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Cattolica-Generali, parla Carlo Ferraresi

In un’intervista, il dg della compagnia veronese spiega che senza la trasformazione in Spa l’aumento di capitale da 500 milioni sarebbe a rischio

Cattolica-Generali, parla Carlo Ferraresi
Dopo aver inviato un messaggio ai dipendenti e ai collaboratori di Cattolica per spiegare i motivi alla base della necessità di trasformare la struttura sociale del gruppo, il direttore generale della compagnia veronese, Carlo Ferraresi, parla dalle pagine del Sole 24 Ore. Nell’intervista pubblicata dal quotidiano di Confindustria, il manager si dice “sicuro che l’assemblea di fine mese approverà la trasformazione in Spa”. In caso contrario il tema tornerà comunque sul tavolo, perché sebbene “l’assemblea sia sovrana”, fare un aumento di capitale da 500 milioni con la “struttura della cooperativa ha un rischio elevatissimo”.
Ferraresi ha sottolineato che “Generali si è dimostrata fin da subito genuinamente interessata all’operazione, dimostrando rispetto per la compagnia. Generali – ha proseguito il dg di Cattolica – acquisterà il 24,4% e quello che farà  tra un anno non è  stato oggetto di discussione. L’accordo non prevede nessuna riduzione di attività”, ha precisato. “Noi dobbiamo preoccuparci di tutelare soci e azionisti dal punto di vista del valore, i dipendenti e la nostra rete in termini di lavoro. Generali ci garantisce tutto questo”, ha osservato in un altro passaggio.

Perché sono andati persi oltre 30 punti di Solvency

Interrogato su cosa possa aver generato le difficoltà di Cattolica tali da richiedere un aumento di capitale di questa portata, Ferraresi ha spiegato che “l’impatto della dinamica dello spread, i tassi risk free negativi, abbinati a un modello di Solvency II che ha dimostrato di non sapere funzionare a dovere, e del quale in Europa più di qualcuno mette in dubbio l’efficacia, hanno generato il crollo”. Una caduta, ha affermato il dg di Cattolica, in linea con quella patita dai competitor “con la differenza però che noi partivamo da un punto più basso, poiché nel 2018 l’operazione di bancassurance siglata con BancoBpm ci ha portato 9 miliardi di riserve di cui oltre la metà in titoli di Stato italiani. Per di più – ha aggiunto Ferraresi – quell’accordo è stato fatto a leva e questo ha inciso sulla nostra struttura del capitale. Quella partnership ci ha fatto perdere tra i 30 e i 35 punti di Solvency, con il senno di poi andava probabilmente strutturata in maniera diversa. In ogni caso, ora siamo di nuovo al 144%”.

La proposta di Generali migliore di quella di Vittoria

Quanto all’interessamento di Vittoria Assicurazioni, la cui proposta prevedeva una fusione alla pari, Ferraresi ha spiegato che “la loro base di partenza era molto più bassa” rispetto a quanto offerto da Generali, e sebbene “da parte mia c’è stima e rispetto per la famiglia Acutis e per l’amministratore delegato Cesare Caldarelli”, tuttavia “la proposta abbozzata da Vittoria era di gran lunga più  penalizzante”.
Quanto all’ipotesi che in assemblea prevalga il no alla trasformazione in Spa, il dg di Cattolica ammette che “l’assemblea è sovrana. Però l'aumento di capitale va fatto e se lo faremo con la struttura della cooperativa corriamo un rischio altissimo: di sicuro ci sarà  una forte pressione sul titolo e non si può escludere che qualche fondo faccia un’offerta aggressiva soggetta alla trasformazione in Spa. Tema che, per forza di cose, tornerà poi di nuovo sul tavolo”.
Per quanto riguarda il voto dell’azionista più celebre di Cattolica, Warren Buffett, patron di Berkshire Hathaway, Ferraresi spiega che nelle ultime settimane hanno “intensificato i colloqui con loro. È soddisfatto e sono anche certo che voterà a favore della trasformazione in Spa”.
Infine, sulla partita tra Intesa Sanpaolo e Ubi, “posso solo dire – osserva Ferraresi – che per noi questa è la migliore scelta a livello industriale e finanziario. È nel nostro interesse che l’Ops vada in porto garantendo ampia valorizzazione della partecipazione”.

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