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Lockdown: che fine fanno i danni indiretti?

Le chiusure decise per arginare la diffusione del coronavirus hanno aperto molte questioni legate alla risarcibilità delle perdite previste in polizza. Le conseguenze possono divergere nei più importanti mercati assicurativi

Lockdown: che fine fanno i danni indiretti? hp_vert_img
PRIMA PARTE

Il mese scorso Munich Re ha annunciato che cesserà di coprire le imprese contro i rischi derivanti dalla pandemia. 
L’annuncio è una conseguenza delle pesanti perdite accusate dal più grande riassicuratore del mondo, che ammontavano a oltre 1,5 miliardi di euro nella sola prima metà dell’anno in corso. I danni più significativi sarebbero legati principalmente all’annullamento o al rinvio di eventi importanti e, in misura minore, ai rami danni, in particolare all’assicurazione che copre l’interruzione dell’attività svolta, nota anche come polizza danni indiretti.
“Ci stiamo chiedendo se in futuro offriremo nuovi contratti che includano la protezione contro le pandemie nell’assicurazione sulla proprietà e sugli infortuni”, ha detto in un’intervista a Bloomberg Torsten Jeworrek, capo della riassicurazione di Munich Re. 
Jeworrek ha anche aggiunto che gli esperti della compagnia non sono ancora in grado di stimare le perdite che colpiranno la società entro il termine dell’anno, a causa dell’enorme incertezza sulle dinamiche che caratterizzano la pandemia. “Potremmo ritrovarci ancora in un momento critico, specialmente se dovessero essere decise nuove fasi di lockdown”, ha detto. “Probabilmente – ha proseguito – la maggior parte delle perdite da Covid-19 si concentrerà comunque nel 2020, perché i contratti assicurativi hanno generalmente durata annuale e al momento non forniamo più copertura contro le conseguenze delle pandemie, il che dovrebbe aiutarci a limitare le perdite”.
Il gigante tedesco si augura che i governi dei vari Paesi sostengano pool di rischio per coprire almeno in parte i costi della pandemia, osservando quanto il mondo sia ormai vulnerabile a rischi sistemici di questo tipo, per cui sarebbe necessario incrementare le misure di prevenzione e gli strumenti di trasferimento del rischio, per aiutare la società a essere più resiliente.
Una cosa è certa: in tutto il mondo le aziende continua a subire le conseguenze delle misure di protezione emanate dai governi contro il Covid-19, soprattutto nel caso in cui siano stati imposti fermi dell’attività. In molte giurisdizioni gli imprenditori stanno provando a recuperare parte delle perdite, citando in giudizio i loro assicuratori nell’ambito delle polizze che coprono i danni indiretti e ovunque si pone la stessa questione: come interpretare le disposizioni contrattuali per un caso di pandemia? Qui di seguito troverete un breve excursus sulle risposte fornite nei mercati più importanti.

Germania: si punta all’esclusione
Il tribunale di Monaco ha condannato un assicuratore a risarcire oltre un milione di euro al proprietario di un ristorante che lo aveva citato per le perdite subite durante la chiusura della sua attività durante il lockdown. L’assicuratore ha presentato ricorso, ma questa decisione costituisce uno dei numerosi casi verificatisi in questo paese, dopo che alcune società assicurative avevano annunciato che, in circostanze specifiche, avrebbero potuto accettare di coprire le perdite economiche dei loro clienti, alla luce dei termini previsti in certe polizze. 
Tuttavia, poiché le misure protettive per combattere il virus continueranno a essere applicate per un periodo che si ritiene ancora lungo, si può prevedere che gli assicuratori faranno sempre più affidamento sulle clausole di esclusione e limitazione, onde evitare di coprire un numero di sinistri fuori controllo.

Francia: risarciti alcuni ristoratori
In questo Paese le aziende interessate dal blocco imposto per contrastare la diffusione del Covid-19 continuano a presentare reclami contro i loro assicuratori, per cercare copertura per le ingenti perdite economiche subite. Nella maggior parte dei casi, gli assicuratori cercano di proteggersi rivendicando l’applicazione di clausole di esclusione presenti nei contratti. 
Il primo risarcimento risale allo scorso maggio, quando una sentenza di primo grado del tribunale di Parigi ha assegnato a Stephane Manigold, proprietario di quattro ristoranti, un rimborso per le perdite causate dalla loro chiusura. Il giudice ha ordinato ad Axa di anticipare la somma di 45mila euro, in attesa del giudizio degli esperti sul calcolo dell’importo esatto del danno. 
La domanda di risarcimento è stata accolta in forza di una disposizione del contratto di assicurazione che prevedeva la copertura dei danni economici subiti per la chiusura dell’attività, in seguito a una decisione dell’autorità. Axa ha presentato ricorso contro questa decisione, sostenendo che la disposizione non trova applicazione per le pandemie. La clausola, infatti, prevedeva un’esclusione nel caso in cui altri ristoranti della stessa regione restassero chiusi per la medesima ragione. Ne è sorto un acceso dibattito sull’opportunità di applicare questa esclusione, dal momento che è altamente improbabile che una decisione amministrativa di chiusura a causa di una pandemia impatti solo su un ristorante.
Alcuni mesi dopo, la compagnia Groupama è stata condannata a pagare un’indennità di 70mila euro a una società organizzatrice di eventi con sede a Ille-et-Vilaine, a fronte di una perdita totale stimata in circa 220mila euro, mentre il tribunale di Tolosa ha adottato un approccio del tutto diverso, respingendo un reclamo presentato dal famoso chef Michel Sarran, ancora nei confronti di Axa. In questo caso il tribunale ha concluso che l’esclusione della copertura per chiusura collettiva dei ristoranti fosse valida.
Un altro reclamo basato sulle stesse considerazioni è stato presentato recentemente a Lille da Emmanuel Mena, proprietario di un ristorante francese, ancora una volta nei confronti di Axa. Tale decisione è ancora in sospeso.
In seguito al grande afflusso di richieste avanzato dalle imprese di tutti i settori dell’economia e all’evidente incapacità degli assicuratori di coprirle tutte, il ministero dell’economia francese ha costituito un gruppo di lavoro per discutere se la pandemia non meriti l’applicazione di una speciale politica sul piano assicurativo. Le conclusioni degli esperti sono state pubblicate nello scorso luglio, ma hanno deluso le aspettative, in quanto sembra che evidenzino soltanto un certo numero di possibili opzioni, senza fornire raccomandazioni sulla loro attuazione.

Pandemia quasi sempre esclusa
L’authority francese sulle assicurazioni Acpr (Autorité de contrôle prudentiel et de résolution) ha chiesto agli assicuratori di chiarire la portata delle clausole di copertura ritenute ambigue e ha pubblicato un’indagine sulla copertura delle perdite economiche derivanti dalla crisi da coronavirus. 
Si è trattato di fare ordine in un mercato diviso tra chi risarcisce i propri clienti, chi ha chiaramente escluso la pandemia dai contratti e chi fa ricorso ad azioni legali. 
In ogni caso, le coperture per danni indiretti rappresentano circa il 50% delle polizze sottoscritte dalle aziende in questo Paese. Una parte di esse prevede il risarcimento indipendentemente dal fatto che vi siano danni materiali diretti (le cosiddette polizze assicurative per danni materiali non consecutivi o dommages matériels non consécutifs). Il mercato delle polizze danni indiretti ammontava nel 2019 a circa 354 milioni di euro di premi, su un totale di cinque miliardi di euro di polizze property e quasi 1,13 milioni di assicurati.
I danni derivanti dal Covid-19, però, non sarebbero coperti nella maggior parte dei casi, sia perché le polizze garantiscono solo perdite operative a seguito di danni diretti alla proprietà (come l’incendio, ad esempio), sia perché gli assicuratori si sono presi cura di escludere esplicitamente la pandemia. Appena il 10% degli assicurati, quindi, godrebbe dei vantaggi di clausole a tutela della chiusura di attività per il Covid-19.

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