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Il “contenuto altro” è parte concreta del contratto

Una recente sentenza ha assecondato la linea della Corte Suprema secondo cui quanto di norma, ma non espressamente citato, deve essere tenuto in considerazione nel giudizio sulle polizze fidejussorie

Il “contenuto altro” è parte concreta del contratto hp_vert_img
La Corte d’Appello di Bari, con la recentissima sentenza n. 1424/2021, pubblicata in data 21 luglio 2021, è tornata a occuparsi delle garanzie atipiche contenenti clausole di pagamento “a prima richiesta”, che troppo spesso la giurisprudenza negli ultimi anni ha acriticamente equiparato a veri e propri contratti autonomi di garanzia, senza indagare troppo sul “contenuto altro” delle clausole contrattuali previste in ciascuna polizza fidejussoria, che avrebbero invece potuto far propendere l’interprete per una qualificazione del contratto come avente natura accessoria.
Il nuovo arresto della corte di merito, oggetto del seguente articolo, è conosciuto agli autori in quanto soci dello Studio Galantini & Partners di Milano, che ha patrocinato la compagnia coinvolta nella controversia, ora decisa dalla suddetta Corte d’Appello di Bari, i quali riassumono come segue le statuizioni più rilevanti.
Con la citata sentenza, la Corte d’Appello di Bari ha confermato la linea tracciata dalla Suprema Corte nella precedente sentenza n. 4717/2019 (già commentata su questa rivista, vedi Insurance Daily n. 1505 dell’11 marzo 2019), valorizzando quel “contenuto altro” che può e deve orientare l’interprete nell’attività di esegesi dei testi delle polizze fidejussorie.

Le clausole che definiscono la natura accessoria della polizza
Nel merito, la Corte d’Appello di Bari ha esaminato nel dettaglio le pattuizioni negoziali contenute nella polizza fidejussoria, ossia una cauzione definitiva emessa ai sensi della legge n. 109/1994 (c.d. legge Merloni), rilevando che il tribunale di prima istanza avrebbe errato nel qualificare la polizza come avente natura di contratto autonomo di garanzia, in presenza di precise pattuizioni contenute nel clausolario di polizza idonee a connotare la natura causale della stessa.
In tal senso, al fine della suddetta qualificazione della polizza come avente natura accessoria, sono state valorizzate le clausole contenenti:
la precisazione inserita in contratto dell’assunzione dell’impegno contrattuale della compagnia in qualità di fidejubente;
l’assenza di una clausola dalla quale si desuma, expressis verbis, che la compagnia assicuratrice abbia rinunciato ad opporre al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale;
l’irrilevanza, ai fini di una diversa interpretazione della natura del contratto, dell’impegno assunto dal contraente di rimborsare la compagnia assicuratrice garante “senza eccezioni”.
La Corte d’Appello di Bari ha quindi ritenuto di affermare il carattere accessorio della garanzia prestata dalla compagnia, nonostante la presenza di una clausola di pagamento a un termine fisso dalla “richiesta scritta” del soggetto garantito, in assenza dell’inserimento di una clausola in cui si preveda che il pagamento debba avvenire “con rinuncia ad ogni eccezione” di cui all’art. 1945 C.C.. Peraltro, preme far notare che, anche secondo la nota pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione n. 3947/2010, la presenza di una clausola di rinuncia alle eccezioni ex art. 1945 C.C. – nel caso in esame non inserita – vale comunque solo quale presunzione del carattere autonomo della garanzia, salvo che dalla valutazione degli elementi complessivi del testo di polizza non emerga il precitato “contenuto altro”, e cioè la volontà di ricollegare il contenuto della garanzia alle vicende del rapporto sottostante, nel qual caso la garanzia dovrà essere qualificata come accessoria.
È importante poi che la Corte d’Appello abbia confermato l’irrilevanza, ai fini dell’eventuale qualificazione della cauzione quale contratto autonomo di garanzia, dell’impegno assunto contrattualmente dal contraente di rimborsare la garante “senza eccezioni”. 
Infatti, la predetta clausola di rinuncia alle eccezioni da parte del contraente vincola unicamente lo stesso debitore principale nel rapporto di regresso con il garante, mentre non riguarda la sfera dei rapporti tra il garante e l’ente garantito e, soprattutto, non può essere assimilata a una clausola di rinuncia del garante a sollevare le eccezioni di pertinenza del debitore, ai sensi dell’art. 1945 C.C., nei suoi rapporti con il creditore/beneficiario quando una simile clausola non compaia nel testo contrattuale.

È vincolante dimostrare la rilevanza del danno
Completata la disamina sulla natura della polizza fidejussoria e affermata la natura accessoria della stessa, la corte territoriale è quindi passata a esaminare nel merito la domanda dell’ente garantito, respingendola in virtù della mancata prova dell’inadempimento della società contraente, e, soprattutto, in mancanza della prova circa l’effettività, consistenza ed entità dei danni contestati.
Il creditore, infatti, per poter accedere all’indennizzo, ha l’obbligo non solo di allegare l’inadempimento del contraente/debitore, ma anche di dimostrare l’esatto ammontare dei danni, oltre che la loro sussumibilità nell’oggetto delle specifiche garanzie prestate con la polizza, per come individuate nel frontespizio (che in genere richiama il contratto presupposto). In caso contrario, si avrebbe infatti una inammissibile violazione del principio indennitario (artt. 1904 e 1905 C.C.) che informa tutta la materia dell’assicurazione danni, e dunque anche il “ramo cauzioni” esercitato dalle imprese di assicurazione.

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