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L'Italia, prima a mappare le collezioni d'impresa

Il nostro è il primo Paese ad aver misurato il fenomeno delle corporate art collections, grazie ad una ricerca sostenuta da Axa Art e presentata ieri a Roma, che dimostra il grande potenziale di questo strumento, ancora poco utilizzato dalle aziende a fini comunicativi

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Le corporate collections sono un fenomeno giovane, ma in evoluzione. E' quanto emerge dall'indagine sostenuta da Axa Art e realizzata in collaborazione con l'istituto di ricerca Makno, che ha misurato, per la prima volta, il comparto delle collezioni d'impresa nel nostro Paese.

Sono state prese in considerazione 259 realtà, solo 105 delle quali si sono riconosciute nella definizione di collezione corporate: si tratta di organizzazioni che appartengono, per il 40% al mondo dell'impresa, per il 37% al settore bancario (di cui un 29% legato a una fondazione e l'8% a istituti di credito), per l'11% al comparto degli studi professionali e per il residuale 11% alle fondazioni di origine non bancaria.

"La ricerca - spiega Mario Abis, presidente di Makno - consente di comprendere le logiche che regolano il sistema delle corporate collections per genesi e struttura, individuando le prospettive del comparto, non solo in termini di modelli di gestione operativa, ma anche per quanto riguarda gli aspetti legati alla comunicazione e all'impatto reputazionale sulle organizzazioni, sugli stakeholder e sul territorio di riferimento".

Proprio su quest'ultimo punto emerge dalla ricerca un ritardo da parte delle corporate collections italiane nel cogliere il proprio potenziale delle azioni di comunicazione verso i pubblici diretti interni ed esterni: sebbene il 58% degli intervistati dichiari di utilizzare le opere come strumento di caratterizzazione dell'immagine e dell'identità societaria, è ancora marginale (23%) l'utilizzo della corporate art collection al fine della promozione della responsabilità sociale d'impresa.

Il sistema delle collezioni d'impresa in Italia è ancora relativamente giovane e destrutturato, ma il comparto appare in rapida evoluzione: il 90% del campione ha infatti ampliato la propria collezione negli ultimi dieci anni e il 67% intende farlo nei prossimi cinque. Per quanto riguarda la valorizzazione espositiva, circa la metà delle realtà intervistate dispone di spazi dedicati, nel 60% dei casi fruibili al pubblico. Di contro, dal lato della valorizzazione economica, poco meno della metà del campione effettua in maniera costante un aggiornamento della stima del valore delle opere anche nel caso di collezioni importanti (il 24% delle collezioni censite ha valore superiore ai 5 milioni di euro). Sorprende inoltre l'assenza - riscontrata nella maggior parte del campione censito - di una pianificazione adeguata per quel che riguarda gli aspetti della acquisizione di nuove opere, della conservazione e della protezione assicurativa Fine Art.
Tra le realtà che hanno partecipato alla ricerca e che rappresentano esempi virtuosi di gestione delle Corporate Collections, l'azienda vinicola Castello di Ama, la Fondazione Ermanno Casoli, lo studio legale associato NCTM che ospita il convegno.

"L'indagine - sottolinea Andrea Dusio, direttore di Culture, nuova realtà che opera nell'ambito della valorizzazione e del riposizionamento dell'investimento dell'impresa in cultura- dimostra che la realtà delle collezioni d'impresa in Italia non è all'anno zero. Numerose sono le organizzazioni che si muovono già dentro gli schemi che caratterizzano il contesto globale della valorizzazione e della comunicazione delle Corporate Art Collection. Occorre però lavorare sin da subito per creare un'opportunità di confronto tra le imprese che possiedono una propria collezione e i soggetti istituzionali, per dare alla misurazione del valore di questo patrimonio anche una dimensione sociale, pubblica e partecipata".

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