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Al Salone del risparmio tornano gli Eurobond

Dal palco principale della tre giorni dedicata agli investimenti e al tema della crescita, il presidente di Assogestioni, Tommaso Corcos, rilancia le obbligazioni continentali, sicuro che ora sia finalmente arrivato il momento giusto

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Sullo sfondo di mercati caratterizzati dalla volatilità, dall’incertezza, dai tassi d’interesse sotto lo zero, dalle promesse mantenute, da mantenere (o da non mantenere) di Trump e di un’Europa sempre più debole e che ha sbagliato praticamente tutte le ricette per la crescita, due luci illuminano il cammino dei risparmiatori e degli investitori italiani: i Pir, i nuovi piani individuali di risparmio, e, su scala molto più ampia, la proposta degli European safe bond. Tornano così in campo gli Eurobond, rilanciati, in forma nuova e temperata, da Assogestioni in occasione dell’evento di apertura dell’ottava edizione del Salone del risparmio, la tre giorni che riunisce a Milano, da ieri a domani, tutti gli stakeholder del settore dell’asset management, con opportune incursioni della politica.  

La proposta di obbligazioni paneuropee è stata lanciata dal palco principale della manifestazione dal presidente di Assogestioni, Tommaso Corcos, e apprezzata, seppur con prudenza, dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, invitato a parlare alla medesima platea proprio nel giorno del consiglio dei ministri che avrebbe definito sia il Def, sia la cosiddetta manovrina da 3,4 miliardi di euro, alzando alche le stime per il Pil 2017, dall’1% all’1,1%. Padoan, nel suo discorso, e anche nel breve dibattito a tre con lo stesso Corcos e Martin Wolf, capo degli editorialisti del Financial Times, si è detto "favorevole" a uno strumento come quello dei safe bond Ue, pur sottolineandone la complessità e ricordando a tutti che novità di questo tipo sarebbero comunque calate in un contesto delicato e su un "sentiero stretto" per l’Italia, tra ricerca di crescita e controllo (auspicata riduzione) del debito pubblico. 

TRA RILANCIO E NUOVE CRISI 
Ma come sarebbero concretamente questi European safe bond che secondo Assogestioni rilancerebbero persino il progetto unitario dell’Europa, oggi così in crisi? Corcos li vede come obbligazioni emesse dalla Bei o da un’agenzia europea ad hoc, aventi come collaterali bond governativi dei singoli Stati membri: "i titoli – ha spiegato – sarebbero emessi in due tranche, una senior e una junior, e ogni Paese sarebbe individualmente responsabile per le tranche emesse". In questo modo si otterrebbero due vantaggi: non avrebbe più senso cercare la sicurezza in Germania e il rendimento (a patto che ci sia ancora) in Italia e inoltre si "spezzerebbe quel loop negativo tra il Paese e il proprio sistema bancario". 

Nessuno nasconde la complessità di un intervento di fiscalità di questo tipo, soprattutto in un momento come questo in cui l’Europa e il mondo intero è sul crinale instabile tra rilanci e nuove crisi. È soprattutto difficile convincere i partner europei che da questo punto di vista non vogliono sentire ragioni. Martin Wolf ha commentato senza mezzi termini che, semplicemente, "i Paesi del nord Europa credono che Italia, Spagna e in parte la Francia vogliano semplicemente continuare a spendere soldi aumentando l’instabilità". 

IL SUCCESSO DEI PIR 
Se sul nuovo progetto di Eurobond sembra difficile a breve compattare un fronte comune, il Salone del risparmio, con le sue tante conferenze e sessioni parallele, è stato percorso da un coro unanime e sicuro nei confronti dei Pir. Il nuovo veicolo di risparmio e investimento trova tutti d’accordo e va dato atto al governo di aver saputo collaborare con i player del mercato, le associazioni e gruppi d’interesse nella progettazione di uno strumento che sta incontrando un gradimento davvero importante da parte degli investitori.  

Secondo i numeri di Assogestioni, ha rivelato Walter Ottolenghi, del comitato di presidenza dell’associazione durante un panel dal titolo Inseguire la crescita. Che cosa ne pensano consulenti finanziari e risparmiatori, il target di raccolta a due miliardi di euro fissato per il primo anno di attività dai Pir è stato già superato ampiamente e si prevede che a fine 2017 la cifra decuplicherà.  

I Pir veicolano gli investimenti alle piccole e medie imprese e sono il primo strumento che concretamente permette al risparmiatore retail di investire esentasse in economia reale a medio-lungo termine. E piacciono a tutti, come sembra dimostrare una ricerca curata da Demia e presentata la Salone, in cui risparmiatori, gestori e distributori si trovano d’accordo sull’utilità trasversale del piano individuale di risparmio. 

I Pir aiutano le Pmi: lo pensa il 67% dei risparmiatori interrogati e ben il 94% dei consulenti; ma sono utili e fanno guadagnare anche chi li vende, cioè banche, Sgr e assicurazioni (67% tra i consumatori e 90% tra i consulenti). Il fatto che questo tipo di prodotto porti un beneficio economico anche ai distributori è accettato senza problemi dai risparmiatori, segno che se c’è la percezione che qualcosa che si compra sia davvero valida non si guarda più di tanto alla convenienza o meno di chi la vende: la diffidenza cala se si percepisce il valore. 

INVESTIMENTO VUOL DIRE PROTEZIONE 
Tuttavia è ancora tanta la paura: il 97% dei risparmiatori italiani all’investimento chiede soprattutto protezione, un valore che il settore assicurativo dovrebbe sempre avere come primo punto cardine e da cui rischia invece di deragliare, puntando su prodotti vita che scaricano il rischio sull’assicurato.  
Del resto, questo prolungato periodo di stagnazione dei tassi, inedito nella storia dell’economia mondiale e che non accenna a finire, come ha sottolineato Martin Wolf nel suo intervento, continua a mettere a dura prova il settore vita e previdenza.  

"Dal 2015, i tassi sono stati molto negativi. Investire in economia reale per un fondo pensione è diventata una buona opportunità ma la dimensione del mercato è ancora scarsa", ha ricordato Ugo Loser, ad di Arca Sgr, durante il panel intitolato Il bilancio del sistema previdenziale italiano: scenari per la previdenza complementare, che ha coinvolto anche Alberto Brambilla, presidente del centro studi di Itinerari previdenziali. 

"La strada maestra anche per la previdenza – ha continuato Loser – è la capital market union: una svolta che ci consentirà la portabilità dei fondi aperti e le fusioni per consolidare il mercato così da poter investire diversificando meglio". 
Anche in questo caso si guarda all’Europa con speranza e timore: all’orizzonte rimangono le nubi dei populismi e le contraddizioni di Trump. 

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