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Claims made: il test della Cassazione al vaglio della giurisprudenza

Le Sezioni Unite hanno definito la necessità di seguire alcuni parametri per stabilire se questo contrastato modello di clausola sia equilibrato e tuteli realmente l’assicurato: punto di partenza è proprio la valutazione della tutela del contraente

Claims made: il test della Cassazione al vaglio della giurisprudenza hp_vert_img
PRIMA PARTE 

Come noto, la clausola claims made è stata oggetto di diverse valutazioni a opera della Suprema Corte, che si è pronunciata per due volte a Sezioni Unite nel 2016 e 2018 a seguito di ripetute sollecitazioni provenienti dalla Terza Sezione, affinché si facesse chiarezza definitiva sulla validità di tale tipologia di pattuizioni.
I profili della nullità e vessatorietà della clausola, ripetutamente sostenuti nel passato, sono stati progressivamente superati. La Cassazione ha dapprima (con sentenza resa a Sezioni Unite n. 9140/20161) stabilito il principio che la clausola claims made non è di per sé nulla, ma in presenza di determinate condizioni può essere dichiarata tale per “difetto di meritevolezza”.
In seguito, per due volte la Suprema Corte (sez. III, 28/04/2017, n. 105062; sez. III, 28/04/2017, n. 105093) ha dichiarato non meritevole una clausola claims made rilevando nella pattuizione sottoposta al suo esame lo squilibrio nascente dalla mancanza di un periodo di efficacia per richieste postume successive alla scadenza. 
Nel 2018, con ordinanza n.1465 (19 gennaio 2018), la terza Sezione della Cassazione ha sollecitato un nuovo intervento delle Sezioni Unite che, con la ormai notissima e ampiamente commentata sentenza n. 22437 del 24 settembre 20184, hanno chiarito ed affermato che:
I. il modello dell’assicurazione della responsabilità civile con clausole on claims made basis è partecipe del tipo dell’assicurazione contro i danni, quale deroga consentita al primo comma dell’art. 1917 c.c.;
II. rispetto al singolo contratto di assicurazione, non si impone un test di meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, ai sensi dell’art. 1322, secondo comma, c.c., ma occorre compiere un esame di idoneità, che muove dalla valutazione della tutela apprestata in favore del contraente assicurato. Tale analisi può investire diversi piani, dalla fase che precede la conclusione del contratto sino a quella dell’attuazione. La Corte ha poi indicato i rimedi disponibili qualora il vaglio di idoneità abbia esito negativo, contemplando la responsabilità risarcitoria precontrattuale nel caso di contratto concluso a condizioni svantaggiose, la nullità, anche parziale, del contratto per difetto di causa in concreto, con conformazione secondo le indicazioni di legge o, comunque, secondo il principio dell’adeguatezza del contratto assicurativo allo scopo pratico perseguito dai contraenti.

La Corte ha dunque rinviato a un esame da farsi caso per caso, indicando i criteri cui deve ispirarsi il vaglio del giudice per stabilire l’idoneità della clausola, e adottando quale parametro di valutazione per stabilire se la clausola sia equilibrata e tuteli adeguatamente l’assicurato i modelli di claims made che definiremmo di “ultima generazione”, ossia quelli introdotti per la copertura assicurativa delle strutture sanitarie (legge n. 24 del 2017, c.d. legge Gelli-Bianco sulla responsabilità per l’esercizio dell’attività sanitaria) e per l’assicurazione dei rischi professionali.
Questi ad avviso della Cassazione tracciano e costituiscono le coordinate di base, inderogabili in pejus. 

Il test di “idoneità” tracciato dalla Corte
La Cassazione ha adottato quale base di raffronto “le norme costituzionali, in sinergia con quelle sovranazionali, per la tutela della dignità della persona e l’utilità sociale (artt. 2 e 41 Cost.)”; l’idoneità del prodotto assicurativo “va valutata alla luce della salvaguardia degli interessi che entrano nel contratto, di una corretta allocazione dei costi sociali dell’illecito, che sarebbe frustrata ove il terzo danneggiato non potesse essere risarcito del pregiudizio patito a motivo dell’incapienza patrimoniale del danneggiante, siccome, quest’ultimo, privo di idonea assicurazione”.
La Corte ha dato conto della coesistenza nel mercato assicurativo di due diverse tipologie di clausole, ossia miste/impure e pure. Le prime ammettono l’operatività della copertura assicurativa solo quando sia il fatto illecito sia la richiesta risarcitoria intervengano nel periodo di validità del contratto (con retrodatazione della garanzia, in taluni casi, alle condotte poste in essere in epoca anteriore, in genere due o tre anni dalla stipula del contratto).
Le clausole claims made cd. pure sono destinate invece a coprire tutte le richieste risarcitorie formulate nei confronti dell’assicurato nel periodo di vigenza della polizza, indipendentemente dalla data di commissione del fatto illecito. 

I modelli deeming clause e sunset clause
L’analisi prosegue rilevando poi che il mercato assicurativo presenta “multiformi calibrature, modellando l’assicurazione claims made secondo varianti peculiari”: la Corte richiama i modelli di deeming clause e sunset clause, due tipologie di clausole sempre più frequentemente adottate nel mercato assicurativo del nostro paese.
Come noto, si definisce deeming clause la clausola con cui si pattuisce che sono denunciabili in corso di polizza anche le circostanze che rendano verosimile una futura richiesta di risarcimento.
Per effetto della clausola sono dunque oggetto di copertura anche le richieste di risarcimento pervenute dopo la scadenza della polizza, a condizione che siano conseguenti o relative a circostanze denunciate in corso di vigenza della polizza stessa. Una clausola modellata sullo schema della deeming clause nel caso di specie sarebbe stata perfettamente idonea a consentire la piena copertura assicurativa e la certezza dell’indennizzo a favore dei danneggiati.
Con il termine sunset clause viene definita la clausola che contempla anche un periodo di ultrattività o cd. di postuma, consentendo dunque all’assicurato di ricevere e trasmettere all’assicuratore la richiesta di risarcimento anche successivamente al venir meno della efficacia della polizza.
Il richiamo a tali varianti è avvenuto per dar conto delle perplessità espresse dalla Corte nelle ordinanze di rimessione e in alcune recenti decisioni nelle quali si era evidenziato il potenziale squilibrio nascente dall’adozione di meccanismi eccessivamente restrittivi, in particolare dalla mancata concessione di un lasso di tempo successivo alla scadenza sufficiente a consentire la comunicazione all’assicuratore della richiesta di risarcimento pervenuta in vigenza di copertura.

(Potete leggere la seconda parte dell’articolo a questo link: https://www.insurancetrade.it/insurance/contenuti/osservatori/10959/claims-made-il-test-della-cassazione-al-vaglio-della-giurisprudenza mentre la terza parte dell'articolo la potete trovare a questo link: https://www.insurancetrade.it/insurance/contenuti/osservatori/10960/claims-made-il-test-della-cassazione-al-vaglio-della-giurisprudenza)


1. Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 26-01-2016) 06-05-2016, n. 9140, su ricorso della Provincia Religiosa di S. Pietro dell’Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio Fatebenefratelli contro Cattolica Assicurazioni Coop. A R.I., Reale Mutua Assicurazioni S.p.A., Zurich Insurance Plc., P.A., Duomo Uni One Assicurazioni S.p.A., Mmi Danni S.p.A.. 
2. L’insegnamento è stato sostanzialmente ribadito, dopo alcuni mesi, da Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 08-11-2016) 02-12-2016, n. 24645, su ricorso della Provincia Religiosa di S. Pietro dell’Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio Fatebenefratelli contro Aurora S.p.A., S.V., A.G. (anche per il minore A.M.) e Generali Italia S.p.A..
3. Cass. civ. Sez. III, Sent., (ud. 20-01-2017) 28-04-2017, n. 10506, su ricorso di Fondiaria Sai S.p.A. contro Ospedale (omissis) e C.R..
4. Cass. civ. Sez. III, Sent., (ud. 20-01-2017) 28-04-2017, n. 10509, su ricorso dell’Ospedale (omissis) Azienda Ospedaliera di rilievo nazionale contro G.S. e Unipol Assicurazioni S.p.A. (già Fondiaria Sai S.p.A.).
5. Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 05-06-2018) 24-09-2018, n. 22437, su ricorso di Manitowoc Crane Group Italy S.r.l. contro Allianz S.p.A. (già Riunione Adriatica di Sicurtà S.p.A.), CEV S.p.A. e Laboratori Pizza S.r.l..
6. Si tratta di un modello contrattuale regolarmente adottato nel mondo anglosassone (sul punto il leading case inglese è il caso “Kidsons v. Lloyds Underwriters” [2007] EWHC 1951 (Comm), dove la Corte ha osservato che in difetto di una simile pattuizione vi sarebbe un «unexpected and inappropriate gap in coverage»).

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