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Claims made: un’altra sentenza ne rafforza la validità

La Corte di Cassazione conferma la legittimità di questo tipo di clausola, stabilendo che l’alea nel contratto specifico è basata sulla consapevolezza dell’assicurato rispetto al carattere colposo dei fatti, e non sull’esistenza stessa di questi ultimi

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Torniamo a parlare di clausole contrattuali nelle polizze a copertura della rc professionale e, in particolare, della clausola così detta claims made, dopo il precedente articolo apparso sul numero del 6 novembre 2013 di questo giornale (a commento di altra sentenza in tema, la n. 7273 del 22 marzo 2013).
Lo facciamo perché è stata depositata un'altra importante decisione della suprema Corte di Cassazione che, possiamo dire, costituisce un'ulteriore presa d'atto della evoluzione della disciplina contrattuale del settore verso un pieno riconoscimento della validità del sistema di questa garanzia, legata non al momento della commissione dell'errore colpevole, bensì a quello della prima richiesta di riparazione del danno proveniente dalla vittima.

Un danno contabile

Il caso che approda in Cassazione (chiamata ancora una volta a esprimersi sulla legittimità della clausola) è originato dal rigetto, a opera della Corte di Appello di Roma, della domanda di garanzia presentata da un commercialista riconosciuto responsabile per un danno contabile subito dal proprio assistito, a causa della errata compilazione della dichiarazione Iva.
Alla condanna del professionista la Corte aveva associato il rigetto della domanda di quest'ultimo di essere garantito dalla propria impresa di assicurazione sul presupposto che l'errore non era stato commesso durante il periodo di validità della polizza ma in precedenza, e che la richiesta danni pervenuta invece in tale vigenza (operativa la clausola claims made) non valesse a generare l'obbligazione di garanzia, perché tale patto sarebbe illegittimo per l'assenza di un'alea in capo all'assicuratore.
Se, si argomenta nella decisione della Corte territoriale, l'evento di danno si è già verificato prima della stipula della polizza, il contratto assicurativo manca dell'alea necessaria a generare il rischio coperto dalla polizza, quale elemento costitutivo del contratto tipizzato dall'art. 1917 c.c..

La legittimità della clausola
La Corte di Cassazione nella decisione che si pone qui all'attenzione (n. 3622 del 17 febbraio 2014) censura tale decisione, l'argomentare dei giudici capitolini errato, accogliendo così le critiche di legittimità che il professionista aveva rivolto ai giudici, riconoscendo non solo la piena validità della clausola in questione, ma anche ragionando proprio in termini di modernità della stessa, e di piena rispondenza ai principi contrattuali del nostro ordinamento.
Diviene dunque, al di là del nuovo riconoscimento di valenza della clausola in questione, di assoluto rilievo l'argomentare stesso che si legge nella decisione.
Con riguardo alla sussistenza di un'alea nel contratto assicurativo, pur se al momento della stipula l'azione errata è di fatto già accaduta, la Corte di Cassazione rammenta che l'alea non concerne i comportamenti passati e la loro materialità, ma la consapevolezza da parte dell'assicurato del loro carattere colposo e della loro idoneità ad arrecare danno a terzi".
L'alea che genera il rischio dell'assicuratore (compensato dal premio assicurativo) sussiste quindi anche nel caso di evento già occorso perché "non è detto che qualunque comportamento colposo induca il danneggiato a proporre domanda di risarcimento dei danni".
Rammenta altresì la corte che i contratti contenenti la clausola claims made normalmente delimitano la garanzia a non più di due o tre anni prima la sottoscrizione della polizza, nonché ai casi in cui l'assicurato non sia a conoscenza dell'illecito pregresso, dei relativi effetti dannosi e dell'intenzione del danneggiato di agire in risarcimento, divenendo altrimenti la polizza invalida per effetto degli artt. 1892 e 1893 c.c. (dichiarazioni false e reticenti dell'assicurato).
Ritenuta così definitivamente legittima la clausola "claims made" in uso nelle polizze di Rc professionale, la Corte manifesta altresì attenzione al moderno sistema contrattuale del settore, rammentando che tali clausole "nei casi simili a quello in esame sono favorevoli all'assicurato, sicché non viene in considerazione il divieto di deroghe alla disciplina ordinaria di cui all'art. 1932 cod.civ.".
La clausola in parola, insomma, rappresenta un moderno strumento contrattuale di efficacia della garanzia a favore dell'assicurato che, se proposta dall'assicuratore e accettata dal contraente, rappresenta uno strumento di tutela idoneo a garantire la miglior copertura assicurativa al mondo delle professioni.

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