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Gestione del rischio per aiutare il settore agroalimentare

Se ne è parlato a Reggio Emilia in un convegno organizzato da Uea con la sede locale di Unindustria

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La filiera produttiva dell'agro alimentare è una colonna portante del sistema industriale italiano. La sua solidità e le ulteriori possibilità di crescita passano anche attraverso una buona gestione dei rischi d'impresa. Per affrontare nel profondo questo tema, l'Unione Europea Assicuratori (Uea), in collaborazione con il Gruppo agroalimentare di Unindustria Reggio Emilia ha organizzato un convegno intitolato Una corretta gestione dei rischi nella filiera agro alimentare, con l'obiettivo di mettere in luce i vantaggi e le opportunità offerte da un approccio alla materia consapevole e strutturato. L'incontro si è tenuto a Reggio Emilia, cuore pulsante dell'agro-alimentare italiano, presentando dati relativi al peso economico apportato dalla filiera produttiva e, passando attraverso un'analisi dei principali vincoli normativi, ha affrontato il tema centrale della gestione strategica dei rischi.

Il peso economico dell'agroalimentare
Un'industria, quella agro-alimentare italiana , che con più di 58 mila imprese risulta essere seconda in Europa solo a quella francese (dati Eurostat del 2009) quanto a numero di aziende, presso cui lavorano 405 mila addetti, con una netta prevalenza di realtà piccole e a gestione famigliare. Secondo i dati forniti da Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) e Federalimentare, il peso dell'agro-alimentare in Italia è pari a 131 milioni di euro in termini di fatturato. Essendo un settore con bassa marginalità di profitto, l'agro-alimentare ha risentito sensibilmente del calo produttivo che ha iniziato ad affliggerlo dal 2010, con particolare riferimento ai players che agiscono solo sul mercato domestico. Fattore chiave dell'ultimo decennio è invece rappresentato dall'incremento del 100% dell'export, passato dai 12.329 milioni del 2000 ai 24.650 del 2012 (stime Istat).

La gestione strategica dei rischi
Il tema dei rischi è stato affrontato dal vicepresidente di Uea, Roberto Conforti, che ha sottolineato alcuni dati estratti da uno studio del Politecnico di Milano dedicato alle pratiche di gestione del rischio nelle Pmi italiane, da cui emerge che i rischi maggiormente sottostimati sono quelli reputazionali (solo il 19% delle aziende li prende in considerazione), seguiti da quelli riguardanti il rischio-Paese e la conformità normativa. A fronte di un mercato stabile o in contrazione esiste una forte spinta alla internazionalizzazione, ma l'ingresso in nuovi mercati, l'ampliamento del portafoglio prodotti, l'apertura di nuovi canali di vendita sono operazioni che comportano un'alterazione, spesso sottovalutata, del profilo di rischio.

La tendenza delle Pmi è quella di impostare la gestione dei rischi sulla base delle esperienze pregresse, utilizzando prevalentemente tecniche quantitative, senza investire in maniera importante in questo ambito, delegando le funzioni di risk management all'imprenditore stesso o a figure interne non specializzate. Affinché il comparto assicurativo sia parte integrante del sistema Paese - ha sottolineato Giuseppe Villa, membro del consiglio direttivo Uea e promotore dell'iniziativa - deve saper comprendere le problematiche delle aziende e rispondere efficacemente alle istanze di tutela del business e valorizzazione del brand. In quest'ottica fondamentale è la capacità di innovazione, a livello di prodotto e di servizio, e il confronto costante con il mondo imprenditoriale e accademico, nazionale e internazionale". Sul versante della qualità degli alimenti, ampio spazio è stato dedicato al sistema delle certificazioni, a proposito delle quali il professor Andrea Pulvirenti dell'Università di Modena e Reggio Emilia ha sottolineato come l'Italia sia stata tra i primi paesi a recepirne l'importanza, spiegando come queste possano favorire gli assicuratori nella valutazione complessiva di un'azienda.

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