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Brexit: si punta al "periodo di grazia"

Al convegno organizzato da Anra emerge l'incertezza del momento per il mercato assicurativo. Le compagnie adottano soluzioni transitorie sulla scia di linee guida per l’area economica europea che puntano a mitigare l'impatto

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Non ci sono certezze politiche e, di conseguenza, neppure economiche sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. È questo lo scenario che ha fatto da sfondo al convegno organizzato da Anra dal titolo Brexit: rischi e opportunità del divorzio del secolo, svoltosi ieri a Milano, e che ha visto tra i relatori Ken O’Flaherty, vice capo missione ambasciata britannica in Italia, Ayleen Frete, regional practice leader London di Allianz Multinational, Andrea Goldstein, responsabile economie emergenti – divisione investimenti internazionali di Ocse, Mark Lowe, risk advisor e membro advisory board di Pyramid Temi Group, John Ludlow, chief executive officer di Airmic.

Dagli interventi emerge che se il governo britannico è in una fase di incertezza, non si può dire che gli operatori economici abbiano le idee più chiare: prevale una sorta di attendismo, con risoluzioni prese che somigliano in realtà a deliberazioni provvisorie.
Tra i pochi punti fermi, il principale riguarda la convinzione che il mercato inglese continuerà a essere il principale centro finanziario europeo, per le competenze e la storicità che non si trovano altrove. È questa caratteristica che ha portato il London Market Group a interloquire direttamente con il governo inglese sui temi della Brexit finanziaria, tenendo una linea quanto più possibile affine al mantenere al centro di ogni decisione gli impatti sulla clientela. Nel mercato finanziario, è certo che l’uscita dall’Unione Europea comporterà l’impossibilità di eseguire operazioni di placement da e per il mercato inglese se ci si trova nel continente.

LE SCELTE PER LE AZIENDE
Le soluzioni possibili per le imprese sono due: realizzare una filiale in ognuno dei Paesi della Ue, oppure costituire una consociata europea con sede nel Regno Unito. La prima soluzione, che dal punto di vista commerciale risulterebbe la più indicata, manifesta una notevole difficoltà operativa per le compagnie, che dovrebbero prevedere il trasferimento del personale della Gran Bretagna ai Paesi Ue oltre a incontrare notevoli costi logistici. La soluzione più immediata potrebbe essere la seconda, da considerare in via transitoria in attesa di costituire delle realtà locali con personale formato. A fronte di queste risposte alle mutate condizioni, esiste la volontà del primo ministro Theresa May di mantenere gli standard richiesti dall’Unione Europea, a partire da Basilea 3 fino al Gdpr, un approccio che dovrebbe garantire la possibilità di gestire i flussi dei dati personali. 

La via verso la continuità del business assicurativo passa anche da un’attività di costante confronto con il ministero delle Finanze che l’ambasciata britannica sta portando avanti per ridurre al minimo per le compagnie italiane le complessità di un’opzione on-off, attività portata avanti con l’attenzione dovuta ad un paese che è il principale importatore di prodotti assicurativi inglesi.
Una delle soluzioni transitorie è contenuta nel decreto 22 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 marzo scorso, sulle misure urgenti per garantire la continuità dei mercati bancario, finanziario e assicurativo in caso di hard Brexit. In linea con gli altri Paesi europei, il decreto prevede un “periodo di grazia” di 18 mesi dall’uscita dall’Unione durante il quale le compagnie del Regno Unito potranno continuare ad assistere i contratti esistenti ma non potranno attivare nuovi contratti o rinnovi; il periodo di transizione per gli intermediari britannici sarà invece di sei mesi, nei quali portare a conclusione le relazioni distributive esistenti.

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