Insurance Trade

Bonis nocet qui malis parcet: riflessioni sul sistema del bonus/malus nella Rc auto

Partendo dall’analisi della funzione sociale ed educativa dell’assicurazione auto, l’avvocato e giurista Maurizio Hazan approfondisce la necessità di un ripensamento di tutto il meccanismo che ha regolato fin qui il sistema

Bonis nocet qui malis parcet: riflessioni sul sistema del bonus/malus nella Rc auto hp_vert_img
La moderna assicurazione danni è andata assumendo, specie nell’ultimo decennio, una funzione sempre più orientata all’educazione dei consociati alla conoscenza, prevenzione e miglior gestione dei loro rischi. La finalità indennitaria, pur rilevantissima nel momento in cui un sinistro si verifica, sembra quasi passare in secondo piano rispetto a quella più lata di protezione che un assicuratore etico è oggi tenuto ad assolvere nel pensare a soluzioni di copertura adatte ai propri target market di riferimento. Molte delle regole stigmatizzate nella direttiva Idd (e nella normativa primaria e secondaria che vi ha fatto seguito) pongono in primo piano il dovere dei distributori assicurativi di analizzare coscienziosamente i demands and needs dei loro clienti, in modo tale da consentir loro di comprendere al meglio il perimetro dei loro rischi e di poter scegliere soluzioni assicurative effettivamente calzanti alle loro esigenze di protezione. 
Al di là dei principi a cui l’attività degli assicuratori deve ispirarsi nell’interesse della clientela, specie se non professionale (best interest, value for money, know your customer rule ecc.), la concezione più educativa/preventiva/protettiva dell’assicurazione danni (rispetto alla tradizionale visione indennitaria) tende anche a una maggior coinvolgimento degli assicurati, chiedendo loro una gestione responsabile dei propri rischi: l’esistenza di una copertura assicurativa non deve costituire pretesto per un abbassamento della soglia di attenzione, ma semmai un incentivo a tenere condotte virtuose tali da diminuire il rischio di danno, in ossequio a una regola elementare che può sintetizzarsi nella formula tralatizia “meglio prevenire che curare”. 

UN ADEGUATO LIVELLO DI COOPERAZIONE
In sintesi, e per dirla in altri termini, un cliente che sappia governare al meglio il proprio rischio migliorerà la qualità della propria vita (o delle proprie attività), esponendosi a minori pericoli (di danni) e, conseguentemente, riuscendo più agevolmente ad accedere a coperture assicurative più economiche. Per questa ragione è richiesta ai clienti/assicurati un adeguato livello di cooperazione, non solo nella fase assuntiva e precontrattuale, ma durante tutta la vita del contratto, come compartecipazione attiva al rischio e alle sue conseguenze in caso di sinistro. Franchigie, scoperti, limiti di massimale sono gli strumenti che normalmente servono a responsabilizzare l’assicurato, esponendolo in parte alle conseguenze negative di un dato sinistro, nella misura in cui lo stesso non è integralmente coperto dalla polizza. Ma vi possono essere anche meccanismi di incentivazione alla miglior gestione del rischio che consentano all’assicurato un risparmio sul premio in funzione del livello di diligenza e attenzione dallo stesso dimostrato nel governare al meglio le proprie vicende di rischio. L’idea, di fondo, è che l’assicuratore moderno non sia soltanto il pagatore di ultima istanza, nel caso in cui le cose vadano male, ma sia anzitutto un partner fidato del proprio cliente, nell’ambito di un rapporto in cui tutti mirino, anzitutto, a evitare un danno piuttosto che a indennizzarlo, una volta verificatosi. 

L’ASSICURAZIONE PER TUTTI
Tali ragionamenti valgono, a fortiori, nel settore delle responsabilità obbligatoriamente assicurate, in cui gli interessi in gioco si dilatano, andando oltre al rapporto binario compagnia/assicurato, nel segno di una funzione sociale di ben più ampio respiro. 
L’assicurazione della Rc automobilistica ne costituisce esempio paradigmatico, non solo per la rilevanza del mercato di riferimento, ma per la sua vocazione sostanzialmente universalistica, che esprime indirettamente la vera ragione della centralità del ruolo attribuitole dal legislatore: un ruolo che, al di là della tutela del patrimonio dei potenziali responsabili civili (dal rischio attivo di cagionare danni), mira prioritariamente alla protezione dei terzi danneggiati (dal rischio passivo di subirli). Le vittime dei sinistri della strada sono, dunque, i primi soggetti riguardati e tutelati dalla disciplina assicurativa obbligatoria. Così, proteggendo chiunque (in quanto ognuno è esposto al rischio passivo della circolazione stradale), può comprendersi perché l’assicurazione della Rc auto possa definirsi anche come l’assicurazione per tutti. E in questo senso, valgano le eloquenti dichiarazioni di principio poste in apertura (Considerando 1) della direttiva 20121/2188/EU che modifica la precedente direttiva 2009/103/CE e che ben chiarisce come l’assicurazione autoveicoli rivesta una particolare importanza per i cittadini europei, sia in quanto contraenti sia come potenziali persone lese a seguito di un sinistro. 
Questa particolare categoria assicurativa rivela dunque una natura sostanzialmente bifronte, ponendo negli avamposti il rapporto diretto che fa dell’assicuratore una sorta di nuovo responsabile per il terzo danneggiato, e lasciando un poco in controluce il rapporto negoziale tra l’impresa e il proprio assicurato.

LA RICERCA DI CONDOTTE VIRTUOSE
La missione dell’assicurazione obbligatoria automobilistica è anche, e forse prima di tutto, quella di mettere il più possibile in sicurezza la circolazione stradale, stimolando condotte virtuose proprio attraverso il particolare atteggiarsi della disciplina assicurativa di legge e le regole dalla stessa imposte al fine di responsabilizzare gli assicurati (i proprietari dei veicoli) attraverso specifici meccanismi di compartecipazione al costo del rischio. Ci riferiamo alle formule tariffarie che, in ossequio proprio a esigenze superiori pubblicistiche di educazione alla sicurezza stradale, prevedono che gli assicurati risentano, nel bene o nel male, degli effetti della loro minore o maggior sinistrosità (o attraverso l’applicazione di franchigie o mediante meccanismi che condizionino il livello di premio all’andamento della sinistrosità dell’assicurato). Il tutto passando per il tramite della classificazione degli assicurati in classi di merito universali che dovrebbero riflettere in modo omogeneo la storia sinistri di ciascun assicurato, riportandola nell’attestato di rischio (e cioè nel documento che identifica la situazione di rischio del proprietario di un dato veicolo, evitando che la stessa si disperda nel passaggio da una compagnia all’altra e consentendo che la stessa sia valorizzata nella costruzione della tariffa a lui applicabile). 
Qualche approfondimento, al riguardo, merita di esser svolto. 

1 – REGOLE TARIFFARIE E BONUS/MALUS: I PRINCIPI DI BASE
La regola di cui sopra è sancita nell’articolo 133 del Cap, che impone alle imprese assicurative l’obbligo di determinare, secondo specifiche formule tariffarie, le proprie soluzioni contrattuali Rca per la circolazione dei ciclomotori, dei motocicli, delle autovetture o di altre categorie di veicoli a motore individuati con regolamento dall’Ivass. In forza di tale disposizione i contratti di assicurazione della Rca possono essere stipulati con clausole che prevedano una tariffa bonus/malus, “oppure in base a clausole di franchigia che prevedano un contributo dell’assicurato al risarcimento del danno o in base a formule miste tra le due tipologie”.
Ognuna di tali clausole persegue l’obiettivo di fondo di cui si è detto, e cioè quello di rendere l’assicurato in qualche modo compartecipe del rischio e ciò nell’auspicio di ottenere un effetto virtuoso indiretto che riduca sensibilmente il moral hazard e la tenuta di condotte disinibite alla guida da parte dell’assicurato medesimo. Secondo quanto disposto dalla normativa, le clausole bonus/malus rappresentano quelle condizioni contrattuali in base alle quali “a ogni scadenza annuale la variazione in aumento o in diminuzione del premio applicato all’atto della stipulazione o del rinnovo” viene commisurata “in relazione al verificarsi o meno di sinistri nel corso di un certo periodo di tempo” non inferiore a dodici mesi (definito periodo di osservazione – vedi articolo 7 del Regolamento Isvap, n. 4). 
In ragione di tale sistema tariffario il contratto assicurativo per la Rca viene periodicamente personalizzato e collocato in una scala di classi di merito crescenti, lungo la quale la posizione dell’assicurato potrà salire nel caso di assenza di sinistri (applicazione del bonus) e retrocedere nel caso contrario (applicazione del malus), secondo le regole evolutive predeterminate dalla compagnia. In corrispondenza del passaggio da una classe di merito all’altra il premio potrà quindi aumentare (se si passa a una classe di merito più bassa) o diminuire (se si passa a una classe di merito più alta) secondo predeterminati coefficienti di variazione. Il principio della libertà tariffaria consente alle imprese di regolare contrattualmente tali meccanismi evolutivi: tuttavia il fine anche pubblicistico della disposizione e l’esigenza che la storia sinistri di ciascun assicurato non si disperda nel passaggio da una compagnia all’altra, ha indotto il legislatore a individuare un minimo comune denominatore in cui inserire ciascun assicurato in base alla sinistrosità osservata nel loro attestato di rischio. È questo il sistema delle classi universali di merito, che consentono, appunto, a ciascun assicurato di essere identificato e classificato in termini assoluti, a prescindere dai criteri di evoluzione adottati da ciascuna impresa nell’ambito delle proprie personali politiche tariffarie. In questo senso si deve distinguere tra le classi di merito universali e le sottoclassi di merito interne. Le prime, sottoposte a regole evolutive proprie, consentono dunque di comparare con criteri omogenei (sinistrosità) le classi di rischio previste dai contratti di diverse imprese assicurative (vedi Allegato 2 del Regolamento Isvap, n. 4). 

RISCHIO DI DISTORSIONI APPLICATIVE
A tal proposito le imprese assicurative sono tenute ad adottare un sistema a doppio binario (classi interne e classi CU) in modo che nella documentazione fornita al cliente (attestazione sullo stato del rischio) venga indicata anche la classe di merito acquisita in virtù dei criteri evolutivi dettati dall’autorità di vigilanza (si veda la tabella evolutiva definita da Isvap nell’nell’Allegato 2 del Regolamento Isvap n. 4). 
In tal modo a ogni classe di merito interna contrattualmente prevista corrisponderà sempre una classe di merito universale dell’assicurato (indicata nell’attestato di rischio), a cui tutte le compagnie potranno far riferimento per classificare il livello di rischio in fase di stipula di un nuovo contratto con formula bonus/malus. 
Ovviamente, tale distinzione potrebbe portare, ove non correttamente gestita, ad alcune distorsioni applicative tali da snaturare la funzione (meritocratica, per definizione) dell’istituto. A tal fine l’articolo 133 è stato integrato (con la legge del 4 agosto 2017, n. 124, in Gazzetta Ufficiale 14/08/2017, n.189) dal comma 1 bis, in forza del quale: “È fatto divieto alle imprese di assicurazione di differenziare la progressione e l’attribuzione delle classi di merito interne in funzione della durata del rapporto contrattuale tra l’assicurato e la medesima impresa, ovvero in base a parametri che ostacolino la mobilità tra diverse imprese di assicurazione. In particolare, le imprese di assicurazione devono garantire al soggetto che stipula il nuovo contratto, nell’ambito della classe di merito, le condizioni di premio assegnate agli assicurati aventi identiche caratteristiche di rischio”.

LEGGE BERSANI E RCA FAMILIARE
In realtà, lo vedremo tra breve, il sistema delle sottoclassi di merito, oltre che informato al principio della libertà tariffaria, si è andato sviluppando per rimediare, in qualche modo, al drastico appiattimento, tutt’altro che meritocratico, che ha inquinato lo schema causale del bonus/malus per effetto della disciplina (soi disant) liberalizzatrice progressivamente introdotta da una serie di provvedimenti normativi del tutto incoerenti allo scopo funzionale che integra la ratio dell’articolo 131 del Cap Ci riferiamo in particolare alla modifica a opera delle disposizioni del pacchetto Bersani, in vigore dal 2007 (dl n. 7/2007), che consentiva di attribuire a ogni nuova auto che entrasse nel nucleo familiare la migliore classe di merito maturata dai veicoli posseduti in famiglia e all’articolo 55 bis del cosiddetto decreto fisco, introdotto dalla legge di conversione del decreto (il n. 124/2019), norma sulla cosiddetta Rc auto familiare.

2 – ALCUNE PRIME NOTAZIONI CRITICHE
Abbiamo detto e sottolineato a più riprese che il sistema bonus/malus troverebbe giustificazione per motivi di interesse generale in quanto finalizzato al perseguimento di obiettivi di prevenzione degli incidenti stradali. Si tratta di un obiettivo sacrosanto, tanto più a fronte del moderno atteggiarsi dell’assicurazione danni, che mira (lo abbiamo visto) alla prevenzione del rischio (e del sinistro) prima ancora che all’indennizzo. 
Senonché vi sono ragioni strutturali e congiunturali che ci portano a dire, senza tema di troppa smentita, che l’attuale configurazione del bonus/malus non soddisfa affatto le esigenze e gli scopi che dovrebbero sostenerlo. Già nel 2012 la Commissione Europea si diceva per nulla certa “che l’obiettivo principale perseguito dai sistemi bonus/malus sia la diminuzione degli incidenti stradali. Ci si può infatti chiedere se la prospettiva di un malus che rischia di maggiorare il premio alla prossima scadenza abbia realmente l’effetto di incitare alla prudenza o se non induca piuttosto a una riluttanza il consumatore, a non dichiarare tutti i sinistri da lui causati e ad assumerne costi, a proprio carico il che si traduce per l’assicuratore in una minore frequenza dei sinistri dichiarati ma non corrisponde ad una diminuzione reale della sinistrosità”. Ma al di là di tale stimolante riflessione, ve ne sono altre certamente (almeno) altrettanto centrate.

3.1 – SOTTO IL PROFILO STRUTTURALE 
Vi è anzitutto da chiedersi se il giudizio di merito che sottostà al (e che, anzi, presiede il) sistema del bonus/malus possa (ancora oggi) essere davvero correttamente espresso avendo in considerazione il numero di sinistri indennizzato dall’assicuratore durante il periodo di osservazione considerato dall’attestato di rischio. 
Quel che vogliamo dire è che la disciplina dell’assicurazione obbligatoria della Rc auto (e la stessa regola sostanziale di responsabilità sottostante, prevista dall’articolo 2054 c.c.) sono state orientate, e sono state piegate dalla giurisprudenza, verso un sempre maggiore allargamento dell’ombrello protettivo, a favore dei terzi danneggiati. Operando come una sorta di regolatore mutualistico delle “esigenze di solidarietà sociale” di cui all’articolo 2 della Costituzione (si veda in questo senso Corte Costituzionale, 29 marzo 1983, n. 77) l’assicuratore privato deve sottostare a principi e finalità eminentemente rivolte alla tutela degli utenti della strada. In questo senso, del resto, si è a più riprese espressa la Suprema Corte negli ultimi anni. Già nel 2015, la Corte (Cassazione a Sezioni Unite, Cassazione a Sezioni Unite, 29 aprile 2015, n. 8620) aveva affrontato il tema afferente alla perimetrazione oggettiva dell’assicurazione obbligatoria della Rc auto, con specifico riferimento alla nozione di circolazione stradale: una nozione che la Suprema Corte ha elaborato avendo cura di estenderne il più possibile la portata, proprio in vista della necessità di ampliare, anziché restringere, il campo di applicazione dello statuto protettivo dei potenziali terzi danneggiati. Statuto a sua volta correlato a una responsabilità di posizione connessa all’intrinseca pericolosità della circolazione stradale, quale fenomeno la cui centrale rilevanza socioeconomica postula la necessità di tutelare adeguatamente i potenziali danneggiati, nell’ambito, come detto, di un sistema di cautele opportunamente calibrato. In questo contesto, peraltro, può risultare sin d’ora interessante osservare come, alzando lo sguardo verso scenari prospettici sempre più vicini, l’affermazione di una tale responsabilità per rischio, saldamente connessa al fatto stesso dell’utilizzo del veicolo (secondo la nota regola del cuius commoda eius et incommoda), potrà probabilmente consentire di mantenere gli attuali assetti assicurativi anche in relazione alla futura messa in circolazione dei cosiddetti veicoli automatizzati senza guidatore, essendo largamente ipotizzabile, pro futuro, il mantenimento, in capo al proprietario del veicolo, di una identica responsabilità di posizione (in affiancamento a quella della casa di produzione della vettura e/o della sua componente elettronica automatizzata). 

UN CASO PARTICOLARE DI ATTIVITÀ PERICOLOSA
A ben vedere, peraltro, il principio di protezione degli utenti della strada dal rischio endemicamente connesso al fenomeno circolatorio si colloca non tanto (o, meglio non solo) nella disciplina dell’assicurazione obbligatoria della Rc auto, quanto soprattutto nella norma sostanziale di responsabilità su cui quell’assicurazione si appoggia. In questo senso si deve intendere quanto precisato dalle Sezioni Unite già nel 2015, nella parte in cui chiariscono che la disciplina di cui all’articolo 2054 c.c. costituisce un’applicazione della regola generale posta dal precedente articolo 2050 c.c., “nel senso che la circolazione dei veicoli è stata considerata dal legislatore un caso particolare di attività pericolosa” in cui è insito un rischio di posizione del proprietario del veicolo, al quale, seppur con le necessarie distinzioni, è correlato.
Il lavoro compiuto dalla giurisprudenza di legittimità negli ultimi anni sul concetto di circolazione obbligatoriamente assicurata finisce per toccare non soltanto gli elementi speciali e peculiari della disciplina dell’assicurazione obbligatoria (quella della Rc auto) ma anche, e forse soprattutto, quelli della norma sostanziale di riferimento, l’articolo 2054 c.c., la cui portata oggettiva viene letta in modo estensivo, con finalità protettive e di migliore e più corretta allocazione dei rischi insiti nella circolazione stradale. Così, l’ampliamento del concetto di circolazione di cui al primo comma dello stesso articolo 2054 c.c. induce, per relationem, un consequenziale allargamento dello statuto protettivo offerto all’assicurato e ai terzi danneggiati dalle coperture obbligatorie dei mezzi circolanti. 

L’IRRILEVANZA DEL RISCHIO STATICO O DINAMICO
Il quadro che se ne ricava è, dunque, particolare: tanto la norma sostanziale di riferimento (articolo 2054 c.c.) quanto quella assicurativa (articoli 122 e successivi del Cap) finiscono per comporre un sistema ordinamentale improntato, da un lato, alla responsabilizzazione dei proprietari e conducenti dei mezzi circolanti (in quanto ontologicamente pericolosi) e, dall’altro, alla miglior protezione dei terzi danneggiati, attraverso la garanzia assicurativa di quella responsabilità (e, in taluni casi, dei danni in quanto tali). 
Si consideri, al riguardo, anche l’assoluta irrilevanza, ai fini dell’obbligo assicurativo, della distinzione tra rischio statico e dinamico della circolazione, dal momento che, secondo una giurisprudenza sostanzialmente unanime, il concetto di circolazione stradale ricomprende sia lo stato di movimento, sia la situazione di arresto o di sosta di un veicolo su strada o area pubblica di pertinenza della stessa. Il tutto avendo cura di precisare come tale conclusione valga anche quando non vi sia al posto di guida una persona che abbia l’effettiva “disponibilità dei congegni meccanici atti a determinare il movimento”: il conducente, invero, deve sempre porre in essere tutti gli accorgimenti necessari per evitare danni a terzi fin quando il mezzo di trovi in strada, anche quando si allontani dal veicolo lasciato in sosta. Ecco perché nel concetto di circolazione (e, quindi, nella copertura assicurativa obbligatoria) rientra anche quell’evento dannoso derivante dalla movimentazione degli sportelli a veicolo fermo o, più in generale, da qualsiasi attività prodromica alla messa in marcia e alla circolazione, dovendosi affermare “la presunzione di responsabilità del proprietario e del conducente ex art. 2054 c.c., eventualmente in solido con il terzo trasportato, responsabile ex art. 2043 c.c., per l’imprudente apertura dello sportello”.
Insomma, il concetto di circolazione stradale, già in seno all’articolo 2054 c.c., va interpretato in modo del tutto scisso dalle evocazioni dinamiche che il sintagma pur implicherebbe, ove considerato dal punto di vista strettamente letterale. La garanzia assicurativa viene dunque a vestire quel concetto allargato e non può ritenersi operante solo quando non si tratti di veicoli a motore oppure qualora venga meno il collegamento causale con la circolazione stradale, per l’intervento di una causa autonoma sopravvenuta (ivi compreso il fortuito) di per sé sufficiente a determinare l’evento dannoso, come il fatto doloso del terzo che abbia dato alle fiamme un’autovettura regolarmente parcheggiata in una pubblica via. 
Autentico fil rouge di una tal corrente di pensiero è (lo abbiamo detto più volte) la considerazione secondo cui la guida di un veicolo comporta l’assunzione di rischi intrinseci, mentre l’utilizzazione di un mezzo dotato di un certo grado di pericolosità impone al conducente un completo controllo del mezzo stesso in ogni sua fase, sia di arresto che di sosta. 

L’AFFERMAZIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA
Ferme tali coordinate, può esser meglio compresa la portata (e la ratio) della recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, depositata il 30 luglio 2021, n. 21983, che ha sovvertito i precedenti orientamenti in tema di interpretazione dell’articolo 122 del Codice delle assicurazioni, stressando oltremodo la nozione di circolazione ivi contenuta e legata all’obbligo assicurativo, e affermando che l’obbligo assicurativo deve ritenersi sussistente anche nel caso di sinistro avvenuto in area privata (con conseguente esperibilità dell’azione diretta contro l’assicuratore del veicolo responsabile). Conclusione, tale ultima, consonante con la presa di posizione della Corte di Giustizia Europea la quale, nel ricostruire la portata delle direttive UE sull’assicurazione degli autoveicoli, e in particolare la prima direttiva n. 72/166/CEE, ha ormai stabilmente collegato l’obbligo assicurativo di Rca all’utilizzo del veicolo quale mezzo di trasporto, a prescindere dal tipo di accessibilità della strada su cui avvenga (tra le tante pronunce della Cdg si vedano quella del 28 novembre 2017, causa C-514/16 e quella del 4 settembre 2018, causa C-80/17). 
Inutile andar oltre, ai fini della presente indagine. 

LA SINISTROSITÀ NON BASTA
Quel che può, a nostro parere, ricavarsi con certezza è che in un sistema di responsabilità para oggettiva, obbligatoriamente assicurata da coperture dal perimetro oggettivo sempre più esteso a tutela dei terzi, la valutazione meritocratica che dovrebbe sostenere il sistema tariffario del bonus/malus (e il principio della responsabile compartecipazione al rischio di cui all’articolo 133 del Cap) non sembra adeguatamente soddisfatta dal solo ed esclusivo riferimento alla sinistrosità del proprietario del veicolo. 
Ciò proprio perché tale sinistrosità potrebbe dipendere da fattispecie di responsabilità poco, o niente affatto, correlate alla diligente gestione del rischio di circolazione, e al contrario derivare da fattispecie di responsabilità sostanzialmente oggettive e senza colpa.
Il tutto senza considerare che, di base, e anche al netto delle evoluzioni protezionistiche degli ultimi decenni, la regola di responsabilità di cui all’articolo 2054 c.c., in caso di scontro tra veicoli, è anch’essa fondata su logiche presuntive (di corresponsabilità paritetica) che davvero non riflettono l’effettiva diligenza o negligenza della condotta di guida dei conducenti coinvolti. 
È forse anche per tali ragioni che il legislatore, proprio al fine di recuperare l’effettiva portata della regola meritocratica ed evitare che da ogni sinistro possa asetticamente derivare l’applicazione del malus, ha previsto all’articolo 134, comma 4-ter del Cap che “le imprese di assicurazione non possono applicare alcuna variazione di classe di merito prima di aver accertato l’effettiva responsabilità del contraente, che è individuata nel responsabile principale del sinistro, secondo la liquidazione effettuata in relazione al danno e fatto salvo un diverso accertamento in sede giudiziale. Ove non sia possibile accertare la responsabilità principale, ovvero, in via provvisoria, salvo conguaglio, in caso di liquidazione parziale, la responsabilità si computa pro quota in relazione al numero dei conducenti coinvolti, ai fini della eventuale variazione di classe a seguito di più sinistri”. 
Tale aggiustamento, tuttavia, non pare risolutivo, né tale da rendere davvero solido il nesso di correlazione meritocratica tra la sinistrosità da Rc auto e la gestione responsabile e diligente del relativo rischio.

3.2 – SOTTO IL PROFILO PRATICO E CONGIUNTURALE: L’ATTUALE INADEGUATEZZA 
Altre sono le riflessioni che consentono di osservare come il sistema attuale del bonus/malus, lungi dall’assolvere le proprie funzioni di deterrenza e di classificazione meritocratica degli assicurati, mostri oggi limiti che ne ridimensionano, di fatto, scopo e portata. 
E varie sono le ragioni che hanno condotto a tale depotenziamento, in fatto e in diritto, della formula (che peraltro il modello di contratto base di cui al dm 54/2020, in attuazione dell’articolo 22 del dl 18 ottobre 2012, n. 179, continua a considerare come formula tariffaria di riferimento, in sincrono con la guida libera). 
In primo luogo, partendo da un tema minore, può osservarsi come la funzione pubblicistica dell’attestato e della rilevazione meritocratica sia messa in discussione dalla possibilità, pacificamente ammessa, di introdurre nel contratto le cc. dd. clausole di riscatto sinistro che prevedono la facoltà del contraente di evitare le penalizzazioni tariffarie, rimborsando i sinistri pagati a titolo definitivo dalla compagnia. Solitamente, tale facoltà viene esercitata dal contraente quando l’aumento del premio derivante dal sinistro causato risulti superiore al (modico) valore economico dei danni da esso derivanti. Per quanto si tratti di un meccanismo che interessa per lo più sinistri di modesta entità (quelli in relazione ai quali può convenire al cliente di pagare il danno anziché subire l’aumento del premio), non vi è dubbio che tale facoltà di riscatto inquina la fedeltà della storia sinistri riportata nell’attestato di rischio. 

I NUOVI SERVIZI NELL’AUTOMOTIVE
Va poi osservato come l’articolo 134 (in consonanza con l’articolo 122) riferisca la classificazione meritocratica al proprietario (ovvero agli altri soggetti a quello equiparato: l’usufruttuario, l’acquirente con patto di riservato dominio o il locatario in caso di locazione finanziaria). Le tre ipotesi devono ritenersi tassative e non estensibili per analogia ad altri casi di trasferimento in capo a terzi della disponibilità del mezzo; sarà dunque il proprietario, e non, ad esempio, il conduttore, o il comodatario o il mandatario alla vendita o il depositario, a continuare a rispondere in proprio e a dover fornire la prova liberatoria di cui all’articolo 2054, comma 3, c.c. (e a doversi obbligatoriamente) assicurare. Ciò porta, inevitabilmente, ad analizzare sotto un differente angolo visuale l’evoluzione della circolazione stradale e delle stesse, sempre nuove e sempre diverse, modalità di accesso alla disponibilità di mezzi circolanti. Col passare degli anni e il diffondersi di servizi globali destinati all’automotive sta assumendo sempre maggiore importanza il mercato delle cosiddette locazioni di lungo periodo, aventi a oggetto il godimento di un dato veicolo per un periodo di tempo sovente annuale ma più spesso pluriennale, dietro corresponsione di un canone periodico (il più delle volte mensile) comprensivo non solo del prezzo pattuito per l’utilizzo del mezzo ma anche del compenso richiesto per una serie di servizi accessori e complementari. 
Anche in questa fattispecie, come nel leasing, il governo del veicolo si trasferisce integralmente, e per un arco di tempo duraturo, al locatario. Questi, peraltro, potrebbe non essere il conducente (o meglio il materiale utilizzatore del bene), e in effetti sovente non lo è, essendo prevalente il caso in cui la formula della locazione di lungo termine sia stipulata da una casa automobilistica o da una società di locazione con un’impresa o un ente per intere flotte di veicoli, ciascuno dei quali destinati a singoli utilizzatori individuati dal locatario: si pensi alle cosiddette flotte aziendali, in relazione alle quali il contraente/ locatario è l’ente datoriale mentre i singoli utilizzatori sono i suoi dipendenti (e talvolta altri appartenenti al loro nucleo familiare). 
Ciò che differenzia il renting dal leasing è il fatto che a fine rapporto non sia normalmente previsto un prezzo di riscatto o di acquisto del veicolo e che i servizi accessori nei leasing possono mancare (mentre nella locazione a lungo termine costituiscono un elemento caratteristico della fattispecie negoziale, costruita propria al fine di evitare al locatario di affrontare in proprio i normali oneri d’uso). Al di là di tale differenza, è il locatario tenuto alla custodia dei beni a doverne controllare il corretto utilizzo da parte dei singoli utilizzatori ai quali sono in concreto affidati nell’uso quotidiano. Vi è da chiedersi, perciò, perché qui non si registri alcun dubbio teorico e perché non si ponga almeno l’esigenza di dover prendere atto della diffusione di tale nuova forma negoziale, rispetto alla quale può mettersi in discussione la regola di base, secondo la quale continua a ritenersi pacificamente impegnata la responsabilità del proprietario, in solido con quella dei singoli conducenti, e non invece quella del locatario. Il car sharing è altro fenomeno che, pro futuro, potrà modificare, e di molto, le sorti della Rc auto, costringendo a ripensare il mercato e le stesse configurazioni di prodotto e di tariffa. 
Tale forma di mobilità, il cui sviluppo si è arrestato in tempo di pandemia, è destinato probabilmente a rispandersi con una certa rapidità soprattutto nelle aree di circolazione dei grandi centri urbani. 
Qui non vi è dubbio che la responsabilità del locatore/ proprietario, da ricondurre a un rischio di impresa, debba essere mantenuta, e con essa la relativa assicurazione obbligatoria; ma vi è da chiedersi quale meccanismo tariffario possa ritenersi più idoneo a coinvolgere e responsabilizzare, oltre alla società di noleggio, anche i singoli utenti, il cui rischio di sinistrosità potrebbe essere sensibilmente diverso rispetto a quello di cui i medesimi si renderebbero portatori laddove guidassero veicoli di loro proprietà.
È poi doveroso, in ottica (non soltanto) prospettica occuparsi del tema della guida autonoma, ma sul punto torneremo tra breve.

GLI IMPATTI DISTORSIVI
Rimane da considerare, dal punto di vista congiunturale, il noto impatto distorsivo delle riforme liberalizzatrici in tema di bonus familiare, mosse da una (forse) demagogica dichiarazione di principio, volta a favorire l’accesso all’assicurazione obbligatoria della Rc auto a condizioni di premio favorevoli, attraverso la (sostanziale) spersonalizzazione dell’attestato di rischio e la possibilità di avvalersi, all’interno di un dato nucleo familiare, della classe di merito più favorevole maturata su un veicolo di proprietà di un componente stabilmente convivente (di quel nucleo familiare). 
Si parla, ovviamente, del nuovo articolo 134, comma 4-bis del Cap (modificato dal dl 124/2019), a mente del quale: “L’impresa di assicurazione, in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contratto e in tutti i casi di rinnovo di contratti già stipulati, purché in assenza di sinistri con responsabilità esclusiva o principale o paritaria negli ultimi cinque anni, sulla base delle risultanze dell’attestato di rischio, relativi a un ulteriore veicolo, anche di diversa tipologia, acquistato dalla persona fisica già titolare di polizza assicurativa o da un componente stabilmente convivente del suo nucleo familiare, non può assegnare al contratto una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall’ultimo attestato di rischio conseguito sul veicolo già assicurato e non può discriminare in funzione della durata del rapporto garantendo, nell’ambito della classe di merito, le condizioni di premio assegnate agli assicurati aventi le stesse caratteristiche di rischio del soggetto che stipula il nuovo contratto”. 
La disciplina del bonus/malus aveva già subito una importante modifica ad opera delle citate disposizioni del pacchetto Bersani, in vigore dal 2007 (dl n. 7/2007), che consentiva di attribuire a ogni nuova auto che entrasse nel nucleo familiare la migliore classe di merito maturata dai veicoli posseduti in famiglia. La nuova norma sulla cosiddetta Rc auto familiare ne ha esteso la portata, prevedendo che il beneficio Bersani sia utilizzabile sia in caso di nuovi contratti Rca, sia in caso di rinnovi; e che quello stesso beneficio sia applicabile anche per veicoli non più necessariamente della stessa tipologia (a condizione che l’assicurato non abbia cagionato sinistri negli ultimi cinque anni). Si tratta, all’evidenza, di una ristrutturazione sistematica che, mossa da logiche di contenimento dei premi (specie per i più giovani) finisce per snaturare il bonus/malus e tradire, con una certa violenza, la ratio (mai venuta meno…) dell’articolo 133 del codice elle assicurazioni, consentendo a soggetti (che altrimenti non ne avrebbero diritto) di fruire di classi di merito che, in realtà, non fotografano affatto la loro sinistrosità. Il concetto di auto familiare, come centro unitario di imputazione dei rischi di conduzione di un dato veicolo, può aver senso nella misura in cui tale veicolo sia effettivamente utilizzato da tutta la famiglia (e non sia dunque assicurato con guida esperta o esclusiva…) e, soprattutto, a patto che la relativa classificazione di rischio sia condizionata in senso pieno, e non solo favorevole, dagli andamenti della sinistrosità familiare. Il che oggi non avviene. Con l’effetto, a tutti noto, di una sostanziale sterilizzazione e appiattimento verso l’alto del sistema di classificazione di merito, a cui le imprese hanno reagito (in modo più o meno corretto) cercando nuove movimentazioni meritocratiche attraverso il gioco delle proprie sottoclassi di merito aziendali. 

LO STATO DELL’ARTE
In sintesi, volendo meglio puntualizzare le incongruenze che oggi connotano un sistema, quello del bonus/malus, decisamente contaminatosi rispetto alle proprie iniziali coordinate, possiamo provare a tracciare un agile quadro dello stato dell’arte per come oggi si presenta per effetto dei vari interventi di riforma succedutisi nel tempo. 

1. Rimanendo ancorati alla sola formula di bonus/malus, questa si basa, come detto, su poche, e apparentemente semplici regole: i) le compagnie devono predisporre una scala di classi merito per classificare i propri clienti; ii) il cliente (inteso come proprietario o assimilato ex art. 2054 c.c. o art. 122 del Codice delle assicurazioni) è classificato in funzione del contenuto di un documento a valenza collettiva (l’attestato di rischio, Atr) che gli funge da patentino; iii) nel caso di cliente nuovo in ingresso o in uscita, esiste una scala di merito universale (classi universali) che permettono di far dialogare le singole scale di merito delle singole compagnie (anche a fini pro-concorrenziali). In altri termini, il cliente nuovo entra in classe universale n. 14, e a seconda della storia sinistri, può andare più verso la n. 1 (la classe di miglior merito) o verso la n. 18 (la classe peggiore).
2. In sintesi: ogni cliente ha quindi una storia sinistri che permette di classificarlo in n. 18 classi di merito, da cui dipende la tariffa che gli sarà applicata. Il dato, si ripete, è ricavabile da un documento pubblico (contenuto in apposito database): l’Atr. Da qui la necessità in fase assuntiva (ai sensi dell’art. 132 Cap) che la compagnia acquisisca l’attestato dell’assicurato. Ciò al netto del sistema di sottoclassificazione interna proprio di ciascuna impresa.
3. A ogni classe corrisponde un maggiore o minore premio applicato al cliente. Attenzione, però: l’articolo 35 del Cap, norma apparentemente cardinale in tema di regole tariffarie, non prende alcuna posizione su come il bonus/malus incida sulla tariffa. La variabile potrebbe perciò, di fatto, essere sottopesata, annegandola entro una struttura tariffaria che dia maggiore attenzione ad altri elementi, quali ad esempio la variabile territorio, cioè quella di residenza dell’assicurato, senza distinguere tra assicurati virtuosi o meno (e dando luogo a quelle differenziazioni geografiche di trattamento che oggi si vorrebbero ridurre, se non evitare).

CRISI E CONTRADDIZIONI
L’apparente linearità di tale strutturazione meritocratica risulta però oggi totalmente in crisi. 

a. E invero, stando ai dati di mercato, la maggior parte degli assicurati italiani si trovano classificati in classe n. 1 (la migliore), pur con dati di sinistrosità che non riflettono certamente una tale virtuosa omogeneità meritocratica.
b. Questo trascinamento nella classe migliore è l’effetto delle due citate previsioni normative che hanno minato il funzionamento del sistema valorizzando, solo a beneficio del cliente, la storia sinistri del nucleo familiare e non del singolo, senza tuttavia prevedere l’opposto (cioè che se uno in famiglia è un cattivo guidatore ne pagano le conseguenze tutti). 
c. Dal 2018, come già detto, la regola è stata estesa anche al caso di rinnovo di polizza (e non solo di primo acquisto del veicolo da assicurare) e tra veicoli di diversa categoria. Il tutto creando un effetto lavatrice, tempo per tempo, a patto che il soggetto che richieda di fruire del beneficio, abbia a sua volta una storia assicurativa di un lustro senza sinistri.
d. Non solo: la legge concorrenza 2017 ha vietato discriminazioni tra vecchi e nuovi clienti in termini di assegnazione delle classi di merito interne, e ha imposto di praticare al cliente che utilizzi il bonus di poter fruire delle medesime condizioni di premio riservate a tutti gli altri soggetti che si trovino nella stessa classe di merito e abbiano le “medesime condizioni di rischio” (regola, quest’ultima, che si presta a facili elusioni). 

LA GENERICITÀ DELL’ATTESTATO DI RISCHIO
Non basta: anche a voler dimenticare queste distorsioni, da rapidamente rivedere o eliminare in toto, resta anche da ricordare che lo stesso attestato di rischio, sconta una genericità che ne depotenzia, e molto, la portata informativa. Secondo il Regolamento 9 di Ivass l’attestato riporta: “l’indicazione del numero dei sinistri pagati anche a titolo parziale, nei dieci anni anteriori alla scadenza del contratto, con distinta indicazione del numero dei sinistri con responsabilità principale e del numero dei sinistri con responsabilità paritaria, per questi ultimi con indicazione della relativa percentuale di responsabilità; la tipologia del danno pagato specificando se si tratta di soli danni a cose, di soli danni a persone o misto (danni sia a cose che a persone)”, ma senza distinguere un sinistro mortale o una micropermanente, non potendosi utilizzare le banche dati sinistri in sede assuntiva (almeno secondo una lettura stringente dell’art. 132 Cap).
Nulla è poi tracciato con riguardo alla condotta di guida del proprietario (ad esempio punti patente o multe ricevute). Se è vero che il proprietario non è necessariamente il conducente del veicolo (e non lo è sostanzialmente mai nelle flotte), questa informazione potrebbe comunque essere utile accedendo alle informazioni già esistenti nelle banche dati statali. 
Insomma, lo status quo non rispecchia, in alcun modo, il principio responsabilizzante posto a presidio del buon funzionamento dell’assicurazione obbligatoria della Rc auto, intesa come strumento sociale di protezione degli utenti della strada e di sensibilizzazione alla migliore gestione del rischio della circolazione stradale. Certo la citata Direttiva 20121/2188/EU continua a sottolineare l’importanza dell’attestazione di sinistralità pregressa (art. 16 e Considerando 31) e la necessità che la stessa si applicata nei vari stati membri garantendo uniformità di trattamento (demandando alla Commissione l’individuazione di un modello Europeo entro il 23 luglio 2023). Ma allo stesso tempo ribadisce la necessità che gli Stati membri rimangano liberi di adottare norme nazionali concernenti i sistemi bonus/malus, “poiché tali sistemi sono di natura nazionale e privi di elementi transfrontalieri, e quindi, secondo il principio di sussidiarietà, le decisioni relative a tali sistemi dovrebbero rimanere di competenza degli Stati membri”. Il che, dunque, apre la via a una revisione dell’attuale disciplina nazionale in senso più aderente alla sua finalità di fondo. 

LA GUIDA AUTONOMA
Ma torniamo, in chiusura, al tema della guida autonoma, che può senz’altro collocarsi nel solco della delicata interazione uomo-intelligenza artificiale. Si tratta di un argomento di assoluta centralità, come testimoniato, da un canto, dall’intenso piano di azione predisposto dalle istituzioni europee, e dall’altro dal vivace dibattito dottrinale sviluppatosi a riguardo. Quantunque l’IA si presti (e si presterà) a una serie indeterminata di applicazioni nei più disparati settori dell’attività umana, la Commissione Europea, in una comunicazione ad altre istituzioni (Com (2018) 237 final, reperibile a https://eur-lex.europa.eu) la tratteggia, in termini generali, quale [insieme di] “sistemi che mostrano un comportamento intelligente analizzando il proprio ambiente e compiendo azioni, con un certo grado di autonomia, per raggiungere specifici obiettivi”.
Allorché si discorra di guida autonoma, si fa riferimento a sistemi intelligenti che, in misura variabile, assistono, fino a sostituirlo completamente, il conducente umano alla guida di un’autovettura. In ragione di tale variabile, nel 2014 la Society of Automotive Engineers ha enucleato cinque categorie (o livelli) di automazione: da 0 (no driving automation) a 5 (full driving automation)1. Tale diversificazione pare implicare una serie di conseguenze in punto di responsabilità, colpa, nesso causale e allocazione dei rischi. A tal proposito, non risulta difficile immaginare che alcuni precetti normativi, tanto quelli armonizzati a livello comunitario, quanto quelli propri dei singoli ordinamenti nazionali, possano trovare piana applicazione fintantoché la persona fisica presente nell’abitacolo dell’autovettura sia in grado di incidere sul decorso materiale degli eventi, (ri)acquisendo il controllo del mezzo; più complesso, invece, appare il tentativo di condurre a razionalità applicativa la disciplina (figlia di altri tempi) nel momento in cui i passeggeri del veicolo non hanno alcuna possibilità di controllo sulla autovettura (il predetto livello 5). 

CAMBIA LA DISCIPLINA DEI CONTRATTI
Le regole di cui agli articoli 2043 e ss. c.c., combinate con la disciplina comunitaria del prodotto difettoso, destinata, comunque, a conoscere rilevanti modifiche potrebbero risultare idonee a distribuire correttamente le responsabilità di cui si discorre. Certo, la scelta dei soggetti su cui fare ricadere la responsabilità per eventuali danni è assolutamente pregna di conseguenze, non solo giuridiche. Se osservata dall’angolo visuale dell’analisi economica del diritto, optare per una strict liability piuttosto che per la socializzazione dei costi determina rilevanti ripercussioni: sul ciclo produttivo, sugli incentivi al continuo miglioramento del prodotto, sulle sue applicazioni. 
Anche la disciplina del contratto di assicurazione, a ben vedere, necessiterà di alcuni correttivi ad hoc che si assumono necessari alla luce della peculiarità intrinseca all’IA e tornando a bomba sui nostri temi, la sinistrosità della futura mobilità autonoma sarà sempre meno legata all’attuale concetto di meritocrazia nella valutazione dei sinistri commessi dal proprietario del veicolo. Il che ci porta, ancora una volta di slancio anche se in ottica futuribile, verso una necessaria reimpostazione dei modelli di bonus/malus, per come oggi concepiti. 

4 – RIFLESSIONI CONCLUSIVE 
Abbiamo visto come la progressiva erosione della necessaria correlazione individuale tra guida virtuosa e tariffa esprima un percorso totalmente in controtendenza rispetto alla funzione (sociale, etica, educativa e preventiva) della moderna assicurazione danni. Se da un lato può avere una logica consentire agli assicurati virtuosi, anche in sede di rinnovo di contratto, la possibilità di assicurare più veicoli sulla base della classe di merito più favorevole risultante dall’attestato di rischio in loro possesso (ricordiamo che la classe di riferimento non è legata alla singola patente assicurata, bensì al connubio proprietario/singolo veicolo), non pare sorretta da eguale giustificazione la scelta di assegnare a un conducente, in particolare giovane e/o neopatentato, una classe di merito non meritata (se non in vista del fine di fargli pagare un premio inferiore a quello che gli toccherebbe, ponendo il relativo sbilancio a carico della restante mutualità assicurata).

UNA RIFORMA NECESSARIA
Si tratta dunque di metter mano a una riforma, ormai ineludibile, che rispetti i principi di base espressi dall’articolo 133 del Cap e che tenga conto della reale condotta del guidatore. A tal fine, è quasi ovvio dirlo, viene oggi in aiuto lo sviluppo tecnologico, che consentirebbe una profilazione dell’utente più aderente alla realtà e alla sinistrosità di cui può essere portatore un guidatore. Solamente così si potrà restituire al sistema bonus/malus una reale funzione premiale, che altro non è che una funzione educativa. 
Ad esempio già la scatola nera (l’Italia nel 2017 è risultata essere la prima al mondo per tasso di penetrazione di queste scatole nere: circa il 16% delle auto circolanti ne è dotato e seconda per numero totale di auto che le montano, oltre sei milioni, dietro gli Usa con 12 milioni) o la dash cam (che filma gli spostamenti e i viaggi di un veicolo: in Inghilterra 11 milioni di proprietari d’auto hanno montato in macchina una piccola videocamera), vanno in aiuto alle assicurazioni come mezzi di tutela. 
Ma le vetture possono anche essere dotate di elementi di supporto quali Gps, sensori, telecamere, ecc. che permettono di rilevare ciò che accade nell’ambiente circostante e dunque monitorare la condotta di guida dell’utente, profilandola giorno dopo giorno. Non entreremo qui nel merito delle enormi possibilità già offerte dalla moderna tecnologia di monitorare e, soprattutto, orientare lo stile di guida, al fine di rinforzare la sicurezza delle strade. 
E il punto di naturale, e forse allo stato soltanto immaginifico, approdo è la costruzione di un sistema in cui la guida autonoma soppianti quella umana, tagliando in radice il problema e spostando il piano della (verifica della) condotta diligente degli automobilisti a quello del controllo della messa in sicurezza dei prodotti e delle tecnologie che governeranno il traffico veicolare del futuro. Prima di allora ci sarà, e c’è, molto da fare. A partire dall’esigenza di rimuovere quelle regole (soltanto in apparenza) paritetiche di trattamento che il nuovo sistema del bonus/malus ha finito per predicare tradendo il principio di base che dovrebbe invece presidiare il buon funzionamento di una mutualità etica e solidale: Bonis nocet qui malis parcet.

ANDARE OLTRE IL NUMERO DEI SINISTRI
Non resta che provare a immaginare, nel breve periodo, una serie di interventi ineludibili, seppure di non agevolissima realizzazione. Si potrà così cercare di orientare la valutazione del merito in sede assuntiva sull’effettiva condotta di guida (almeno) del proprietario. Ciò consentendo di valorizzare oltre al numero dei sinistri anche la loro tipologia (in relazione alla gravità del danno causato, con o senza lesioni o eventi mortali) e tenendo conto della sua storia patente, cercando di riferirla non solo al veicolo a cui l’attestato di rischio normalmente fa riferimento, ma al complesso della sua condotta di guida. Il tutto eliminando le previsioni della Classe Unica Familiare, o comunque prevedere che anche il malus su un convivente si riverberi su tutti gli altri familiari, se è vero che si ritiene che tutti i familiari guidino lo stesso mezzo, sebbene di proprietà di uno dei diversi familiari. Ed escludendo, in ogni caso, l’utilizzo dei benefici di legge di cui sopra per coloro che accedendo alla guida esperta o esclusiva abbiano, di fatto, dichiarato in sede assuntiva che il veicolo non è nella disponibilità astratta di tutti i familiari (se neopatentati, nel caso della guida esperta, o di altri, nel caso della guida esclusiva). 
Soltanto attraverso una più granulare profilazione assuntiva degli assicurati si potrà dunque garantire il rispetto tanto del principio di autoresponsabilità che informa, almeno in parte, l’assicurazione della Rc auto, quanto di quello di non discriminazione nella valutazione della sinistralità pregressa degli assicurati all’atto della quotazione del premio. Le attuali coordinate applicative del bonus/malus e dell’attestazione di rischio, appiattendo in modo incongruo gran parte delle differenze esistenti tra i vari profili, danno vita a una parificazione che, proprio perché non adeguatamente ponderata, è di per sé ingiusta e dunque discriminatoria. La possibilità di correggere velocemente queste distorsioni è sancita proprio a livello europeo dall’ultima riforma del 2021 (direttiva 2118/UE) che, come detto, conferisce agli Stati membri piena libertà nel regolare al meglio i propri i sistemi di bonus/malus. Non si perda l’occasione propizia, questa volta. E la prossima scadenza dei termini concessi per conformarsi alle prescrizioni eurounitarie (23 dicembre 2023) potrà costituire la sede opportuna per un intervento di riforma adeguato.


1 La classificazione è stata aggiornata nel tempo: l’ultima revisione, del 30 aprile 2021, è consultabile a https://www.sae.org/standards/content/j3016_202104/

© RIPRODUZIONE RISERVATA

👥

Articoli correlati

I più visti