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Ipf 2014, potenzialità che non decollano

Nel campo della protection, da un anno all'altro, sta cambiando poco. Tuttavia, gli operatori continuano a investire e si distinguono strategie che, finalmente, appaiono di lungo periodo e meno condizionate dal risultato immediato

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Ogni anno, per un giorno, a Milano si parla solo di protection. Ogni anno, quel giorno, le principali compagnie che operano in Italia e tutti i rappresentanti della distribuzione, dagli agenti ai broker, alle banche ai promotori finanziari, si confrontano sul tema della protezione. Quel giorno, ogni anno, si squadernano strategie, piani di sviluppo, si promette marketing aggressivo e innovativo per spingere i prodotti protection e dar linfa al mercato che è sempre pronto a esplodere. 
Tuttavia, ogni anno, numeri alla mano, si fa il conto con la realtà dei fatti: ovvero che il mercato della protection resta al palo, sempre in procinto di spiccare il volo, ma inesorabilmente bloccato da qualcosa. Da molte cose, in realtà: tutte questioni che anche quest'anno sono state sviscerate e analizzate durante l'appuntamento fisso dell'Italy Protection Forum. L'evento, organizzato da Emf group insieme a tanti sponsor del settore assicurativo e dei servizi, è giunto al quarto anno: dal 2011 è cresciuto per importanza e numero di aderenti, cosa che però non è accaduta (ancora) alla raccolta premi afferente al settore.

RISULTATI STABILI
Dopo il calo registrato nel 2012, quando i premi totali ammontavano a 7,2 miliardi di euro (-8% rispetto ai 7,8 miliardi del 2011), al 31 dicembre dello scorso anno la raccolta ha sfiorato gli otto miliardi. La quota di mercato sulla somma rami vita e danni, tuttavia, si contrae ulteriormente: se nel 2012 la protezione rappresentava il 7% della raccolta totale dei premi assicurativi italiani, a fine 2013 valeva il 6%. Circa il 20% della raccolta dei prodotti bundled, cioè legati ad altri strumenti finanziari (mutui, prestiti ecc.) è intermediato dalle banche, mentre il restante 80%, formato da prodotti non bundled, quindi stand alone, è venduto dagli agenti. Ma, anche in questo caso, i numeri non sono confortanti. Da una ricerca condotta da Emf group su un campione rappresentativo di intermediari assicurativi (agenti e broker) è risultato che il 45% intermedia più di due polizze tcm al mese, il 12% esattamente due, e il restante 33% ne vende al massimo una. Molto simili i dati sulla vendita delle Infortuni (stand alone): il 29% dichiara praticamente di non venderne nessuna, il 15% una sola, il 17% due polizze e il restante 39% più di due.

UN MERCATO EMPATICO
Quindi, che fare? Dal lato delle compagnie, quest'anno è emerso un impegno più forte dal punto di vista della formazione e della cura del rapporto con il cliente. La necessità di far emergere questi bisogni di protezione latenti, salute e previdenza in primis, sembra passare attraverso un contatto più empatico con il consumatore, capace anche di semplificare i contratti, specie quelli previdenziali, che possono allontanare chi sceglie un prodotto protection basato sull'investimento a lungo termine.
Ecco quindi presentati i piani strategici di rafforzamento del know how dei distributori, attraverso ore di formazione e supporto di personale specializzato. Scelte diverse, quindi, ma con il comune denominatore di diffondere cultura. Pronti i consulenti della protection inviati dalle compagnie che hanno partnership di distribuzione con le banche per supportare gli operatori allo sportello, oppure le sinergie tra agenzie e banche per le compagnie che sfruttano tutta la filiera.
L'investimento nella formazione dei distributori è il segno concreto di una visione, finalmente, prospettica.

PRODOTTI CON VALORE AGGIUNTO E NORMATIVE CHIARE
Ma anche dal lato prodotti, molti player assicurativi e bancassicurativi si stanno muovendo di più e meglio. Le grandi compagnie, che hanno a disposizione massa critica per fare economie di scala, stanno potenziando i propri prodotti affluent, cui gli agenti, formati e dotati di nuovi supporti tecnologici, potranno dare valore aggiunto.
Da molti operatori, tuttavia, arrivano anche delle richieste da fare al legislatore e ai regolatori di settore. Per esempio, dare la possibilità alle compagnie di associare prodotti protection con quelli di risparmio e di previdenza, cosa che, come ha sottolineato un manager di una primaria assicurazione, "Covip non gradisce affatto". Per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, invece, i vari relatori concordavano nell'osservare che il sistema fiscale appare un po' "schizofrenico", quando il legislatore incentiva strumenti alternativi, riducendone poi la detraibilità e deducibilità fiscale.

UNA CRESCITA ATTESA
Al termine della giornata, il sentiment che rimane è ambiguo. Da una parte il settore assicurativo percepisce con chiarezza che prima o poi il mercato comincerà ad aprirsi. C'è chi crede che questo avverrà improvvisamente, che gli italiani dall'oggi al domani si renderanno conto dell'importanza dei prodotti di protezione e previdenza, e chi invece è convinto che la crescita sarà lenta ma, anno dopo anno, esponenziale.
Dall'altra, però, la certezza che anche nel nostro Paese si attivi questo circuito non c'è: anzi. Si è sempre detto che l'Rc auto assorbe tutta la capacità di spesa assicurativa degli italiani; ora che il calo dei prezzi è significativo e molti pensano strutturale, non è automatico che le risorse risparmiate siano reinvestite in altri prodotti assicurativi. Le tendenze demografiche (invecchiamento, non autosufficienza), il contesto economico (il welfare state sempre più assente), la ripresa che dovrebbe innescarsi, favoriscono la fioritura del mercato protection. Ma non basta.
È già accaduto che i player di un settore abbiano perso il momento giusto per investire pesantemente in un determinato mercato e quando se ne sono accorti era troppo tardi: i cigni neri erano già arrivati.


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