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Non autosufficienza, cresce la spesa in italia

Per individuare soluzioni concrete UniSalute ha promosso l'annuale convegno medico a Bologna

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Le spese della non autosufficienza, in Italia, ammontano a oltre 20 miliardi. Con questo dato allarmante del Ministero della Salute, si è aperto, nei giorni scorsi a Bologna, il quarto convegno medico promosso da UniSalute, compagnia del gruppo Unipol specializzata in assistenza sanitaria, dal titolo Invecchiamento: come rallentarlo e come gestirlo.
All'annuale appuntamento hanno partecipato professionisti della sanità, statistici, sociologi, psicologi e politici, tra cui Rizzo Nervo, assessore alla sanità, integrazione socio-sanitaria e sport del comune di Bologna.
Il progressivo invecchiamento della popolazione - ha sottolineato Fiammetta Fabris, direttore generale di UniSalute, compagnia del gruppo Unipol - è una delle principali criticità che il nostro paese dovrà affrontare nei prossimi anni". Secondo l'ultima fotografia disponibile, nel 2013, gli over 80, in Italia, erano più di 3 milioni e mezzo, di cui più di 16 mila i centenari e ultracentenari (Fonte Coldiretti sulla base di dati Istat) ed è, quindi, cruciale capire l'impatto di tale longevità sulla società e sul sistema sanitario in termini di servizi, assistenza e costi.
Tre sono i livelli in cui può essere affrontato il problema: medico, per passare da un approccio focalizzato sulla malattia a uno focalizzato sul paziente; comportamentale, laddove ambiente e stili di vita concorrono a un corretto invecchiamento; assicurativo e assistenziale, per essere pronti a intercettare la crescente domanda di prestazioni e assistenza.
"Per quanto riguarda le problematiche della non autosufficienza e dell'assistenza domiciliare - ha concluso Fabris - purtroppo una domiciliarità puntuale, supportata da una medicina del territorio, in Italia, non è ancora decollata. È ormai ovvio a tutti che lo Stato potrà sempre meno dare risposte in questo ambito: basti ricordare che il Fondo nazionale sulla non autosufficienza è già stato eliminato da un paio d'anni. Crediamo che un fondo solidaristico che funzioni a livello territoriale e che veda collaborare le figure di operatori privati e pubblici - regioni, province e comuni - con questi ultimi nel ruolo di controllori degli standard qualitativi erogati dal fondo, possa essere la risposta giusta".

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