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Chi decide sulla Rca in spazi privati

Un caso portato fino alla Corte europea rinnova la discussione sull’estensione della copertura assicurativa, con risvolti che possono avere effetti distorsivi sullo specifico settore

Chi decide sulla Rca in spazi privati hp_vert_img
La suprema Corte di Cassazione torna a occuparsi della complessa materia della circolazione stradale e del relativo obbligo assicurativo di legge. Lo fa con una decisione interlocutoria (ord. N. 33675 del 18 dicembre 2019) che rimette alle Sezioni Unite della stessa Corte la possibilità di dirimere una controversa interpretazione della disciplina comunitaria in tema di circolazione stradale e del suo riflesso applicativo in Italia. 
È nota e scolastica la questione dell’obbligo di assicurare il veicolo per la circolazione stradale solo nel caso in cui la stessa avvenga su area pubblica o a essa equiparata. Da sempre si ritiene che l’obbligo in questione (e quindi la facoltà per il danneggiato di chiedere direttamente il risarcimento del danno all’impresa garante per il rischio auto) riguardi solo le ipotesi che il sinistro sia avvenuto su suolo pubblico o almeno, se privato, accessibile a un numero indefinito e non controllato di veicoli. Non è una ipotesi infrequente, come si vedrà nel caso specifico, anche se il mercato ha già di fatto superato tale delimitazione ammettendo (con apposita clausola) anche l’estensione della copertura assicurativa per i fatti avvenuti in aree private e non soggette a passaggio indiscriminato. 
Le ipotesi di scuola di tali evenienze riguardano, di solito, i sinistri avvenuti in un’area di cantiere chiusa al pubblico, su un terreno privato recintato e interdetto al passaggio e, come nel caso di specie, i fatti accaduti dentro le rimesse o gli androni box. 

Il caso: investimento in area privata
La vicenda trae origine da un fatto drammatico, che vede gli eredi di una piccola vittima fare causa all’assicuratore per la Rca a seguito dell’investimento e dell’uccisione del piccolo pedone all’interno di un androne box mentre il veicolo era in fase di manovra. 
Allinenandosi ai pronunciamenti prevalenti della giurisprudenza di merito e di Cassazione, il Tribunale, per quanto qui ancora rileva, rigettava la domanda con pronuncia confermata dalla Corte di appello, secondo cui l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore non poteva ritenersi esercitabile atteso che l’incidente era occorso mentre il veicolo si spostava in un cortile privato e dunque non in una via pubblica o a essa equiparata per avervi accesso un numero indeterminato di persone.
Ricorrevano in Cassazione gli eredi della vittima lamentando una non corretta interpretazione della disciplina normativa sovranazionale europea, che legherebbe l’obbligo di assicurare il rischio da circolazione non tanto al luogo di accadimento ma alla sua funzionalità, nel senso che rientrerebbe nella nozione di “circolazione dei veicoli” qualunque uso di un veicolo che sia “conforme alla funzione abituale dello stesso” (così Corte di giustizia, 04/09/2014, causa C-162/13, pag. 10).
Nell’accogliere l’impianto della parte ricorrente, articolato e dal forte profilo comparativo internazionale, la Corte osserva che in questa prospettiva, quindi, “il detto precedente Eurounitario non è finalizzato solo a individuare quale uso del veicolo sia rilevante ai fini dell’obbligo di responsabilità civile auto, con quanto ne consegue in termini di disciplina, ma perimetra lo stesso concetto di circolazione in funzione di quell’uso, piuttosto che affiancare a esso limitazioni spaziali e funzionali di altro genere”.

L’ottica diversa della Corte Europea
Che questa debba essere la lettura della giurisprudenza sovranazionale risulterebbe confermato da una successiva pronuncia (Corte di giustizia, grande sezione, 28/11/2017, causa C-514/16), pure evocata in ricorso, nella cui motivazione si offre una lettura - per così dire un’interpretazione autentica – del precedente del 2014. Anche in questo caso si trattava di distinguere tra utilizzo del mezzo come macchina da lavoro o come unità di trasporto, ma l’esclusione dalla disciplina di settore è stata motivata sottolineando che si doveva prescindere dal fatto che l’incidente, occorso a un trattore agricolo, avvenisse quando questo era “fermo su una pista sterrata di un’azienda agricola” (punto 25). Risulta, pertanto, acclarato, secondo la Corte che la giurisprudenza comunitaria, in termini suscettibili di essere definiti quale acte clair, nel ricostruire la portata delle direttive UE, leghi l’obbligo di assicurativo di Rca all’utilizzo del veicolo quale mezzo di trasporto a prescindere dal tipo accessibilità della strada su cui avvenga.
In questa cornice va iscritto l’inciso rinvenibile in Cass., 28/04/2017 n. 10513, secondo cui “l’applicazione della disciplina sulla responsabilità civile in materia di circolazione stradale non può essere desunta (...) da Corte giust. 4 settembre 2014, causa C- 162/13, avente ad oggetto un rinvio pregiudiziale relativo alla direttiva 72/166/CEE. Secondo il giudice Eurounitario, ai fini dell’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, rientra nella nozione di circolazione dei veicoli contenuta nella direttiva qualunque uso di un veicolo che sia conforme alla funzione abituale dello stesso (...). Tale definizione resta limitata all’ambito dell’assicurazione e non incide sulla disciplina nazionale relativa alle regole della responsabilità civile” (pag. 10).

Un quesito per le Sezioni Unite
Quanto sopra rende ragione della possibilità di rivisitazione ermeneutica dell’articolo 122 Codice delle assicurazioni private, nel senso che la nozione di circolazione stradale cui l’obbligo assicurativo, e dunque l’assicurazione, potrebbero, e in tesi dovrebbero, intendersi riferiti, debba essere parametrata a ogni uso del veicolo conforme alla sua funzione abituale. Rileva la Corte che “naturalmente, una tale conclusione è suscettibile di essere apprezzata anche in chiave di analisi economica del diritto, per le ricadute che potrebbe implicare: per un verso prospettiva di un incremento finale dei premi assicurativi, per l’altro di lettura di questi come redistribuzione sociale dei costi dei sinistri, nell’ottica di una più compiuta tutela delle vittime”.
Il Collegio, rimettendo la questione in composizione unitaria, pone quindi alle Sezioni Unite il seguente quesito: “se l’articolo 122 Codice delle assicurazioni private debba interpretarsi, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, nel senso che la nozione di circolazione su aree equiparate alle strade di uso pubblico comprenda e sia riferita a quella su ogni spazio in cui il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale”.
È bene dire che ove le Sezioni Unite accogliessero il principio articolato, e quindi auspicato nell’ordinanza di rimessione, si verrebbe di fatto a estendere la portata dell’obbligo assicurativo (per altro oggi ampliato già come detto dalla consuetudine commerciale) e anche la portata processuale dell’azione diretta contro l’assicuratore del responsabile, di fatto disallineando decenni di giurisprudenza contraria. 
Potremmo dunque essere di fronte a un futuro e imminente nuovo risvolto giudiziario della disciplina della Rc auto che, in ogni caso, avrebbe il merito di chiarire una volta per tutte una questione assai dibattuta e controversa che si trascina da oramai troppo tempo. 

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