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Cresce il bisogno di semplificazione

Cambiamento culturale, armonizzazione delle prassi di vigilanza, informativa affidabile e comprensibile. Queste le priorità legate all’attuazione della nuova direttiva su cui gli attori del settore chiedono, a gran voce, una minore complessità. Pena la violazione delle regole

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Livellare il piano di gioco. Riducendo i dettami, a favore di un confronto diretto tra regolatori e mercato, per favorire la crescita economica. Questa l’invocazione del settore assicurativo all’indomani dell’entrata in vigore di Solvency II. La direttiva europea fissa nuovi parametri e regole per compagnie e Autorità di vigilanza, ponendo all’attenzione di imprese e supervisori numerose questioni, tra cui l’elevata complessità, la declinazione del principio di proporzionalità, la volatilità dei risultati, la diversità di approccio tra i supervisori europei e il trattamento di alcuni rischi, come quello sovrano. Problemi che saranno sull’agenda della già programmata revisione del nuovo regime, e su cui si è dibattuto nel corso della conferenza di Ivass, "L’avvio di Solvency II", organizzata ieri, 3 marzo, a Roma. 

Tre le priorità individuate dal presidente dell’autorità di vigilanza italiana, Salvatore Rossi: “stimolare e agevolare un profondo cambiamento culturale nel settore assicurativo”, attraverso confronti periodici con i consigli di amministrazione su rischio e strategie a lungo termine; armonizzare le prassi di vigilanza per “livellare il piano di gioco, individuando le pratiche migliori ed essere poi pronti ad adottarle nella sfera nazionale”; infine, rendere l’informativa al mercato “affidabile, facilmente comprensibile e utilizzabile”. 

UN CAMBIO DI PARADIGMA
La prima a essere chiamata in causa è Eiopa che, nelle parole del suo presidente, Gabriel Bernardino, ammette i tanti nodi da sciogliere e le sfide ancora aperte, quali la compliance e la necessità di una cultura orientata al cliente. 
“Serve un cambio di paradigma – avverte – per integrare le specificità delle imprese all’interno della governance, e mettere il consumatore al centro delle attività di business. Non serve l’ottemperanza alle regole, ma una cultura di valori etici, in cui la trasparenza diventi un’opportunità per eliminare l’inadeguatezza e l’opacità del mercato assicurativo”. Altro scoglio, le differenze nell’approccio alla vigilanza. Anche se il presidente dell’autorità di vigilanza europea sulle assicurazioni sottolinea che siamo solo all’inizio di questo viaggio e che, con il tempo, raggiungeremo una maggiore coerenza.

“Solvency II – spiega Bernardino – è un’occasione enorme per rafforzare la gestione del rischio, aumentare la stabilità finanziaria, incrementare la tutela del cliente e assicurare a tutti gli attori del mercato le stesse regole del gioco. In più, abbiamo una forte vigilanza assicurativa: un asset importante per guadagnare la fiducia dei consumatori”. Sulla proporzionalità, poi, Eiopa sottolinea lo sforzo fatto per consentire un approccio equilibrato e una giusta diversificazione che prevede anche un livello di reporting diverso per le piccole imprese; altra azione importante del supervisore europeo riguarda la promozione di prodotti pensionistici paneuropei semplici e standard, che garantiscano il giusto equilibrio tra liquidità disponibile e rendimento.

RIDURRE LA COMPLESSITA'
Ma la criticità più sentita resta l’elevata complessità su cui il processo di revisione dovrà agire. Solvency II è un contesto multi-Paese che richiede un’armonizzazione a livello europeo, e di cui le imprese lamentano i requisiti pesanti che allontanano gli investitori e producono una sofferenza della performance assicurativa. “Viene percepita – conferma Alberto Minali, group chief financial officer di Assicurazioni Generali – un’eccessiva complessità e il bisogno delle compagnie di una sostenibilità di lungo periodo. Solvency II spinge le imprese verso le obbligazioni a tasso fisso, e questo avrà forti ripercussioni. Serve un atteggiamento finanziario di lungo periodo che guardi al rischio come ad un’opportunità”. 

Ad aggravare le difficoltà si aggiunge la persistenza dei bassi tassi interesse che costringerà le compagnie a cambiare il modo di fare assicurazione. “Domani – conferma Maria Bianca Farina, presidente dell’Ania – dovremo ricorrere ai prodotti tradizionali mettendo mano alle regole e alle modalità di proposizione: questa è la vera sfida che abbiamo davanti che si aggiunge a Solvency ma che in qualche modo la sovrasta. Dobbiamo valorizzare le nostre specificità e competenze attraendo il risparmio a medio-lungo periodo, e facendo con gli investimenti nell’economia reale, ragionando sulla sostenibilità delle regole attuali”. 

CAPITAL CHARGE, UN'ASSURDITA' 
Tra i problemi emersi, il rischio sovrano: su questo il regolatore ha previsto un onere di capitale visto il forte legame tra il rischio del debito sovrano e quello del settore assicurativo. Secondo Bernardino, “occorre costruire incentivi contro una eccessiva concentrazione dei rischi sugli specifici titoli sovrani”. Ma questi titoli, avvertono le imprese, servono a mantenere gli impegni di lungo periodo verso gli assicurati. “I limiti alla concentrazione – sottolinea Carlo Cimbri, amministratore delegato di UnipolSai – ci preoccupano”. Solvency II, secondo l’ad, spinge ulteriormente le imprese a essere investitori di titoli governativi, ma poi le diverse valutazioni di questi governativi induce a spostare masse di denaro da una parte all’altra con conseguenze per alcuni Paesi, come l’Italia, sul costo del debito. 
La stessa Ania sottolinea l’assurdità del capital charge (soprattutto quando l’azienda ha la maggior parte del suo business nello Stato stesso), e il paradosso che valuta la rischiosità dell’impresa minore di quella della nazione in cui opera, se si ipotizza che possa sopravvivere a un eventuale default di quello Stato. 

NON DI SOLE REGOLE
Al regolatore, l’Ania chiede flessibilità, un sistema più stabilizzato, maggiore semplificazione e una proporzionalità ai rischi e alle dimensioni dell’azienda. “Solvency II – avverte Farina – non deve essere una complessità in più, ma un fattore abilitante e di supporto alle gestione del cambiamento”. A insistere su questo punto, anche industria e imprese italiane ed europee, convinte del fatto che nella complessità si annidi il germe della violazione delle regole. “Abbiamo bisogno – conclude Cimbri – di una regolazione non notarile, che consenta la crescita di un sistema economico equilibrato. Perchè senza crescita non ci sono né regole, né capacità di attrarre gli investitori, né sviluppo”.

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