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Molto rumore per nulla?

Ancora una volta annunciata e disattesa, la pubblicazione delle tabelle di liquidazione delle lesioni rimane vittima dei troppi interessi contrapposti, a scapito della trasparenza per operatori e utenti

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Allora fu molto rumore per nulla" come titolerebbe Shakespeare?
La vicenda tutta italiana della mancata emanazione delle tabelle di liquidazione delle lesioni di non lieve entità presenta ancora una volta aspetti in parte grotteschi ed in parte idonei a testimoniare il perché ancora oggi la vicenda della liquidazione del danno alla persona, coinvolgendo interessi troppo configgenti, sia vincolata a posizioni persino ideologiche e non riesca a giungere ad un approdo normativo in linea con una obiettiva e serena visione del sistema del risarcimento del danno alla persona.
Da quasi un decennio attendiamo che un provvedimento amministrativo regolamentare ci fornisca dei criteri uniformi e congrui di liquidazione del danno alla persona da sinistro stradale in ossequio al dettato dell'art. 138 del codice delle assicurazioni (d.lgs. N. 209/2005).
Eppure, i tentativi noti di dare alla luce il tanto atteso provvedimento annotati ad oggi sono stati soltanto due. L'uno assai maldestro dell'agosto 2011 consistette nella riproposizione di un vecchio schema elaborato molti anni prima, non attualizzato e non conforme alla recente evoluzione giurisprudenziale, che fu assai criticato dal Consiglio di Stato (parere reso in esito all'adunanza dell'8 novembre 2011).
L'altro è di pochi giorni fa e lo potremmo definire virtuale perché, nonostante non esista un documento formalmente approvato dall'allora esecutivo, è stato pur oggetto di feroci critiche, molte preconcette e superficiali, ispirate ad una intransigente avversione al precetto normativo.

Risarcimenti del danno alla persona: critiche senza fondamento

Sostenere, come è stato riferito dai più critici, che la tabella avrebbe abbattuto del 50% i risarcimenti del danno alla persona (per di più evocando scenari discriminatori per le vittime di sinistri stradali) rispetto ai criteri in uso presso la magistratura di merito (essenzialmente le note tabelle di Milano ) è giuridicamente errato e sostanzialmente illogico.
È, invero, una critica priva di fondamento giuridico essenzialmente perché la tabella attuativa del disposto di cui all'art. 138 del codice delle assicurazioni, a differenza di quella creata dalla giurisprudenza, palesemente non contempla il valore compensativo della sofferenza (o danno morale) come si legge a chiare lettere nella relazione illustrativa alla bozza circolata in questi giorni.
Ma la critica non coglie nel segno nemmeno sul piano logico.
La comparazione tra valori risarcitori non può essere efficacemente svolta tra un dato normativo (cogente per disposizione di legge) ed un parametro meramente empirico elaborato dalla giurisprudenza di merito per di più proprio nell'ottica di una funzione suppletiva della carenza normativa che ora il censurato decreto vorrebbe colmare.
Il valore monetario espresso dalla giurisprudenza svolge infatti un ruolo meramente equitativo, rimesso alla discrezionalità del giudice, mentre il decreto che avrà mai luce un domani dovrà regolare, per espressa ispirazione della norma, da una parte il contemperamento tra i parametri macroeconomici di sostenibilità del ramo assicurativo della RCA e, dall'altra, l'interesse individuale alla tutela della salute.
Tale difficile composizione di interessi - se la norma disciplinare resterà tale - non potrà ancora a lungo essere ignorato in un sistema assicurativo che ogni giorno denuncia lo squilibrio tra potenzialità del ramo e costo unitario dei sinistri.

A quando il lieto fine?
Occorrerà dunque uscire dalle guerre ideologiche che hanno caratterizzato la vicenda anche in quest'ultima occasione e riportare la dialettica, anche dottrinale, in un contesto più sobrio di valutazione delle dinamiche risarcitorie e macroeconomiche del sistema.
Non vorremmo insomma trovarci ancora ad assistere ad un'altra commedia delle parti in stile Shakespeariano e così scoprire, assieme alla verità che la bella Ero, protagonista della nota commedia, non è morta, che il lieto fine è sempre più facile da vivere di quanto appaia.
Così quando ancora ci chiederanno una opinione sulla praticabilità della via normativa alla liquidazione del danno alla persona, memori dell'insegnamento del geniale commediografo, potremo rispondere diversamente dall'ambiguo personaggio della storia che, alla richiesta di Claudio di un parere sulle virtù della bella Ero sua promessa sposa, rese responso incongruo ed insincero:
«Allora, per la verità, mi sembra troppo bassa per un'alta lode, troppo scura per una chiara lode, e troppo piccola per una grande lode. Solo questo posso riconoscerle di buono, che se fosse diversa da com'è, non sarebbe bella, e che, essendo com'è, non mi piace».



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