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Coface vede arrivare la recessione globale

L’Europa è la regione con le prospettive più cupe, secondo l’ultima edizione del barometro pubblicato dalla compagnia assicurativa

Coface vede arrivare la recessione globale
Nell’edizione del barometro di Coface sul terzo trimestre 2022, la maggior parte dei rischi menzionati in quelli precedenti si sono concretizzati: dalla crisi energetica alla forte inflazione, fino alla stretta monetaria. 

Ecco perché Coface ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita globali per il 2023, con un’aspettativa inferiore al 2% come nel 2001, 2008, 2009 e 2020. L’Europa è la regione con le prospettive più cupe, dicono gli analisti, con una recessione che “sembra ormai inevitabile” in tutte le principali economie. 

La crisi energetica del vecchio continente causerà da un lato una “riduzione volontaria”, cioè l’auto-sospensione di attività non redditizie, e dall’altro un “razionamento decretato dai governi” con la riduzione dei consumi di energia che si tradurrà in una minor produzione e un calo del Pil.  

Otto paesi tra cui Italia, Danimarca, Svizzera, Egitto e Cile sono stati riclassificati al ribasso dopo 19 declassamenti settoriali nel corso del secondo trimestre. Solo la Norvegia, paese produttore di gas, beneficia della miglior valutazione di rischio. 

“I 49 declassamenti delle valutazioni settoriali – si legge nel barometro – evidenziano il netto peggioramento delle condizioni per i settori sensibili al ciclo economico come le costruzioni, i metalli e il legno, in diverse aree geografie”. 
Di fronte alla prospettiva del prezzo dell’energia costantemente elevato a livello mondiale, circa la metà dei 49 declassamenti interessa le industrie energivore. Coface ha declassato questi settori anche nella maggior parte delle economie asiatiche e in Sudafrica, segno di una crisi sempre più globale. 

L’equilibrio difficile tra le politiche fiscali 

Un altro rischio arriva dal mix di politiche fiscali restrittive e aggressive da parte delle banche centrali (Fed e Bce, soprattutto) e le misure dei singoli governi: mentre i banchieri centrali sono determinati nel contrastare l’inflazione “a qualunque costo”, i governi nazionali, che lottano contro il rallentamento della crescita, hanno moltiplicato le misure a sostegno del potere d’acquisto delle famiglie e della liquidità delle imprese. 
“Il risultato – avvertono gli analisti – è un cocktail potenzialmente esplosivo per le finanze pubbliche: aumento del deficit pubblico e impennata dei costi di finanziamento”. 

“L’attuale barometro – ha commentato Ernesto de Martinis, ceo di Coface in Italia e head of strategy della regione Mediterraneo e Africa – conferma il quadro economico e sociale che Coface aveva iniziato a tracciare già nei giorni successivi all'invasione dell’Ucraina da parte della Russia, quando era stato avvertito il potenziale aumento dei rischi sociali associati all’incremento dei prezzi dei beni di prima necessità e dell'energia. Da allora, le pressioni inflazionistiche si sono intensificate e il malcontento popolare per l'aumento del costo della vita ha iniziato a manifestarsi in tutto il mondo”.

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