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Problematiche applicative in materia di collaborazioni

Al di là delle reazioni contrastanti sulla validità o meno della collaborazione tra intermediari, risulta necessario delineare un quadro normativo più dettagliato che chiarisca come operare non solo in fatto di trasparenza e adeguatezza, ma anche nella suddivisione delle responsabilità e della formazione sul prodotto

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L'art. 22, commi 10 e seguenti, del D.L. 179/2012, convertito con modificazioni con Legge 221/2012, introduce la possibilità per gli intermediari di assicurazione iscritti alla stessa o a diverse sezioni del R.U.I. di adottare forme di collaborazione reciproca nello svolgimento della propria attività anche mediante l'utilizzo dei rispettivi mandati" allo scopo di "favorire il superamento dell'attuale segmentazione del mercato assicurativo ed accrescere il grado di libertà dei diversi operatori" ed alla sola condizione che al cliente sia fornita una corretta e completa informativa in relazione ai dati identificativi, al ruolo degli intermediari ed al rapporto di collaborazione.
Gli intermediari assicurativi che svolgono attività di intermediazione in collaborazione tra di loro rispondono in solido per gli eventuali danni sofferti dal cliente a cagione dello svolgimento di tale attività, salve le reciproche rivalse nei loro rapporti interni.
Infine, per assicurare l'effettività dell'istituto, il comma 12 stabilisce, a decorrere dal 1 gennaio 2013, la nullità "per violazione di norma imperativa di legge" delle clausole fra mandatario e impresa assicuratrice incompatibili, da considerarsi "non apposte".
All'Ivass, infine, il Legislatore affida il compito di vigilare ed adottare "eventuali" direttive per l'applicazione della norma e per garantire adeguata informativa ai consumatori. Altra e più complessa questione riguarda la definizione della piattaforma informatica comune per l'attuazione dell'istituto, che in ragione delle sue specificità non verrà affrontata in questa sede.

L'instaurazione di una collaborazione "verticale"
In disparte alle reazioni, talvolta contrastanti, che il mercato ha riservato all'introduzione dell'istituto in commento, il tenore della normativa pone alcune problematiche applicative che meritano, senz'alcuna pretesa di esaustività, di essere evidenziate.
In primo luogo, l'utilizzo dell'avverbio "anche" pone il dubbio che, oltre alle forme di collaborazione di tipo "orizzontale" mediante l'utilizzo dei rispettivi mandati (che prevede la reciproca possibilità di collocare presso i clienti dell'altro intermediario i prodotti assicurativi intermediati per conto delle rispettive compagnie mandanti), possano esserne instaurate pure di tipo "verticale", che non prevedano l'utilizzo del mandato di uno dei due intermediari. Ciò, in definitiva, consentirebbe ad un intermediario, iscritto in una qualunque Sezione del R.U.I., di assumere il ruolo di collaboratore d'un altro intermediario, iscritto nella stessa Sezione o meno, più o meno alla stregua di un subagente, rendendo così inattuale (e superfluo) il controverso divieto di contemporanea iscrizione in più sezioni del R.U.I sancito dall'art. 109, comma 2, del Codice delle Assicurazioni.
L'instaurazione di una siffatta collaborazione "verticale" - forse eccedente le intenzioni del Legislatore - potrebbe infatti indurre a ritenere che l'intermediario che utilizza il proprio mandato possa incorrere nella responsabilità oggettiva datoriale di cui all'art. 2049 cod.civ. per il fatto del collaboratore, in contraddizione con la solidarietà nell'obbligazione risarcitoria sancita dal comma 11 dell'art. 22, su cui torneremo a breve.

La formazione sui prodotti del partner commerciale

Altro aspetto che, forse, avrebbe meritato un cenno normativo - in un contesto fortemente orientato alla tutela commerciale e sostanziale dei consumatori -, riguarda l'attività di formazione sui prodotti del partner commerciale. L'assenza di qualunque riferimento a tale argomento, ad avviso di chi scrive, non esime le Parti del rapporto di collaborazione dall'obbligo di prevedere impartirsi vicendevolmente quelle attività di formazione occorrenti alla valutazione dei prodotti assicurativi alla cui collocazione si concorre e dell'apprezzamento, in termini di adeguatezza, delle esigenze assicurative del cliente. Va da sé che, in difetto d'una puntuale normazione in materia, l'argomento dovrà essere disciplinato nell'ambito dei singoli accordi di collaborazione, affidandosi al più collaudato strumento di composizione dei contrapposti interessi, che è, in ultima analisi, l'autonomia privata.

La responsabilità nei confronti dei clienti

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in merito alla individuazione dei criteri di riparto interno della responsabilità nei confronti dei clienti. Se la norma tace in merito alla responsabilità nei confronti della compagnia (riconducibile all'ordinario regime di mandato), nei confronti dei clienti delinea invece la responsabilità solidale tra gli intermediari collaboranti (estesa alla rispettiva organizzazione d'impresa), limitandosi a far "salve le reciproche rivalse nei loro rapporti interni".
Fermo il dubbio che tale responsabilità solidale, certamente applicabile alle collaborazioni di tipo "orizzontale", possa non esserlo a quelle di tipo "verticale", resta il fatto che, ove le Parti del rapporto di collaborazione non abbiano preventivamente individuato, nell'ambito della propria autonomia negoziale, criteri univoci per il riparto di responsabilità, troverà applicazione la presunzione di uguaglianza dettata, in materia contrattuale, dall'art. 1298, comma 2, cod.civ. e, in materia extracontrattuale, dall'art. 2055, u.c., cod.civ.
Va dunque evidenziata l'opportunità che le Parti individuino in via preventiva, nell'ambito della concreta attività svolta, i criteri per un riparto interno della responsabilità in ragione della gravità della colpa individuale e delle entità delle conseguenze che ne sono derivate e, laddove possibile, idonee forme di garanzia reciproca. Il tema non è dissimile da quello (ancora irrisolto) dei Raggruppamenti Temporanei d'Impresa negli appalti pubblici, per i quali il Legislatore si è limitato a perimetrare le responsabilità esterne, senza dettare alcuna disposizione per la gestione dei rapporti interni, resa vieppiù difficoltosa dal fatto che tale modello organizzativo non è riconducibile ad alcun istituto noto all'ordinamento.

Collaborazioni: all'Ivass un ruolo marginale

Merita infine un cenno il ruolo, sorprendentemente marginale, che il Legislatore ha accordato all'Ivass in sede di attuazione dell'istituto.
A dispetto della rafforzata natura di authority indipendente assegnatagli dall'art. 13 del D.L. 95/2012, convertito dalla Legge 135/2012, l'Ivass avrà la sola funzione di vigilare sulla corretta applicazione dell'art. 22 e di adottare, facoltativamente, "disposizioni attuative" al fine di garantire adeguata informativa ai consumatori (comma 10) o "eventuali direttive" per l'applicazione del divieto di clausole in contrasto con le collaborazioni e per garantire, ancora una volta, adeguata informativa ai consumatori (comma 12).
E' innegabile che l'istituto in commento rappresenti una rottura con l'assetto tradizionale della distribuzione assicurativa nel mercato Italiano. In tale contesto, l'assenza di riferimenti certi e l'eventualità -non remota - di un possibile squilibrio tra gli intermediari che intendano instaurare un rapporto di collaborazione, avrebbero potuto suggerire l'opportunità di delineare un quadro normativo più dettagliato, soprattutto a fronte della crescente attenzione che il Legislatore e l'Istituto di vigilanza hanno dedicato ai temi della formazione, dell'adeguatezza e della responsabilità.
In definitiva, starà ancora una volta all'autonomia delle Parti l'onere di colmare tale vuoto, individuando le soluzioni più idonee a prevenire e disciplinare le eventuali ipotesi di responsabilità che possono nascondersi anche nelle pieghe delle più allettanti opportunità.

Avv. Andrea Bullo, Studio legale Bullo- Ranieri

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