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L’economia si fa giapponese

Crescita globale debole (sulla scia di Tokyo) mercati volatili, incertezza politica e rallentamento cinese: questi i fattori che hanno spinto Coface a rividere al ribasso sette valutazioni rischio Paese

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L'effetto Sol Levante dilaga: la crescita mondiale rimane debole nonostante le politiche monetarie ultra espansioniste. A questo si aggiungono l’eccesso di liquidità sui mercati finanziari, che aumenta la volatilità e l'intensificarsi di tre rischi, quali il rallentamento cinese, il prezzo basso del petrolio e le incertezze politiche crescenti. Alla luce di queste evoluzioni, Coface ha rivisto al ribasso sette valutazioni rischio paese.
In linea generale, nonostante una lieve ripresa degli emergenti (crescita prevista da Coface del 3,9% nel 2016, dopo un 3,4% nel 2015 e un 7,2% nel 2010), il rallentamento dei paesi avanzati (1,7% nel 2016) sta alterando, più che mai, l’equilibro economico mondiale: quest’anno la crescita non dovrebbe superare il 2,7%.
In particolare, negli Usa, malgrado un’economia complessivamente sana, l’industria risente del dollaro forte. Nel Regno Unito l'incertezza circa il suo futuro all’interno dell’Ue aumenta la volatilità dei mercati finanziari. L’eurozona è sostenuta dalla domanda interna, dal miglioramento del mercato del lavoro e dalle condizioni favorevoli del credito. In Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda, la fiducia delle imprese è bassa, ostacolando la crescita (1,6% nel 2016).
Numerose minacce hanno influenzato le decisioni sulle previsioni Coface: oggi, l’economia mondiale presenta le caratteristiche del Giappone, con una crescita bassa nonostante le politiche monetarie espansioniste, mercati finanziari volatili e pressione inflazionista assente. L’economia giapponese preoccupa anche per la debolezza dei consumi. A gennaio 2016, dopo aver messo il paese sotto sorveglianza negativa, Coface ha declassato la valutazione del Giappone ad A2.
Guai anche in Cina: quin nonostante la Banca Centrale abbia ridotto le riserve obbligatorie delle banche per sostenere la crescita (prevista da Coface al 6,5% nel 2016), il rischio di rallentamento resta elevato.

Le nuove valutazioni

Questi fattori - uniti al crollo dei prezzi del petrolio che ha causato difficoltà finanziarie ai paesi esportatori - spiegano i numerosi declassamenti e le messe sotto sorveglianza negativa. In particolare, la Malesia (nuova valutazione A3) risente dei prezzi bassi delle materie prime, dello scandalo legato al fondo sovrano 1Mbd e di un aumento del rischio paese.
Il Sultanato dell’Oman (nuova valutazione A4) resta una delle economie più vulnerabili ai prezzi bassi del petrolio: la capacità di produzione è limitata nel breve periodo e i ricavi petroliferi (circa l’85% delle entrate pubbliche) si sono contratti del 36,3% nel 2015.
Le esportazioni del Kazakistan (nuova valutazione C) verso la Cina sono diminuite e il paese sconta la recessione della Russia e i prezzi bassi del petrolio.
L’Arabia Saudita (valutazione A4 messa sotto sorveglianza negativa) ha visto il deficit pubblico peggiorare man mano che i prezzi scendevano e che gli indici di fiducia delle imprese cominciavano a deteriorarsi.
Finora poco colpito, nel 2016 il Kuwait (valutazione A2 messa sotto sorveglianza negativa) rischia di assistere al peggioramento dei conti esterni e pubblici.

In aumento i rischi politici

L’intensificarsi dell’instabilità politica potrebbe avere un impatto negativo sulle economie già colpite dal rallentamento globale.
L’Armenia è entrata a far parte della categoria D, valutazione che si riferisce ai paesi le cui imprese devono affrontare una possibilità di fallimento molto elevata. Il paese risente della recessione russa (il numero di lavoratori armeni è diminuito del 5% nel 2015). Inoltre, subisce la frustrazione crescente della popolazione a causa della corruzione e delle performance economiche poco soddisfacenti, che contribuiscono al peggioramento della situazione politica e sociale.


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