposta
La prima risposta potrebbe venire dalla legge in termini di obbligo. Ma quest’azione paternalistica finirebbe per dare un ulteriore stimolo alla crescita dei costi per le famiglie. La seconda, già pensata e cavalcata, è il contratto di lavoro dipendente. C’è del buono, ma ancora troppo poco. L’impressione è che anche l’importante apporto del welfare aziendale (nello spettro di una definizione troppo lasca) sia andato più a fenomeni ricreativi che a gestire tematiche centrali quali quelle che si discutono.
A ben vedere, un bacino potenziale ci sarebbe. Trattasi di una delle proposte portate avanti in questi anni con Maurizio Hazan, apparentemente eccentriche rispetto all’argomento. L’idea potrebbe essere quella di ripensare la fiscalità e il contributo al Ssn sul premio Rca per veicolarne una parte a un fondo per la Ltc (il cui rischio potrebbe essere poi oggetto di assicurazione in pool). Insomma, dati più di 40 milioni di veicoli e la ramificazione della spesa, un intervento quasi a costo zero potrebbe consentire di accumulare risorse utili a rispondere (almeno in parte) al fenomeno. Dal punto di vista logico ed etico, la circolazione auto è quella che sicuramente produce il maggior numero di non autosufficienze da evento violento, soprattutto nelle giovani generazioni. 

Presa in carico e mutualità 
Trattasi di idee; ma dalle idee, anche quelle sbagliate, spesso parte un confronto. Discussione a oggi limitata a operatori del settore. In conclusione, si provi ad abbandonare strategie che non hanno condotto a molto e prevalentemente fondate su provvidenze monetarie (prevalentemente pubbliche e locali) con le quali il singolo e i suoi cari devono provare a dare risposta alle nuove insorte esigenze; senza spesso averne competenza e capacità di vera allocazione delle risorse. Meglio tentare di dare risposte in forma specifica, in forma di prestazione, secondo cicli virtuosi che veramente aiutano la presa in carico del singolo e che peraltro spesso riducono gli impatti in termini di spesa complessiva e danno nuove opportunità di lavoro (vero, in chiaro e non sommerso). Lato privato, al di là del grande sforzo degli operatori, dei sindacati e di tutti gli stakeholder, si provi a comprendere come rendere l’accumulo per Ltc diffuso e sopportabile: in buona sostanza, si torni a lavorare sul mutualismo e sulla mutualità.

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