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Marcia indietro sulle Tabelle?

Una sentenza della Corte di Cassazione del 5 maggio sembra contraddire la posizione sul risarcimento tabellare meneghino espressa dalla stessa sezione solo due settimane prima. L’incoerenza è solo apparente ma conferma il rischio aperto con il conflitto interpretativo

Marcia indietro sulle Tabelle? hp_vert_img
Neanche il tempo di valutare il possibile impatto di un inatteso “mutamento evolutivo” impresso dai giudici della Corte di Cassazione ai criteri di liquidazione del danno da morte per fatto illecito (la già segnalata sentenza del 21 aprile scorso n. 10579), che la stessa corte sembra tornare sui suoi passi con una ordinanza appena depositata (n. 11719 del 5 maggio), ribadendo che il criterio guida per la liquidazione del danno parentale a livello nazionale deve essere quello elaborato dal tribunale di Milano. 
Con la sentenza 10579 resa lo scorso aprile, il collegio della terza sezione civile della corte aveva introdotto un vero e proprio “intralcio” negli ingranaggi del nostro sistema di risarcimento del danno alla persona, con particolare riguardo alla compensazione del pregiudizio ai congiunti della vittima primaria in caso di morte o di grave lesione arrecata dal fatto illecito del responsabile, ritenendo improvvisamente inadeguate le tabelle di Milano adottate in quasi tutto il Paese. 
In un mondo regolato interamente dal cosiddetto diritto vivente, vale a dire con regole di sostanza e di merito dettate dalla magistratura e non rinvenibili in un organico quadro normativo, un mutamento di rotta come quello proposto con la decisione 10579 porta con sé gravi stravolgimenti, prima di tutto di tipo macroeconomico e anche per la collettività.
Innanzitutto, la possibile “abiura” del sistema di risarcimento del danno milanese (adottato in quasi tutti i tribunali dello Stato da almeno due decenni) comporterà un aumento medio dei risarcimenti che non potrà che incidere sulla valutazione delle riserve tecniche e quindi sulle variabili di calcolo dei premi assicurativi.
Secondariamente, la rottura dell’argine meneghino potrà portare anche a un ampliamento della discrezionalità del magistrato e quindi a un grado di incertezza che si rifletterà su un incremento del volume delle controversie e del contenzioso. Infine, si registrano già ora irrigidimenti nelle trattative per le molteplici controversie che, appena prima dell’aprile scorso, sarebbero state trattate tutte con l’adozione dei parametri risarcitori del tribunale di Milano e che oggi, in un mutato scenario, rischiano di fermarsi e di allargare così la statistica dei casi pendenti e prossimi a sfociare in lite con un esito persino paradossale, se si considera che proprio la decisione 10579 professava una esigenza di prevedibilità dei risarcimenti al fine di contrarre le incertezze, quale fonte di incongruenza equitativa. 

DECISIONI CONTRADDITORIE IN UNO SCENARIO DI INCERTEZZA
In questo panorama di grande allarme nel mondo del danno assicurativo, si è registrata un’ultima decisione, su un caso di malasanità, nel quale sempre i giudici della terza sezione della corte (n. 11719 del 5 maggio) smentiscono il precedente di pochi giorni prima, confermando una sentenza di merito che aveva liquidato il danno ai parenti di una vittima avvalendosi delle tabelle di Milano e rammentando che le stesse tabelle, per orientamento costante della Cassazione, sono una regola integratrice del concetto di equità che il magistrato ben può applicare anche in un’ottica che eviti il ricorso alla equità pura.
Insomma una soluzione successiva e contraria a quella proposta con la sentenza 10579 e a distanza di pochi giorni. 
L’apparente contraddizione è l’effetto del carico giudiziario degli uffici della corte, che hanno portato alla pubblicazione delle decisioni con una sequenza che non risponde ai tempi della funzione decisionale, esercitata nei due collegi con cronologia inversa.
Tuttavia, al di là del momento in cui è stata presa la decisione (prima quella che confermava la validità della tabella milanese del danno da lesione del rapporto parentale e dopo quella che ne escludeva la percorribilità) resta il fatto che a distanza di pochi giorni si è registrato un doppio pronunciamento, di segno opposto, a riprova di un contrasto tutt’ora pendente all’interno della corte. 

SERVE UNA POSIZIONE LEGISLATIVA CHIARA
Se sarà in futuro confermato (come pare) il “mutamento innovativo” della corte circa la non conformità della tabella usata da così tanto tempo dai tribunali dello Stato quale strumento para-normativo di liquidazione del danno non patrimoniale da perdita di un congiunto, resta il fatto che un istituto dal grandissimo rilievo macroeconomico e assicurativo, con riflessi importanti nella sfera degli interessi primari della persona, verrebbe deregolato da un singolo organo dell’apparato, benché così autorevole. 
Il paragone potrebbe essere fatto con la tabella (elaborata dal medesimo tribunale di Milano) per il risarcimento delle lesioni non mortali, ove il perimetro dell’istituto è regolato dalla legge, sul piano della natura del bene tutelato (la salute) e persino dei meccanismi risarcitori (articoli 138 e 139 del Codice delle assicurazioni).
Nel caso del danno in parola, da perdita del rapporto parentale, invece, la nascita e la regolazione dell’istituto risarcitorio si è detto come trovino ragione esclusivamente nel diritto vivente ispirato alla discrezionalità della funzione giurisdizionale. 
La tabella pretoria milanese ebbe alla base della sua riflessione una costruzione di sintesi e di elaborazione statistica del precedente giurisprudenziale che portò alla soluzione, poi col tempo condivisa da tutti i tribunali dello Stato, divenendo per tale via essa stessa consuetudine “per adesione”, costituendo un pilastro di riferimento per le trattative e per la valutazione attuariale dei rischi collegati. 
Orbene, una riflessione (oltre che un nostro auspicio) è quella per la quale la portata macroeconomica di una tale discrezionalità dovrebbe forse indurre a risolvere questo palese conflitto interpretativo, quanto meno in sede giurisdizionale e nomofilattica, presso le Sezioni Unite della Corte di Cassazione. 
Ma, sempre per ipotesi, la soluzione potrebbe anche essere quella che il legislatore, visto il grande rilievo economico, si determini a dettare anche i principi e le regole di una tabella nazionale di liquidazione del danno da lesione del rapporto parentale, sulla falsa riga di quanto avvenuto a suo tempo per il risarcimento delle lesioni non mortali. 

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