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Fonsai, arrestati i Ligresti

Custodia cautelare anche per Emanuele Erbetta, Fausto Marchionni e Antonio Talarico

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Tanto tuonò che piovve. Dopo essere stata per mesi al centro di vari filoni di inchiesta, per l'intera famiglia Ligresti sono arrivate le manette. La clamorosa svolta è avvenuta prima dell'alba, quando i militari della Guardia di Finanza hanno condotto in carcere Giulia Maria e Jonella Ligresti, oltre all'ex amministratore delegato Emanuele Erbetta; per Salvatore Ligresti, invece, sono stati disposti gli arresti domiciliari, così come per altri due ex dirigenti, l'immobiliarista Antonio Talarico e l'ex ad Fausto Marchionni. Il terzo figlio di Salvatore, Gioacchino Paolo Ligresti, è (per il momento) scampato all'arresto, e risulta trovarsi in Svizzera: si attende di capire se avrà intenzione di costituirsi, prima di avviare eventuali richieste, da parte dei magistrati, presso le autorità elvetiche.

Pericolo di fuga e inquinamento delle prove
Le ordinanze di custodia cautelare sono stati spiccati a seguito del pericolo di fuga e di inquinamento delle prove. L'accusa è di aver falsificato il bilancio di Fondiaria Sai del 2010 (approvato nel 2011), con l'aggravante di aver procurato un danno ad almeno 12 mila risparmiatori, oltre ad aver manipolato il mercato a seguito dell'occultamento di un buco nella riserva sinistri pari a circa 600 milioni di euro, privanto di investitori di informazioni determinanti per una corretta valutazione dei titoli azionari. Oltre agli arresti, i Finanzieri hanno perquisito anche l'abitazione e gli uffici di Piergiorgio Bedogni, all'epoca dei fatti preposto al bilancio.

Uno spaccato inquietante
Le indagini dei magistrati hanno portato alla luce uno spaccato inquietante": così viene definito dal procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi, l'utilizzo strumentale Fondiaria Sai, "totalmente piegata all'interesse di una parte dell'azionariato. L'effetto - ha spiegato Nessi - è stata la perdita di credibilità e il tradimento dei piccoli azionisti". L'indagine che ha portato alle sette ordinanze di custodia cautelare era scattata nell'agosto 2012, su segnalazione della Consob che, nell'aprile dello scorso anno, aveva segnalato alla magistratura i propri sospetti sulla correttezza dei bilanci di Fondiaria Sai. L'esame della documentazione acquisita ha poi permesso di ricostruire come, attraverso una sistematica sottovalutazione delle riserve tecniche del gruppo assicurativo, sia stato possibile falsificare il bilancio 2010. Una sottovalutazione che, negli anni, ha portato alla distribuzione di utili per 253 milioni di euro alla holding della famiglia Ligresti, la Premafin, laddove, al contrario, si sarebbero dovute registrare le perdite.

Uso strumentale della compagnia, con la compiacenza del top management
Le Fiamme Gialle effettuarono perquisizioni nella sede Fondiaria Sai e presso l'Isvap, acquisendo una mole ingentissima di documenti ufficiali e non, soprattutto in formato elettronico, attraverso il sequestro del server aziendale, dove erano custodite le e-mail inviate e ricevute dagli indagati. La famiglia Ligresti, che presidiava i cda di Fondiaria Sai e Milano Assicurazioni, secondo gli inquirenti "con la compiacenza del top management", si sarebbe in questo modo assicurata, oltre al costante flusso di dividendi, anche il via libera a numerose operazioni immobiliari con parti correlate.
Attraverso perizie che hanno permesso di inserire in bilancio valori gonfiati, le transazioni immobiliari fornivano da un lato un'apparente immagine di solidità patrimoniale e finanziaria della compagnia, dall'altro permettevano di far uscire dalle casse di Fondiaria Sai ingenti somme di denaro a favore di altre società del gruppo, riconducibili alla famiglia Ligresti. In particolare, fra le più eclatanti, le operazioni che hanno riguardato l'acquisizione dell'intero pacchetto azionario della società Atahotel, soggetto economico strutturalmente in perdita, ma acquistato pagando un prezzo superiore ai valori di mercato. L'azione della procura di Torino e della Guardia di Finanza ha riguardato anche altre ipotesi di reato, cioè falso in prospetto e infedeltà patrimoniale. Per il primo, si fa riferimento alle notizie non corrette fornite al mercato attraverso i documenti informativi previsti dalla legge, in occasione delle operazioni di ricapitalizzazione della società per un valore di 450 milioni di euro, effettuate nel 2011. Il secondo è riferibile alle condotte illecite commesse dal management durante la gestione societaria in danno del patrimonio sociale. Tra queste, consulenze e contratti per servizi, stipulati dal gruppo Fondiaria Sai con aziende della famiglia Ligresti, che avrebbero determinato l'esborso da parte della società assicurativa di decine di milioni di euro.

Si valuta il sequestro del patrimonio dei Ligresti
Al momento, la procura di Torino sta inoltre valutando il sequestro del patrimonio della famiglia Ligresti. "Per la tutela dei piccoli risparmiatori - ha spiegato Nessi - i sequestri civilistici non sono consentiti perché occorre che ci sia almeno il rinvio a giudizio degli indagati. Si stanno valutando, invece, ulteriori possibilità per quanto riguarda il sequestro per equivalente finalizzato alla confisca". Si tratta, tecnicamente, del sequestro del cosiddetto profitto del reato, ossia della somma che i magistrati valuteranno come ottenuta indebitamente dagli indagati. Nessi ha poi aggiunto che "l'Isvap ha effettuato controlli su Fondiaria Sai con una certa lentezza". Il comportamento dell'autorità di vigilanza di allora "non è confluito nel nostro provvedimento perché ci siamo concentrati sui dati probatori più forti. Abbiamo fatto qualche considerazione ma dobbiamo vedere se si tratta di fatti penalmente rilevanti o soltanto amministrativamente rilevanti", ha rivelato il procuratore aggiunto di Torino. L'impressione complessiva è che "l'ispezione su Fondiaria Sai sia partita con un certo ritardo, addirittura prima sulla governance rispetto alle anomalie che emergevano, anche se non si può dire che non sia stato fatto niente. Tuttavia - conclude Nessi - la percezione è che il sistema ha reagito con una certa lentezza".

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