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Fase 3: un terzo dei lavoratori teme il rientro

Tornare in ufficio dopo i mesi di lockdown è causa di preoccupazione per un lavoratore su tre; viene considerata importante la possibilità di avere a disposizione tamponi e test sierologici

Fase 3: un terzo dei lavoratori teme il rientro
Come vivono gli italiani il rientro sul posto di lavoro in questa Fase 3 della pandemia? Secondo un’indagine diffusa da Unisalute, il senso di preoccupazione per la propria salute è diffuso in un lavoratore su tre. Il sondaggio, che è stato condotto dall’Osservatorio Nomisma The World After Lockdown, ha rilevato che tra coloro che sono rientrati in ufficio per il 40% si tratta di una necessità economica, per il 32% è motivo di preoccupazione e per il 28% è un ritorno alla normalità. Il confronto con chi invece continua a lavorare da casa mostra dati differenti: per il 46% l’idea del rientro è motivo di timore, per il 29% è un ritorno alla normalità e per il 23% una necessità economica. 
Le principali ragioni di preoccupazione sono per il 45% la paura che i colleghi non rispettino i protocolli di sicurezza e per il 31% il timore di essere infettati nel tragitto casa - lavoro. 
Secondo gli intervistati, le misure che le imprese devono adottare a tutela dei lavoratori sono nel 68% dei casi il rispetto dei protocolli nazionali di sicurezza, nel 58% la possibilità di eseguire in tempi rapidi il test sierologico, nel 57% organizzare iter semplici per effettuare i tamponi, inoltre un 46% degli intervistati ritiene utile un servizio di teleconsulto medico sui temi del Covid-19 e il 43% è interessato alla possibilità di accedere al servizio di consegna a domicilio dei farmaci in caso di malattia. 
Di contro a tali istanze, solo il 27% degli intervistati è occupato in un’azienda che offre la possibilità di eseguire il test sierologico in tempi rapidi, mentre il 26% opera in imprese che somministrano i tamponi diagnostici; videoconsulto e teleconsulto medico in ambito Covid-19 sono stati garantiti rispettivamente al 21% e 20% del campione e il 19% dichiara di avere la possibilità di accedere a servizi di consegna domiciliare dei farmaci.

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