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Danni punitivi: per Rc sanitaria e Rca non cambia molto

Dopo l'intervento delle Sezioni Unite, con la sentenza dello scorso 5 luglio, non c'è motivo per temere un aggravio dei risarcimenti per le assicurazioni di responsabilità. Gli avvocati Maurizio Hazan e Francesca Colombo ci spiegano perché

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La sentenza 16601 dello scorso 5 luglio, in tema di danni punitivi sembra a prima vista aprire scenari inquietanti per il mercato assicurativo, specie nel comparto della Rc auto e della Responsabilità sanitaria. Non è mistero che i player assicurativi attendessero quella sentenza con una certa apprensione e con il timore che il sistema tabellare sancito dagli articoli 138 e 139 del Codice delle assicurazioni (sistema incentrato sulla sostanziale onnicomprensività dei valori espressi dalle tabelle, fermo il limite massimo del potere di personalizzazione da tali norme previsto) potesse esserne vulnerato. 

A sentenza depositata, vi è chi, erroneamente, ritiene che quei timori fossero davvero fondati e, in qualche modo, premonitori: la franca presa di posizione delle Sezioni Unite, tesa a superare il proprio precedente orientamento e ad ammettere che la funzione risarcitoria si colori di venature punitive (e non solo riparatorie), potrebbe sollecitare una spinta liquidativa eversiva, con dilatazione dei compendi posti a carico dei responsabili ed evidente ricaduta sul costo dei sinistri (e sugli andamenti tecnici del ramo). 
In verità le cose non stanno così, almeno a parere di chi scrive.

LA MAGISTRATURA NON HA UN POTERE INDISCRIMINATO 
Pur prendendo atto del revirement della Suprema Corte, l’allarme merita di esser ammortizzato da una più serena lettura della sentenza, in sincrono con l’attuale stato del nostro ordinamento. Al riguardo, giova anzitutto muovere da una secca premessa: lungi dall’aver declinato un principio generale assoluto, le Sezioni Unite non hanno affatto consegnato alla magistratura un potere indiscriminato di punizione. Tutto al contrario, hanno finito per limitarlo fortemente, circoscrivendone l’operatività ai soli casi in cui sia la legge, con apposita disposizione speciale, a prevederlo.  

Più precisamente, la possibilità di aumentare il quantum della condanna attraverso l’imposizione di una maggior somma a titolo di sanzione civile pecuniaria è data solo e soltanto in presenza di una norma che espressamente la contempli. Ciò in ossequio al principio di tassatività e legalità e nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 23 della Costituzione.  
Del tutto consapevole del rischio di venir mal interpretata, la sentenza 16601 si affretta, peraltro, a chiarire che la presa d’atto della progressiva infiltrazione nel diritto civile di talune spinte sanzionatorie non deve essere equivocata né presa a pretesto per "un incontrollato soggettivismo giudiziario" (queste la testuale ed eloquente proposizione utilizzata dalla Corte).

SERVE UNA NORMA AD HOC 
In definitiva, perché di risarcimento punitivo si possa parlare occorre che lo stesso sia sostenuto da una disposizione ad hoc che lo preveda, con specifico riferimento alla condotta che si intenda sanzionare: al netto, comunque, del necessario rispetto del principio di proporzionalità nell’eventuale applicazione della pena pecuniaria aggiuntiva. Solo entro questi limiti le sentenze straniere che riconoscano danni punitivi potrebbero esser riconosciute in Italia: e cioè solo se le stesse siano state rese, nell’ordinamento di provenienza in ossequio ai citati principi di legalità (tassatività) e proporzionalità. Se tanto è vero, come è vero, il timore della vigilia è lungi dall’essersi concretizzato. Tutto al contrario.  

Si tratta di misurare i principi predicati dalle Sezioni Unite all’interno dei comparti di attività che più avrebbero potuto essere impattati dalla sentenza. Ebbene, nel settore della Rc auto manca qualsiasi disposizione che autorizzi la comminatoria di sanzioni civili pecuniarie aggiuntive rispetto risarcimento. È appena il caso di rilevare che laddove il legislatore ha voluto punire più severamente determinate condotte lo ha fatto, almeno sino a ora, intervenendo nel comparto penale, come recentemente accaduto con la declinazione del reato di omicidio stradale. Il risarcimento del danno civilistico continua invece a essere informato ai principi contenitivi e predittivi che stanno alla base della liquidazione tabellare del danno, propria dei sistemi obbligatoriamente assicurati. 
In mancanza di una norma ad hoc che legittimi un potere sanzionatorio del giudice eccentrico rispetto alla criteriologia tabellare codicistica, tutto non potrà che rimanere invariato.

LA SENTENZA RINFORZA L'AUTONOMIA DEL SISTEMA RCA 
La nuova impostazione pare consentire di superare ogni equivoco derivante da una lettura in termini sanzionatori dell’articolo 2059 del Codice civile; equivoco che ha condotto talvolta a sostenere che innanzi a una fattispecie di reato il risarcimento del danno dovesse essere di per sé maggiorato non in funzione del danno ma della (gravità della) condotta lesiva. Ora, nel sistema disegnato dalle Sezioni Unite non può esser certo la clausola generale e latissima dell’articolo 2059 a poter costituire pretesto per nuove divagazioni punitive: tanto più che quella disposizione correla la rilevanza, anche penale, dell’illecito non certo a punizioni bensì al ristoro di danni (non patrimoniali ma effettivi) altrimenti non risarcibili, in quanto ritenuti dall’ordinamento non meritevoli di tutela in assenza di idonea e specifica previsione legislativa. 

Insomma, ribaltando la suggestione di partenza, ci sentiamo di affermare che la sentenza 16601 rinforzi l’autonomia oggettiva del sistema risarcitorio della Rc auto; di un sistema ancorato a regole liquidative sistematiche e lontane anni luce da quell’espressa finalità di punizione cui le Sezioni Unite anelano quale condizione necessaria all’esercizio di una qualche funzione sanzionatoria civile.

RC SANITARIA, IL GIUDICE (SEMMAI) ATTENUA NON AGGRAVA 
A non dissimili conclusioni ci pare di poter giungere anche in relazione alla nuova gemellare regola assicurativa obbligatoria, introdotta dalla legge Gelli (la 24 del 2017) per la responsabilità sanitaria. A voler ben vedere, peraltro, qualche ulteriore suggestione punitiva qui si pone con maggiore evidenza. Ci riferiamo, oltre che alla sanzione stabilita in caso di mancata partecipazione alla conciliazione, di cui all’articolo 8, alla previsione dell’articolo 7  comma 3 della legge, nella parte in cui stabilisce che "il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria ai sensi dell’articolo 5 della presente legge e dell’articolo 590-sexies del Codice penale, introdotto dall’articolo 6 della presente legge". 

Che sia questa, nel nuovo sistema della sanità assicurata, la regula iuris idonea ad asseverare il (nuovo) potere sanzionatorio del giudice? No, ancora una volta: almeno secondo noi. Il potere/dovere del giudice di "tener conto" della condotta dell’esercente non è di carattere afflittivo ma contenitivo, in coerenza con la tendenza legislativa ad attenuare, ove possibile (e non certo aggravare) i carichi risarcitori posti a carico del medico, ove responsabile.

GLI ARTICOLI 139 E 139 RESTANO IL RIFERIMENTO 
E non è un caso che la norma riguardi proprio, e solo, la responsabilità del medico strutturato, e cioè di colui il quale risponde ex articolo 2043 del Codice civile, in quanto inserito nell’organizzazione della struttura sanitaria e non avendo agito in forza di un rapporto contrattuale diretto con il paziente. Diversamente opinando (e ipotizzando che il potere di graduazione sia esercitabile anche in aumento, laddove si tratti di punire il mancato rispetto delle linee guida) dovremmo dire che il regime astrattamente peggiorativo riguardi soltanto gli esercenti strutturati e non invece i medici liberi professionisti. Il che pare del tutto contrario alla ratio legis. 

I riferimenti liquidativi di cui agli articoli 138 e 139 del Cap, richiamati espressamente anche per i risarcimenti da responsabilità sanitaria, sembrano dunque destinati a rimaner fermi, fatto salvo il potere di graduazione al ribasso, e non in aumento, previsto per gli esercenti strutturati. Ciò vale allo stato attuale dell’arte. 

LE SANZIONI POTRANNO ESSERE ASSICURABILI? 
A titolo personale ci sia concesso di osservare come, de iure condendo, la regola della sostenibilità mutualistica che presiede il sistema della Rc auto (della Rc sanitaria) potrebbe, un domani, essere superata proprio attraverso la previsione di sanzioni civili ad hoc, volte a punire condotte particolarmente riprovevoli. Si potrebbe, cioè, ritenere che il temperamento risarcitorio che governa il sistema (figlio di una sostanziale accettazione di un rischio sociale ineludibile) non trovi giustificazione a fronte di gravissime infrazioni delle regole della prudenza. 

Si pensi al caso della guida in stato di ebbrezza, rispetto alla quale l’idea di una particolare recrudescenza delle conseguenze patrimoniali per l’offensore potrebbe esser ritenuta più che opportuna. Ma quand’anche venissero, un domani, introdotte tali eventuali sanzioni sarebbero assicurabili? O meglio: potrebbero rientrare nel paradigma ordinario della copertura della Rc auto, stante il divieto di cui all’articolo 12 del Cap? Per quanto tale norma si riferisca alle sole sanzioni amministrative, il carattere punitivo dell’eventuale pena pecuniaria dovrebbe far sì che il relativo peso rimanga a carico del responsabile della condotta, senza poter essere emendato a buon mercato (come del resto accade per i sinistri dolosi) attraverso il mero pagamento di un premio. Ciò al netto della residuale possibilità di escluderle dalla copertura, senza forse incorrere nel limite della non opponibilità delle eccezioni di cui all’articolo 144 del Cap. 

Si tratta, comunque, di scenari futuri, non attuali e niente più che eventuali. Il danno punitivo, formula semanticamente di per sé impropria, sarà anche stato sdoganato: ma non nel settore del risarcimento del danno alla persona da Rc auto e da Rc sanitaria.

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