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Cpi tra dubbi e contraddizioni

Un settore in evoluzione, in cui l’analisi della regolamentazione, sempre più stringente, evidenzia quanto le polizze si collochino in un difficile punto di equilibrio tra gli interessi dei consumatori e quelli degli enti eroganti. Un terreno reso ancora più scivoloso da un momento storico particolarmente difficile per il mercato del credito

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La disciplina delle polizze assicurative a protezione del credito (Cpi), vendute in abbinamento a contratti di mutuo e finanziamento, è stata negli ultimi anni al centro di numerosi interventi dell'Ivass e del legislatore, che si sono alternati in un susseguirsi di norme non sempre tra loro coerenti, finalizzate a rendere quanto più trasparente possibile il mercato legato a questo settore a tutela dei consumatori e sollecitando la concorrenza tra gli intermediari.

L'evolversi di una regolamentazione sempre più stringente ha fatto emergere come le polizze Cpi si collochino in un difficile punto di equilibrio tra gli interessi dei consumatori e quelli degli enti eroganti, specialmente in un momento storico particolarmente difficile per il mercato del credito.

La posizione di forza contrattuale" dell'ente creditizio ha rischiato in alcuni casi di tradursi in situazioni di possibile disequilibrio, anche in funzione del livello provvigionale particolarmente elevato che le CPI presentano ove intermediate dagli istituti di credito stessi, rispetto a quando distribuite tramite i canali tradizionali (i.e. agenti e broker di assicurazioni).

A ciò si deve aggiungere che, al fine di garantirsi dalla possibile insolvenza del debitore, alcuni intermediari eroganti il finanziamento erano soliti richiedere al consumatore di essere designati quali beneficiari del contratto assicurativo, con un conseguente ed intuibile effetto distorsivo sul mercato di tali garanzie.

Vediamo, in estrema sintesi, quella che è stata l'evoluzione della disciplina di settore ad oggi vigente, provando a fare chiarezza sui punti di maggiore difficoltà interpretativa e soffermandoci a valutarne gli impatti, sia in capo agli operatori del mercato, sia ai soggetti che accedono al credito e alle connesse garanzie assicurative.

Il conflitto di interesse
L'aspetto certamente più controverso è rappresentato dall'intervento dell'Ivass con riguardo al tema del conflitto di interesse.

Molti ricorderanno come l'Autorità sia inizialmente intervenuta, in attuazione dell'art. 183 del Codice delle Assicurazioni Private, con una norma (l'art. 52 del Regolamento n. 35/2010) poi annullata dal TAR del Lazio per difetto procedurale. Tale disposizione, riproposta dall'Istituto in pubblica consultazione con il Provvedimento n. 2046/2011, ha introdotto il comma 1-bis all'art. 48 del Regolamento n. 5/2006, prevede il divieto di detenere, direttamente o indirettamente, la contemporanea qualifica di intermediario e di beneficiario o vincolatario di una polizza assicurativa. Pur assumendo necessariamente portata generale, la norma è stata dichiaratamente pensata dall'Ivass con specifico riferimento al mercato dei prodotti connessi ai mutui e finanziamenti, con lo scopo di eliminare quello che, a detta della Vigilanza, rappresenterebbe un insanabile conflitto di interesse, imponendo maggiore trasparenza e sollecitando la concorrenza sul mercato, al fine di perseguire il best interest per i consumatori.

Si tratta di una disciplina molto stretta, ulteriormente irrigiditasi in sede interpretativa, posto che l'Ivass, per evitare fattispecie potenzialmente elusive del divieto, ha chiarito che tale disposizione fa riferimento a qualsiasi situazione di conflitto di interesse, anche non espressamente rappresentata dalla norma - quale, ad esempio, la costituzione di un pegno sulle polizze assicurative.

A mitigare, in parte, il rigore della norma, è recentemente intervenuta una sentenza del TAR del Lazio, che ha ritenuto illegittima la disposizione in relazione al mercato del leasing e che, incidentalmente, ha censurato l'Ivass per aver previsto, in maniera aprioristica, l'insorgenza di un conflitto di interessi ogniqualvolta l'intermediario della polizza sia anche beneficiario della stessa, ponendo dunque un obbligo di astensione (anziché di gestione e disclosure) senza procedere ad un'analisi della fattispecie concreta, come parrebbe invece richiedere il citato art. 183, fonte codicistica primaria.

Una precisa attenzione dell'Ivass, con riguardo ai profili commissionali delle polizze connesse ai contratti di mutuo e di finanziamento, era già evidente dalla prima stesura del Regolamento n. 35/2010, che solo per queste polizze prevede un obbligo di disclosure nel prodotto della quota provvigionale percepita dagli intermediari (si vedano gli artt. 4, comma 7; 30, comma 7 e art. 50).

Le asimmetrie informative
Una seconda linea ispiratrice degli interventi in materia di polizze a protezione del credito si riscontra nell'esigenza di colmare le asimmetrie informative tra imprese, intermediari e consumatori ed ha coinvolto soprattutto il legislatore primario.

E' anzitutto da registrarsi l'introduzione, da parte dell'art. 36-bis del D.L. n. 201/2011 (Decreto salva Italia)1 , di una nuova pratica commerciale scorretta ai sensi dell'art. 21 del Codice del Consumo: risulta infatti illegittima la condotta di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario finanziario che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obblighi il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario.

A pochi mesi di distanza, l'art. 28 del D.L. n. 1/2012 (Decreto liberalizzazioni)2 , ha infatti previsto che le banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari, se condizionano l'erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita ovvero all'apertura di un conto corrente presso la medesima banca, istituto o intermediario, sono tenuti a sottoporre al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili alle banche, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari stessi3 . L'Ivass, su espressa delega legislativa, è poi intervenuta con il Regolamento n. 40/2012, a dettare i contenuti minimi del contratto di assicurazione sulla vita sopra citato, fornendo al contempo alcune precisazioni interpretative della norma di rango primario.

Dalla lettura combinata delle disposizioni appena richiamate, sono emersi diversi dubbi circa la possibile sovrapposizione o contraddittorietà tra le due norme.

A detta di alcuni interpreti, infatti, l'art. 28 sembrerebbe legittimare, pur condizionandolo alla presentazione di una pluralità di preventivi, quel condizionamento dell'erogazione del finanziamento alla sottoscrizione di una polizza sulla vita che l'art. 36 parrebbe, invece, annoverare come pratica commerciale scorretta.

Pur riconoscendo che l'imprecisione terminologica del legislatore potrebbe dare adito a controversie interpretative, ad avviso di chi scrive le due norme perseguono finalità diverse. Se l'art. 28 citato, non mette in dubbio la possibilità di subordinare il finanziamento alla sottoscrizione di una polizza sulla vita, ma tende a favorire la concorrenza, imponendo all'ente erogatore del mutuo o del credito al consumo di offrire massima libertà e trasparenza al consumatore nella scelta del prodotto, l'art. 36-bis fa riferimento al solo caso in cui l'obbligo imposto dall'ente creditizio di estenda alla sottoscrizione di polizze (sia vita che danni) dallo stesso intermediate.

Un secondo dubbio interpretativo è poi sorto con riguardo all'espressione "non riconducibili" utilizzata dal legislatore nell'art. 28 del Decreto salva Italia. L'Ivass, in maniera tranchant, ritiene che l'obbligo di sottoporre al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili alle banche, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari faccia riferimento non solo ai casi di legami partecipativi tra il gruppo assicurativo e l'ente erogante il finanziamento, ma anche ai casi di meri legami commerciali, quali ad esempio gli accordi di distribuzione.

Da un punto di vista squisitamente operativo, una tale interpretazione presta il fianco ad una serie di facili obiezioni. Anzitutto non si comprende come l'ente erogante possa venire in possesso delle condizioni commerciali di preventivazione di imprese con le quali lo stesso non abbia in corso precisi accordi di distribuzione. Inoltre, la norma non chiarisce se oltre ai due preventivi di società terze, possano essere consegnati anche i preventivi delle compagnie "riconducibili" al gruppo dell'ente erogante il finanziamento.

A favore della portabilità del mutuo

In chiusura, è opportuno segnalare come la norma regolamentare di cui all'art. 49 del Regolamento Isvap n. 35/2010 sia stata ora trasposta in una fonte primaria. Il D.L. n. 179/2012 (Decreto crescita 2.0)4; all'art. 22, commi 15-quater e ss., ha infatti previsto che nei contratti di assicurazione connessi a mutui e finanziamenti, per i quali sia stato corrisposto un premio unico il cui onere è sostenuto dal debitore/assicurato, le imprese, nel caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, restituiscono al debitore/assicurato la parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria, calcolata per il premio puro in funzione degli anni e della frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura nonché del capitale assicurato residuo. Si precisa che le imprese possono trattenere dall'importo dovuto le sole spese amministrative effettivamente sostenute, a condizione che le stesse siano esplicitate al cliente in via preventiva e che non siano tali da costituire un limite alla portabilità dei mutui/finanziamenti ovvero un onere ingiustificato. I criteri e le modalità per la definizione del rimborso devono essere previsti nelle condizioni di assicurazione. Al termine di questa breve disamina, è possibile concludere affermando che la materia delle CPI è ancora piuttosto disorganica e che la previsione di disposizioni su più fronti e la poca sistematicità delle stesse ha fatto sì che si sia venuta a creare, ad oggi, una procedura distante dalle logiche di mercato, che impedisce (o impedirebbe) di fatto, una concreta operatività per gli intermediari i quali si trovano in reale difficoltà nel disporre delle garanzie a protezione del credito erogato.



Andrea Polizzi, Silvia Colombo - Jenny.Avvocati

1Convertito con modifiche con L. n. 214/2011.
2Convertito con modifiche con L. n. 27/2012.
3Il cliente è comunque libero di scegliere sul mercato la polizza sulla vita più conveniente che la banca è obbligata ad accettare senza variare le condizioni offerte per l'erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo.
4Convertito con modifiche con L. n. 221/2012.



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