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Gestione del rischio, un volano per la crescita delle imprese

Business interruption, reputazione e attacchi informatici. Le incognite sui cambiamenti in atto nell'economia e nella società stanno dando sempre più peso al ruolo di chief risk officer e risk manager. L'evoluzione in corso è stata al centro del XIX convegno annuale di Anra

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Spreco o investimento, inutile burocrazia o strategica opportunità. Dare un volto al risk management non deve essere un dilemma di facile soluzione visto che ancora oggi il 45% delle medie imprese italiane adotta sistemi di risk management senza una reale strategia di impresa. In questo contesto, i professionisti del rischio diventano alfieri di un cambiamento culturale che deve coinvolgere l'intero sistema produttivo italiano. Lo ha sottolineato Giovanni Gorno Tempini presidente della Fondazione Fiera di Milano accogliendo i risk manager di Anra, in occasione di Imprevisto o probabilità? La carta del risk management, il XIX convegno annuale che si è tenuto il 13 e 14 novembre, presso il MiCo di Milano. Per Alessandro De Felice, presidente Anra, la sfida per risk manager è “consentire al top management di prendere decisioni consapevoli al fine di ridurre l'impatto dei rischi incombenti sui risultati attesi”. De Felice ha mostrato con orgoglio i dati che testimoniano la crescita dell'associazione: “I 434 iscritti collocano Anra al quarto posto tra le associazione europee di risk manager, mentre è stato colmato il gap sulla gender diversity, come dimostra la composizione del nuovo consiglio direttivo, con 5 donne su 11 componenti”. Si rafforza anche il valore della certificazione: l'Italia rappresenta circa la metà dei risk manager certificati Rimap a livello continentale. L'importanza di Anra è stata messa in evidenza anche dall'intervento di Jo Willaert, presidente Ferma e Ifrima. 

Pmi in cerca di credibilità
L’influenza e il peso del risk management aziendale nell’accesso a finanziamenti e capitali da parte delle Pmi è stato filo conduttore della prima giornata, focalizzata sull’evoluzione dei mercati, a partire da quello del credito. Infatti, l'introduzione di nuovi strumenti di finanziamento, come i Pir, ha portato l'attenzione creditizia verso le piccole e medie imprese. Il tema è stato al centro della prima tavola rotonda, a cui hanno partecipato Mario Anolli, docente università Cattolica del Sacro Cuore; Fabio Arpe, fondatore e ceo Arpe Group, Maurizio Borletti, presidente Borletti Group, Enrico Guarnerio, chairman e ceo Strategica Group/Direttore Cts Anra, Giuseppe Seghi Recli, ad Molteni Farmaceutici, Davide D'angelo, socio studio Grimaldi. I relatori hanno sottolineato che la presenza del risk management rappresenta un volano per il business nelle Pmi, perché dà credibilità verso i potenziali creditori. I dati dell'ultimo Osservatorio sulla diffusione del risk management nelle medie imprese italiane, realizzata da Cineas in collaborazione con l'Ufficio studi di Mediobanca, dimostrano che c'è una correlazione diretta e positiva tra performance economica e gestione integrata dei rischi: le imprese che hanno implementato sistemi di valutazione e gestione del rischio mostrano un incremento di redditività del 38%.

Il brand alla prova del rischio geopolitico
La buona notizia è che gli investitori stanno spingendo le imprese verso lo sviluppo di sistemi integrati di gestione del rischio. Del resto, la competizione globale in continua evoluzione espone le aziende a maggiori rischi di mercato, che devono essere correttamente valutati. Il tema è stato affrontato da Alessandro Castellano, ceo Zurich Italia, Alberto Monti, ordinario di Diritto comparato nella Scuola universitaria superiore Iuss Pavia, Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano, Brendan Plessis, XL Catlin’s executive vice president for emerging markets. I relatori hanno messo in evidenza il valore degli asset intangibili, a partire dal brand e dalla reputazione, visto che il sistema Italia si regge su fattori come stile e innovazione. Del resto, il termine Made in Italy è tra i più ricercati su Google, e questo dimostra l'attenzione che il mondo rivolge verso il Belpaese. Purtroppo, l'Italia non dimostra di avere un livello di managerialità adeguato per cavalcare i mercati internazionali. Infatti molti brand italiani sono stati venduti a imprese straniere, non per difficoltà finanziarie interne, ma perché il management trovava difficoltà a penetrare nei principali mercati esteri.

La digitalizzazione dell'inefficienza
Due tavole rotonde hanno focalizzato l'attenzione sull'innovazione nella professione del risk manager. L'Osservatorio sulla diffusione del risk management 2018 dimostra che le medie aziende che adottano un framework integrato, ossia la modalità più avanzata di risk management, sono più che raddoppiate: dal 17,2% al 37,5%. Secondo gli esperti, l'adozione di piattaforme evolute per la gestione del rischio implica il cambiamento dei modelli organizzativi gestionali; altrimenti, l'innovazione digitale porterebbe a mettere in luce solo le inefficienze. Emerge ancora una volta il fattore culturale: valorizzare gli investimenti nei processi, distogliendo l'attenzione verso gli impianti produttivi. Una sfida per i risk manager, che devono affrontare i rischi di impresa con modelli matematici e attuariali sempre più evoluti, per elaborare analisi oggettive. Con il moltiplicarsi dei dati a disposizione, diventa determinante applicare i modelli corretti che consentano di dare valore solo a ciò che realmente conta. Per questo bisogna ragionare in modo induttivo: partire dalla valutazione delle esigenze particolari, per poi arrivare all'analisi generale.

Il rapporto con i dirigenti
L'efficacia del lavoro del risk manager o di un chief risk officer dipende strettamente dalla relazione con il board aziendale con cui si interfaccia. Il tema è stato al centro della tavola rotonda che ha introdotto la seconda giornata del convegno Anra. Per i risk manager e cro, la sfida è mettere insieme l'analisi del rischio senza trascurare gli obiettivi aziendali. Devono essere in grado di far capire lo scenario che ruota attorno ai numeri del piano strategico, facendo capire come si è arrivati alla valutazione. Detto altrimenti, serve sintonia di intenti, perché chi si occupa di gestione del rischio non può fare nulla senza il coinvolgimento dei vertici aziendali. Per i top manager è importante interfacciarsi con professionisti che abbiano capacità comunicative tali da far comprendere realmente l'importanza dei temi affrontati. Infatti, nei board aziendali, non tutti hanno una cultura e la sensibilità per comprendere l'importanza dei rischi emergenti e del loro impatto sulla reputazione dell'impresa, che spesso è difficilmente monetizzabile. Diventa quindi fondamentale l'efficacia della reportistica.

La società del rischio
La sostenibilità è il fattore centrale per la gestione di impresa con una visione di lungo periodo. Lo hanno dimostrato i rappresentanti del mondo accademico e imprenditoriale che, intervenendo nel corso delle tavole rotonde della seconda giornata, hanno mostrato come l'evoluzione ci stia portando verso una società del rischio. Il 2017 è stato l'anno record per i rischi catastrofali. Dai cambiamenti climatici deriva l'intensificazione delle tempeste in Europa, come hanno dimostrato i recenti casi italiani. Gli incendi sprigionano tutta la potenza distruttiva, generando sinistri come mai accaduto prima. Persino la digitalizzazione è diventata un pericolo: rilevanti rischi informatici, che non coinvolgono solo aspetti legati alla privacy, ma riguardano più strettamente il rischio di business interruption. Da questo punto di vista, le barriere antivirus sono già protezioni del passato, mentre serve un controllo perimetrale del sistema informatico, che possa proteggere i dati. Non mancano i rischi sociali. Oltre il terrorismo, preoccupa l'invecchiamento della popolazione che porterà a un aumento del rischio di non autosufficienza, che chiama in causa direttamente il welfare aziendale. Per questo, non resta che trasformare il rischio in una opportunità: non è più sufficiente avere capacità tecnologiche, ma occorre capacità di gestione del rischio. In questo i risk manager sono destinati a giocare un ruolo determinante.


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