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L’importanza del medico nel contrasto alle frodi

Anche se gli strumenti penali per arginare i fenomeni fraudolenti non mancano, l’incidenza di certificazioni sospette, rilasciate per le invalidità micropermanenti, confermano che, per combattere abusi e illeciti, diventa cruciale il ruolo del medico legale

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(PRIMA PARTE)

Dal 2011 al 2013, i sinistri con lesione sono passati dal 22,4% al 19,3%, con un costo complessivo di 7,7 miliardi di euro, di cui 2,6 miliardi spesi per risarcire le invalidità micropermanenti fino ai nove punti percentuali e 5,1 miliardi per i danni da morte e le invalidità a partire da dieci punti percentuali.

Nonostante il calo dei sinistri, si è riscontrato un aumento dei costi per il risarcimento dei macrodanni, dovuto all'effetto della sentenza della Cassazione 12408/2011 che ha uniformato i risarcimenti alle Tabelle di Milano. Viceversa, occorrerebbe un intervento legislativo che stabilisca criteri unitari di valutazione del danno alla persona evitando la differenziazione in due fasce di invalidità - sotto e sopra il 9% - che crea delle disparità.
A contribuire all'aumento dei costi, vi sono le frodi che si scaricano sui premi pagati, che, a loro volta, incentivano le truffe: la relazione Antifrode dell'Ivass 2013, presentata lo scorso luglio, rileva che il numero dei sinistri a rischio frode sono passati, dai circa 400 mila, del 2012, a circa 460 mila, per il 2013, con un incremento del 15%, che sale al 16,5% se ponderato con la riduzione dei sinistri denunciati, registrata nel 2013.
L'Ania conferma questa statistica, in cui il primato negativo spetta al Sud Italia, dove il rischio frode arriva al 24%, ovvero una su quattro, con punta massima in Campania, con il suo 29,9%, che nettamente contrasta con il 13,1% del Centro Italia.

Il primato negativo delle frodi al Sud
Ancora, l'Ivass pone l'attenzione sulla rilevanza dell'incidenza dei sinistri con lesione che, in ambito truffaldino, svolgono un ruolo importante: questo è dimostrato, non solo dal dato macro regionale - dove, al Nord, raggiungono il 21,7%, mentre, nel Sud, arrivano a sfiorare il 39%, passando dal 27,6%, del Centro e al 32%, delle Isole - ma soprattutto dal dato provinciale che rileva come alcune province raggiungano valori chiaramente fraudolenti, come Foggia con 54,3%, Brindisi 52,74% e Crotone 55%.
Le compagnie di assicurazione non si sono dimostrate insensibili a questa pericolosa deriva e sono intervenute, sia potenziando le unità antifrode sia incrementando il ricorso all'autorità giudiziaria, con un aumento delle querele, nel 2013, del 30% rispetto all'anno precedente, per fattispecie legate a possibili truffe in fase liquidativa.
Ma è evidente che l'azione di contrasto giudiziario non è da sola sufficiente a ridurre questo fenomeno, che va contenuto con la prevenzione. Il 50% del totale dei sinistri, oggetto di denuncia/querela, si concentra nel Sud Italia, nonostante, nella stessa area, siano localizzate soltanto il 18,2% delle vetture assicurate in Italia e il 18,70% dei sinistri, a fronte di una percentuale di sinistri oggetto di denuncia-querela che, nel Nord - area territoriale che raccoglie il 50,04% delle vetture assicurate a livello nazionale e il 46,84% dei sinistri - arriva al 22,93% del totale.

Dalla banca dati all'archivio Antifrode
Da parte sua, l'Ivass ha costituito la Banca dati sinistri, alimentata con i dati forniti dalle imprese di assicurazione, entro una settimana dal ricevimento della denuncia del sinistro. La Bds fornisce elementi identificativi del sinistro, dei veicoli, dei soggetti coinvolti, dei professionisti incaricati (periti, medici legali, autofficine ecc.), delle autorità intervenute e del pronto soccorso e potrà essere consultata da compagnie, organi di polizia e autorità giudiziaria.
Il passo successivo sarà l'istituzione, sempre presso l'Ivass, dell'Archivio informatico antifrode (Aia) per la prevenzione e il contrasto delle frodi nell'Rca, che potrà avvalersi dei dati del Pra, degli archivi del Fondo di garanzia vittime delle strada, dell'Uci e di altre banche dati private e pubbliche e dove saranno conservate anche le informazioni fornite dalle scatole nere, installate sugli autoveicoli.
Normalmente, la frode viene tentata dove essa è più remunerativa ovvero, nel campo del risarcimento del danno alla persona, dove vi sono comportamenti legati ad aspetti socio culturali, quali la facilità con cui si fa ricorso a false certificazioni mediche emesse per sostenere improbabili lunghi periodi malattia a fronte di lesioni modestissime o per giustificare il rimborso di presunte terapie mediche, non necessarie, talvolta nemmeno utili e forse mai effettuate. Inoltre, per giustificare l'intero impianto risarcitorio delle lesioni, si prescrivono - con colpevole negligenza - e si eseguono - con estrema leggerezza - accertamenti strumentali, non solo inutili e costosi, ma anche potenzialmente dannosi.

L'incidenza delle microlesioni
Secondo un'analisi di circa 20 mila perizie, relative a traumi minori del collo, che ha focalizzato l'attenzione sui giorni di inabilità temporanea riconosciuta dal medico fiduciario, in nessun caso, correttamente, il fiduciario riconosce periodi di malattia per inabilità totale, ma fraziona i valori nelle tradizionali fasce del 75% - 50% - 25%. A fronte di una media nazionale di 33 giorni complessivi riconosciuti, ci sono i due estremi dei 22 giorni della Campania e dei 43 giorni del Friuli. Se si scorpora il dato a livello provinciale, la forbice si allarga ulteriormente con il netto contrasto tra i valori di 15 giorni di Ascoli Piceno rispetto ai 51giorni di Venezia.
Parimenti, per le spese mediche, i dati regionali e provinciali danno dei valori estremi (dai 99 euro della Campania agli 840 euro del Veneto) che confermano situazioni fortemente speculative e fraudolente; inoltre, il dato di maggior incidenza economica è quello relativo ai trattamenti fisioterapici che, più di ogni altra voce di spesa, si presta a operazioni fraudolente.
Da aggiungere a queste considerazioni, l'assurda differenza che sovente si riscontra con il periodo d'inabilità temporanea e con le spese sostenute per danni di media gravità e gravi. Nel primo caso, non è infrequente riscontrare periodi di malattia certificati simili a quelli per il colpo di frusta; nel secondo caso, addirittura, le spese mediche sostenute per curare un trauma minore del collo superano talvolta quelle di menomazioni fino al 40%.

Gli esami inutili
Un capitolo a parte meriterebbero gli esami inutili. Con la legge 27/2012 e la conseguente obbligatorietà di dimostrare strumentalmente la lesione, vi è stata un'impennata del ricorso agli esami, dove, nel caso delle micropermanenti, appare evidente la finalità medico legale piuttosto che clinica. Lo scopo speculativo è confermato dall'anomala concentrazione di esami altamente specialistici, come l'esame elettromiografico di competenza neurologica e le prove vestibolari di competenza otorinolaringoiatrica che vengono effettuati con frequenza abnorme in alcuni ambiti territoriali: in pratica, si riscontrano accertamenti seriali eseguiti su tutti i presunti lesi di un incidente stradale con risultati patologici sovrapponibili, ulteriore prova della loro dubbia genuità.
Nel team antifrode, dunque, oltre all'assicuratore, all'avvocato e al perito tecnico, gioca un ruolo cruciale il medico legale.

(SECONDA PARTE)

L’irrazionalità di un sistema che lascia legittimi dubbi sulla correttezza comportamentale del medico certificatore, nell’accertamento delle microlesioni, è ormai evidente. Nello studio Dimostrare il colpo di frusta. Profili giuridici e medico legali, si rilevava che “….I giorni di malattia e convalescenza che spesso sono certificati in maniera seriale, con contenuti generici anche quando il danneggiato si è recato al pronto soccorso dopo alcuni giorni dal sinistro, quando non si è mai assentato dal lavoro, non permettono di distinguere la bontà delle singole storie e quasi mai sono al di sotto dei 30 – 40 giorni fino a raggiungere anche i 60-70 giorni. Che il periodo sia abnorme lo dice non solo la logica, ma soprattutto la clinica ove si tenga conto che, per le gravi patologie che richiedono l’ospedalizzazione, i dati del ministero della Salute ci dicono che, nel periodo dal 1997 al 2003, vi è stata una costante e progressiva riduzione del periodo di degenza media che ha finito per assestarsi, dal 2005, intorno a 6,7 giorni di media”.
A conferma di ciò, i principi giuridici affermano che “… Nell’ambito della valutazione del danno alla persona in responsabilità civile, nei rispetti del parametro inabilità temporanea, compito del medico legale è quello di identificare il periodo in cui, per effetto delle conseguenze del fatto lesivo che lo ha colpito, il soggetto è stato temporaneamente incapace di espletare gli atti, sia lavorativi, sia extralavorativi, che caratterizzano la sua vita prima che il fatto lesivo si verificasse…”.
Numerosi sono i casi in cui una caduta in ambiente domestico, con fratture degli arti inferiori, viene fatta passare per investimento di pedone o le lesioni agli arti superiori (e in particolare alla mano) riportate in ambiente di lavoro, da soggetto non in regola, vengono denunciate come schiacciamento da portiera di autovettura o altro attinente l’Rca, con una percentuale di incidenza delle lesioni del 44,21% della Campania, a fronte del 21,89% del dato nazionale.
Ancor più gravi, sono quei casi di lesioni di media gravità valutabili obiettivamente intorno a un 25% – 30% di postumi permanenti, ma che vengono sostenuti da una perizia di parte con richiesta del 60% - 70%. Il fiduciario, poco onesto, riconosce un 40% - 45% dimostrando apparentemente di aver fatto un buon servizio alla compagnia di assicurazione, ma, restando ancora larga la forbice tra richiesta e offerta, si finisce con il ricorrere o a soluzioni stragiudiziali, quali la visita collegiale, o in sede giudiziaria dove la consulenza tecnica d’ufficio partirà comunque da una base di sopravvalutazione che finirà con il premiare il comportamento disonesto. Appare evidente come in questa fascia di danno il valore economico del punto d’invalidità sarà pesante, e in più, essendovi spesso anche una ricaduta sulla capacità lavorativa specifica, verrà risarcita una plus valenza illecita rappresentata da un tesoretto, i cui benefici andranno ai vari attori di questa tragicommedia e non certo al danneggiato.

Certificati falsi o compiacenti
La forza dei numeri esposti rende il quadro desolante, perché, se da una parte non è facile contrastare le truffe, più difficile è comprendere la diffusione nazionale (che non conosce differenze regionali e provinciali) di certificati che sostengono le richieste risarcitorie, compiacenti, per non dire false, per le lesioni delle micropermanenti.
È a tutti noto l’iter di una pratica medica che nasce da un tamponamento stradale: il danneggiato (o presunto tale) si reca al pronto soccorso dove, riferito l’incidente, viene sottoposto a visita e, per motivi di medicina difensiva, anche ad accertamenti radiologici; dopodiché viene posta una diagnosi di colpo di frusta, con prognosi, mediamente, di 3-10 giorni. L’iter successivo sarà caratterizzato da certificazioni specialistiche standardizzate, rilasciate da professionisti di fiducia, a seconda dei casi, sostenute da accertamenti strumentali, come già detto del tutto inutili se non sproporzionati e, alla fine, la pratica sarà completata da prescrizione di cicli di fisioterapia che, non di rado, non vengono nemmeno effettuati. Questo percorso è sotto gli occhi tutti, ma sta di fatto che esso non viene contrastato. In particolare, la certificazione medica può determinare la costituzione di diritti a favore del richiedente con possibili oneri risarcitori a carico di terzi, tra cui anche lo Stato ed è perciò soggetto a verifica. Di conseguenza, false attestazioni possono costituire il reato di truffa. Anche se le banche dati Ivass e il lavoro delle unità antifrode di compagnia possono portare all’individuazione delle tentate truffe, l’attività deve essere portata avanti da figure professionali specifiche e altamente qualificate e, nel team antifrode, oltre all’assicuratore, all’avvocato, e al perito tecnico, deve essere presente il medico legale. Questi può allertare l’unità anitifrode su quelle situazioni ritenute a rischio e necessarie di ulteriori verifiche e riscontri.

Serve un cambio di mentalità
L’attività di contrasto avrebbe sicuramente una ricaduta positiva, non solo in termini economici, ma servirebbe anche da deterrente portando a una deflazione del fenomeno fraudolento in quanto l’attività dei truffatori abituali verrebbe fortemente disincentivata. Ma, oltre al lavoro tecnico da fare sul campo, occorre anche puntare a un cambio della mentalità largamente diffusa nel campo del risarcimento, da sempre improntata più alla furbizia che alla correttezza. In tempi non lontani, il procuratore generale della Corte dei Conti così diceva nella sua relazione annuale “… malgrado la determinata volontà della magistratura inquirente e giudicante di combatterla, la corruzione è percepita in Italia come fenomeno consueto e diffuso, che interessa numerosi settori di attività: l’urbanistica, lo smaltimento rifiuti, gli appalti pubblici, la sanità e la pubblica amministrazione…”. Certamente l’azione giudiziaria penale è la via maestra per contrastare le frodi ma, forse, sono maturi i tempi perché vi sia un generale sussulto morale che porti a non accettare più le piccole truffe quotidiane che passano dalle nostre scrivanie. Non è né un problema medico né assicurativo, ma è un problema di tutti perché, per cambiare questo Paese, bisogna cominciare dal nostro quotidiano.

Giovanni Cannavò,
presidente Associazione Melchiorre Gioia

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