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Il contratto base Rca e le condizioni aggiuntive: idee per una buona offerta

Nello schema di regolamento Ivass 3/2021, la cui pubblica consultazione scade oggi, l’Autorità interviene sugli assetti del dispositivo che mira a offrire ai consumatori un prodotto facilmente comparabile. Tuttavia, secondo gli avvocati Maurizio Hazan e Irene Avaldi, il documento tecnico non è lo strumento migliore per centrare gli obiettivi del Regolatore

Il contratto base Rca e le condizioni aggiuntive: idee per una buona offerta hp_vert_img
Il contratto base è ancora sugli scudi. Per quanto i relativi contenuti fossero già stati predefiniti dal ministero dello sviluppo economico nel proprio decreto 54 dell’11 marzo 2020, lo schema di regolamento 3/2021, giunto oggi al termine della pubblica consultazione, pare voler ulteriormente intervenire sugli assetti sostanziali del contratto base, con specifica attenzione alla disciplina delle 10 “condizioni aggiuntive” indicate dal citato dm nel proprio allegato A sezione III.
Ci riferiamo, in particolare, a quella serie di clausole che tanto la norma primaria istitutiva del contratto base (l’articolo 22 comma 4 e seguenti del dl 179/2012) quanto (soprattutto) il decreto del Mise (art. 2) hanno considerato quali “casi di riduzione del premio e di ampliamento della copertura ‘liberamente offerte’ dall’impresa a integrazione del contratto base”.

C’È UNA FORMULA STANDARD
Tali clausole possono, laddove previste, modulare l’assetto o il perimetro di garanzia del contratto base, ampliandolo o restringendolo rispetto alla formula standard. Formula che il Mise ha tassativamente definito nella sezione II dell’allegato A (sezione non casualmente intitolata Condizioni del contratto base Rc, proprio per distinguerla dalla sezione III, dedicata alle condizioni aggiuntive).
Si tratta di condizioni contrattuali che, selezionate tra le opzioni più diffuse sul mercato, dovrebbero soddisfare specifiche esigenze di determinati target di clientela e produrre effetti virtuosi; da un lato alimentando il gioco concorrenziale del contratto base e dall’altro soddisfacendo esigenze di educazione alla miglior gestione del rischio di responsabilità. Ritroviamo tra tali clausole la cosiddetta guida esclusiva, la guida esperta, la black box, l’ispezione preventiva del veicolo, la rinuncia o la limitazione delle rivalse. 

LIBERA VALUTAZIONE DELL’IMPRESA
In sostanza il Mise, nel dar attuazione alla norma primaria, ha dapprima fissato i contenuti standard dell’offerta di base per poi individuare altre clausole aggiuntive al contratto base la cui offerta è rimessa alla libera valutazione e iniziativa dell’impresa. Si tratta dunque di una franca scelta ministeriale, peraltro assunta dopo aver obbligatoriamente acquisito il parere dell’Ivass; e nel compiere tale scelta il ministero avrebbe ben potuto includere nella formula di base alcune tra le clausole poi classificate come aggiuntive, inserendo, ad esempio, l’opzione guida esperta tra le condizioni obbligatorie (e non invece tra quelle rimesse alla libera offerta delle imprese).
Insomma, il quadro sembrava, all’indomani del dm 54/2020, abbastanza chiaro.
Ma per comprendere meglio il tema può essere opportuno fare un passo indietro e chiarire, una volta per tutte, funzioni e natura del contratto base, di cui tanto si va discutendo.

PERCHÉ IL CONTRATTO BASE
Il comma 4 dell’art. 22 del dl 179/2012 è cristallino nel precisare che il contratto base deve contenere “le clausole minime necessarie ai fini dell’adempimento dell’obbligo di legge”. Il che esprime l’esigenza di stabilire il paradigma minimo della copertura obbligatoria, chiarendo in termini definitivi quale sia il modello assicurativo di base idoneo ad assolvere le superiori funzioni di garanzia proprie di una assicurazione ad alta vocazione sociale come quella della Rc auto. È facile ritenere che un’esclusione della copertura con quota di franchigia sovradimensionata finirebbe per frustrare le finalità superiori di copertura del rischio di responsabilità del proprietario e del conducente (non invece del terzo, attesa la regola della inopponibilità delle eccezioni). Ecco perché era importante comprendere entro quali limiti la libertà contrattuale delle parti potesse spingersi, senza violare lo spirito di fondo che presidiava, e presidia, l’obbligo assicurativo. 

L’OBBLIGO A CONTRARRE “RELATIVO”
Almeno sulla carta, dunque, il contratto base dovrebbe consentire di comprendere quali condizioni di garanzia debbano essere obbligatoriamente rilasciate alla clientela che ne faccia richiesta e quali invece possano essere opzionali. Non solo: la definizione del contratto base, espressamente riferita all’adempimento dell’obbligo di legge (peraltro nei confronti dei soli consumatori….), parrebbe implicare una franca affermazione di un concetto di obbligo a contrarre non più assoluto, ma relativo, in quanto strutturato in modo tale da consentire alle imprese di differenziare le proprie proposte e anche di ritagliarsi segmenti di clientela entro i quali liberamente formulare soluzioni assicurative diverse da quella obbligatoriamente offerta a tutti i consociati. 

IL RISCHIO DI UNA COMPARAZIONE STERILE
Accanto a tale funzione, strettamente correlata alla particolarità della nostra disciplina nazionale obbligatoria, il contratto base persegue un ulteriore scopo programmatico enunciato dal legislatore nel già citato comma 4, in cui si dichiara che lo stesso  è volto a “favorire una scelta contrattuale maggiormente consapevole da parte del consumatore”, quasi a ribadire quell’esigenza prioritaria di comparazione tra le diverse soluzioni proposte dal mercato già ossequiata da altre precedenti norme di legge. Il pensiero corre, naturalmente, all’istituzione del preventivatore pubblico di cui all’art. 136 comma 3 bis del Codice delle assicurazioni. 
In realtà, la commistione tra la funzione comparativa e l’obiettivo di declinazione del de minimis della copertura obbligatoria rischia di creare più di qualche imbarazzo, dal momento che un confronto tra prodotti basici, che corrispondono a meri modelli ideali, distanti dalle articolazioni di prodotto in concreto prescelte dall’utenza, rischia di divenire sterile. Di converso, l’enfatizzazione della funzione comparativa del nuovo istituto postulerebbe un allargamento del confronto a soluzioni arricchite, coerenti con le prassi di mercato e non necessariamente coincidenti con il perimetro del contratto base. 

LO SPAZIO DELLA CONCORRENZA
A fronte di tale discrasia di fondo il Mise ha compiuto una scelta chiara. Da un lato costruendo un modello di base audace, poiché comprensivo di clausole e regole operative non sempre contenute nei modelli in uso nella prassi (si pensi al regime delle esclusioni e delle rivalse, a quello delle dichiarazioni inesatte e dell’aggravamento o della denuncia di sinistro). Dall’altro scegliendo di non inserire alcune clausole caratteristiche (le dieci condizioni aggiuntive) nella formula di base, lasciando alle imprese la libertà di integrarle o meno nel contratto base.
In questo modo, dobbiamo ritenere che il Mise abbia confidato sul naturale gioco concorrenziale che, proprio sul contratto base, potrebbe alimentarsi in relazione alle singole strategie adottate dalle impresa, le quali potranno optare per un contratto base ricco o, al contrario, ridotto ai minimi termini.
È evidente, peraltro, che una volta individuato il proprio modello di base, anche se integrato da una o più condizioni aggiuntive, lo stesso dovrà essere obbligatoriamente offerto al pubblico e venduto a chiunque ne faccia richiesta (in pieno adempimento dell’obbligo a contrarre). Rimane ferma la possibilità, per le imprese, di muoversi liberamente al di fuori di tale obbligo a contrarre, e dunque di offrire separatamente qualunque tipologia di garanzia aggiuntiva o diverso servizio assicurativo.  

LA POSIZIONE DELL’IVASS
Entriamo ora nel vivo dei temi più attuali, occupandoci dello schema regolamentare licenziato da Ivass lo scorso 26 marzo e avente a oggetto l’attuazione degli artt. 132 bis, comma 3, e 136, comma 3 bis, del Cap.
Tale regolamento dovrebbe avere un contenuto essenzialmente tecnico, andando ad allestire il servizio di comparazione pubblica previsto dal legislatore (art. 136) e, quanto al contratto base, a definire le regole di “accesso e risposta per via telematica, sia ai consumatori che agli intermediari, esclusivamente per i premi applicati dalle imprese di assicurazione per il contratto base…”, consentendone l’acquisto. 
Senonché, lungi dal limitarsi a tale, pur prezioso, allestimento del servizio di comparazione, l’Autorità rivela, nella pubblica consultazione, di esser ben consapevole, e decisamente preoccupata, della possibilità che la finalità comparativa sia, in concreto, annichilita da condotte distorsive delle imprese operanti sul mercato.

UN CONTRATTO BASE, MA VESTITO
Vi è il dubbio che, a fronte di una disciplina attuativa che vede la luce con inaccettabile ritardo (quasi dieci anni…), le compagnie di assicurazione vedano il contratto base come un tardivo intralcio alla loro normale operatività. E che, dunque, finiscano in concreto per sterilizzarne la portata, limitandone il contenuto alla sola parte obbligatoria prevista dal dm 54 e senza in alcun modo prevedere condizioni aggiuntive. Se così fosse, all’evidenza, il contratto base rimarrebbe una sorta di modello muto, anzi sordo alle effettive esigenze di una clientela ormai adusa a soluzioni di garanzia arricchite. 
Queste le ragioni per le quali Ivass vorrebbe, in modo inequivocabile, che il contratto base non fosse quello nudo di cui all’allegato A, sezione II, ma riflettesse il paradigma dell’offerta che una compagnia è normalmente disposta a praticare, senza eccezioni, a tutti i propri clienti.

L’INTEGRAZIONE CON LE PROPOSTE COMMERCIALI
Questa intenzione è ben espressa nelle AIR poste a pagina 9 e 10 del documento in consultazione, in cui l’Istituto si pone il problema di scegliere se considerare le condizioni aggiuntive al contratto base come oggetto di offerta obbligatoria o facoltativa. Più precisamente, l’Autorità, privilegiando l’esigenza di un più ampio e fedele servizio comparativo, evidenzia i vantaggi che si conseguirebbero imponendo alle imprese di integrare obbligatoriamente il loro contratto base con le condizioni aggiuntive previste dalla sezione III dell’allegato 2. Non tutte però: solo quelle “già adottate nelle proprie offerte commerciali”.
All’esito di questo ragionamento lo schema di regolamento è stato integrato con l’art. 7, comma 2, il quale prevede che “su richiesta del consumatore, oltre al preventivo per le garanzie di cui al comma 1 [le condizioni di base], l’impresa rilascia preventivo anche per le ... clausole aggiuntive al contratto base, laddove adottate nelle proprie offerte commerciali”.

UN RIMEDIO PEGGIORE DEL MALE
Il generico e lasco riferimento alle “proprie offerte commerciali” rischia di ingenerare più di un equivoco, come se l’adozione di una qualsiasi delle condizioni aggiuntive in una (qualsiasi) delle offerte commerciali presentate alla clientela (anche se selezionata...) finisse per costringere l’impresa a riproporla nella soluzione di base. Il che, evidentemente, non può essere. Opinare diversamente equivarrebbe a vulnerare le regole della libera concorrenza e, al contempo, non considerare la necessità che i prodotti siano costruiti, in ottica di Pog, per soddisfare target market di clientela tra loro (almeno potenzialmente) differenziati. Il rimedio, dunque, sembra peggiore del male.
A nostro avviso la preoccupazione di fondo che anima l’Istituto è, come detto, condivisibile: la tentazione di relegare il contratto base al rango della più crassa inutilità, senza corredarlo di alcuna clausola che possa vivacizzarne il contenuto, potrebbe certamente indurre il mercato a condotte elusive e distorsive. 

COME ARGINARE CONDOTTE ELUSIVE
Ma seppure tale insidia sia apprezzabile, non crediamo che il regolamento in questione, eminentemente tecnico, possa, anche laddove sia più opportunamente riformulato lessicalmente, intervenire su scelte di merito diverse da quelle già compiute dal Mise (ossia dall’istituzione che, previa consultazione con Ivass, aveva il compito di definire i contenuti sostanziali del contratto base).
Vi è però forse un’altra via per affrontare utilmente il problema e arginare eventuali condotte opportunistiche ed elusive.
Si potrebbe, invero, richiamare i principi generali (e cardinali) della buona fede e correttezza, verso il mercato e verso gli assicurati, presidiati, tra l’altro, dagli artt. 183 e 191 del Cap. E per tale via intervenire al fine di correggere o reprimere comportamenti impropri da parte di imprese che offrono normalmente alla generalità dei propri clienti alcune delle condizioni aggiuntive previste nella sezione III e che, ciò non di meno, le escludono dal contratto base.
Si tratta, però, di altra e ben diversa via, che lavora sul piano della trasparenza delle condotte generali delle imprese e non invece su quello del contenuto del contratto base. Che è, e rimane, quello definito dal Mise. Almeno a nostro parere.

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