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Claims made tra legge Gelli e concorrenza

L'avvocato Maurizio Hazan analizza e approfondisce le novità per i professionisti che devono assicurarsi in un doppio regime legislativo e giurisprudenziale che rischia di complicare le cose

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Di sicuro impatto per l'intero settore assicurativo, la legge sulla concorrenza (124/2017) è intervenuta, in modo piuttosto intenso anche sulla disciplina dell'obbligo assicurativo (della responsabilità civile) dei professionisti, con particolare riferimento al regime di estensione temporale della garanzia. Il tema è noto, e riguarda la vexata quaestio (della validità) della claims made, ossia della formula contrattuale che, elaborata dalla prassi (internazionale, prima, e italiana poi) in modo variegato, limita l'oggetto della copertura alle sole richieste risarcitorie pervenute all'assicurato nel corso del periodo di garanzia (l'annualità di polizza e, se previsto, un dato arco temporale successivo, definito di garanzia postuma). 

Il fatto generatore della responsabilità può influenzare l'ambito di operatività della garanzia, a seconda che si collochi nell'anno di vigenza del contratto o possa collocarsi anche in epoca precedente (dando vita alla cosiddetta copertura dei fatti pregressi, altrimenti e impropriamente definita come retroattività della polizza). Si tratta dunque di una formula di copertura diversa da quella (act committed) ordinariamente prevista dall'articolo 1917 del Codice civile, che estende naturalmente la garanzia a ogni responsabilità derivante da fatti commessi durante la vigenza di polizza, indipendentemente dal tempo della richiesta risarcitoria del danneggiato (e dunque anche laddove la stessa avvenga dopo la scadenza della stessa). 
 
IL NODO DELLA MERITEVOLEZZA
In questa deviazione dallo schema codicistico di partenza vi è chi ha voluto vedere il germe di una sostanziale illiceità del modello claims, in quanto sostanzialmente restrittivo, a favore dell'assicuratore, rispetto al paradigma di legge (con particolare riferimento ai fatti avvenuti in prossimità della scadenza di contratto, in relazione ai quali è assai improbabile che la richiesta del terzo possa pervenire in tempo utile a far scattare la garanzia). L'argomento è stato oggetto di numerose dispute teoriche e, in tempi recenti, di una singolare attenzione da parte della giurisprudenza di legittimità: si ricorderà, al riguardo, l'intervento delle Sezioni Unite (sentenza 9140 del 6 maggio 2016) che, pur sdoganando l'astratta liceità della clausola claims (in termini generali), ne ha largamente condizionato la tenuta legale in concreto, introducendo l'insidioso parametro della  meritevolezza quale filtro di validità delle pattuizioni di volta in volta contenute nei singoli contratti.  

Secondo la Cassazione, per dirla in estrema sintesi, la validità o meno della clausola dipenderebbe dalla sua sostanziale conformità a principi superiori di giustizia contrattuale, da valutarsi tenendo conto dell'equilibrio sinallagmatico in concreto realizzato da ciascun singolo paradigma di copertura, tenuto conto, ad esempio, del maggiore o minor bilanciamento tra le limitazioni della garanzia postuma e l'estensione della copertura a fatti pregressi. Peraltro, nelle assicurazioni obbligatorie dei professionisti (rese obbligatorie a tutela dei clienti, prima ancora che dei professionisti medesimi, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, lettera E del dl 138 del 2011) l'assenza di postuma renderebbe, secondo  le Sezioni Unite, la polizza certamente immeritevole  e pertanto nulla. A rincarare la dose sono poi intervenute altre due sentenze gemelle della Suprema Corte (sezione terza, 10506 e 10509 del 28 aprile 2017) che hanno assunto un atteggiamento ancor più radicale, affermando una sorta di ontologica immeritevolezza, e quindi nullità, di clausole claims che non prevedano alcun periodo di ultrattività.

IL COMPROMESSO DELLA LEGGE GELLI
Ora, una tal così rigida impostazione rischiava di collidere troppo aspramente con i modelli (ormai socialmente tipici) elaborati da una prassi che, specie nel comparto delle polizze di responsabilità professionale, si erano strutturati (per lo più) attorno allo schema di una claims con retroattività ma senza postuma. Il tema assumeva  particolare impatto in vista e in funzione dell'introduzione dell'obbligo di assicurazione del rischio clinico, in relazione al quale il già poco popolato mercato assicurativo si è da sempre dichiarato non disponibile a offrire garanzie corredate di postuma. Conscia di tale impasse operativa, la legge Gelli ha sancito (articolo 11) un regime di estensione temporale della garanzia vagamente compromissorio, con previsione di una lauta copertura retroattiva decennale e la correlativa esclusione di quella garanzia postuma tanto sponsorizzata dalla giurisprudenza di legittimità. 

LA RIVINCITA DEL DIRITTO POSITIVO
La ratio della legge  era evidentemente orientata a ritenere non necessaria alcuna ultrattività, tanto più a fronte della continuità dell'obbligo di copertura imposto a esercenti e strutture (ex articolo 10); e in tal senso l'unica  previsione di postuma (decennale) è stata inserita per il solo caso di cessazione di attività dell'esercente la professione sanitaria: al venir meno dell’attività professionale consegue il venir meno dell'obbligo assicurativo e, con esso, della sostanziale continuità di garanzia immaginata dal legislatore; ecco perché in tal caso, e solo in tal caso, l'esercente in riposo deve poter fruire di una postuma decennale atta a coprire rischi di responsabilità concretizzatisi, in richieste risarcitorie formulate, nei dieci anni successivi all'abbandono dell'attività. In sostanza, poteva affermarsi che la legge 24 del 2017 segnava, anche in questo particolare settore, il superamento, da parte del diritto positivo, di talune spinte giurisprudenziali sovente inopportune (perché troppo lontane da ciò che la prassi ha trasformato in consuetudini consolidate, in quanto tali comunque rilevanti); e così, nell'ambito di una ampia logica di sistema (quella della nuova assicurazione obbligatoria del rischio clinico), la costruzione di una polizza senza postuma è stato resa non solo possibile ma sostanzialmente obbligatoria, tale essendo il paradigma temporale di operatività descritto  dal citato articolo 11.

CON LA LEGGE CONCORRENZA LE COSE SI COMPLICANO
Sennonché, a complicare un poco le cose è intervenuta a qualche mese di distanza dalla riforma Gelli, la legge annuale sulla concorrenza (124/2017) il cui articolo 1, comma 26, disciplina proprio il regime temporale delle polizze obbligatorie dei liberi professionisti; di tutti i liberi professionisti, dunque, nessuno escluso e, quindi, compresi gli esercenti in proprio di attività medica o sanitaria. 
Secondo tale disposizione: "condizioni generali delle polizze assicurative di cui al periodo precedente prevedono l'offerta di un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di operatività della copertura. La disposizione di cui al periodo precedente si applica, altresì, alle polizze assicurative in corso di validità alla data di entrata in vigore della presente disposizione. A tal fine, a richiesta del contraente e ferma la libertà contrattuale, le compagnie assicurative propongono la rinegoziazione del contratto al richiedente secondo le nuove condizioni di premio".
Tale disciplina, precisa il legislatore, si applica in ogni caso, pur fatta salva la libertà contrattuale delle parti di stabilire un regime di operatività diverso. 

LA CONCORRENZA PREVALE SULLA LEGGE GELLI?
Ora, la nuova  norma, di per sé, pone più di qualche problema di lettura. Quel che però stupisce è che la stessa, rimasta sostanzialmente invariata nella sua formulazione iniziale (datata più di un anno), non tiene in nessun conto delle diverse previsioni dell'articolo 11 della legge 24/2017. Per quanto nata prima, dunque, la disposizione della legge sulla concorrenza ha visto la luce dopo la legge Gelli ed è quindi destinata a prevalere sulla stessa: l'obbligo di offerta di una postuma decennale obbligatoria, che la legge Gelli non prevedeva, se non per gli esercenti cessati, costituisce dunque un'autentica novità per l'intero comparto libero professionale e anche nel settore del rischio clinico. Il fatto che la legge sulla concorrenza completi la riforma Gelli si desume chiaramente dall'articolo 10 comma 2, nella parte in cui pone in capo ai liberi professionisti l'obbligo di assicurarsi in proprio in ossequio  agli obblighi loro imposti dall'articolo 3 comma 5 lettera E del dl 138/2011 (la stessa norma, cioè, che la legge sulla concorrenza interviene a modificare). 

L'OBBLIGO È "SOLO" DI OFFERTA
La novità introdotta dalla legge 124/2017 è stata letta, da molti, come una sorta di avallo legislativo all'impostazione della più recente giurisprudenza di legittimità (e quindi all'affermazione della necessaria previsione di una garanzia postuma, quale parte integrante della polizza di Rc). Vi è addirittura chi, un poco frettolosamente, ha sostenuto che la legge sulla concorrenza avrebbe reso sempre e comunque obbligatoria, per tutti i professionisti, una copertura del tipo loss (o, almeno, con postuma decennale). Questo non è per nulla vero. La volontà del legislatore (della concorrenza) era quella di render più concorrenziale l'offerta assicurativa, ampliando il panel delle offerte reperibili sul mercato delle polizze di Rc professionale. In questo senso il comma 26 non estende affatto (di default) la copertura obbligatoria dei professionisti per le richieste pervenute nei dieci anni successivi alla scadenza della polizza. Semplicemente pone a carico delle compagnie l'obbligo di offrire ai propri assicurati liberi professionisti la possibilità di coprire quei dieci anni ulteriori. In sostanza la compagnia deve proporre (e prevedere nelle sue Cga) la possibile estensione decennale. O, forse meglio, deve prevedere, di default, nelle sue condizioni generali di assicurazioni, la postuma di dieci anni, salva la possibilità, per le parti, nell'ambito della loro libertà contrattuale (esplicitamente riaffermata nel testo di legge) di stipulare la polizza anche in assenza di postuma (o con soluzione ultrattiva di minor durata). 
 
LIMITATA L'AUTONOMIA NEGOZIALE
Certo, gli avversatori della clausola claims potrebbero dire che, specie nelle garanzie delle responsabilità libero professionali, la libertà negoziale delle parti dovrebbe comunque misurarsi con quel labile vaglio di meritevolezza che, propugnato dalla Cassazione, potrebbe far ritenere in concreto nullo (proprio perché eccessivamente sbilanciato e immeritevole) lo schema liberamente prescelto dalle parti. A nostro parere, invece, l'accento posto per ben due volte all'interno della stessa disposizione sulla libertà contrattuale delle parti tende a comprimere, non certo enfatizzare, il potere giudiziale di sindacato sull'autonomia negoziale della parti; un'autonomia che, dopo tutto, il nostro codice civile tende piuttosto a preservare, in ossequio a una buona regola di certezza dei transiti giuridici. Andando oltre, va osservato che l'adesione alla formula con postuma decennale e senza pregressa, obbligatoriamente offerta dalla compagnia ma liberamente negoziabile dalle parti, potrebbe rivelarsi, in numerosi casi, del tutto inopportuna per il professionista. E così, una compagnia che si limitasse a proporre una polizza conforme al comma 26 dell'articolo 1 della legge 124/2017 a chi oggi disponga di una copertura senza postuma e con retroattività finirebbe, qui sì e davvero, per lasciare il suo cliente esposto a un buco di garanzia per tutte le richieste risarcitorie che, non avanzate nella vigenza della polizza precedente, resterebbero esclude dall'ambito di applicazione della nuova copertura. 

IL RISCHIO DI DISCONTINUITÀ 
Insomma, un libero professionista che per esser più realista del re, magari perché mal consigliato, insistesse per ottenere la polizza secondo il modello di offerta obbligatoria previsto dalla legge concorrenza, anche laddove lo stesso fosse foriero di discontinuità di garanzia rispetto alla polizza precedente, dovrebbe persino incontrare una seria resistenza da parte della compagnia: quest'ultima sarebbe comunque tenuta a rispettare l'obbligo di profilare correttamente le esigenze di rischio della propria clientela, offrendo soluzioni adeguate agli effettivi bisogni di copertura di volta in volta implicati. E in taluni contesti (ferma la libertà di scelta del cliente) continuare a proporre polizze con retroattività e senza postuma, in alternativa alla soluzione individuata dalla legge sulla concorrenza, costituirebbe condotta non censurabile, e anzi del tutto commendevole. Ciò perché, diciamolo una volta per tutte, il cuore del problema sta non tanto nel più o meno ampio regime di estensione temporale delle polizze ma dal rischio di discontinuità che si potrebbe porre nel passaggio da un regime all'altro.  

LA POSTUMA PER LE STRUTTURE NON AVREBBE SENSO
Tornando poi allo specifico tema delle assicurazioni del rischio clinico, l'argomento merita un ulteriore approfondimento, attesa la coesistenza di due norme che, pur diverse, incidono sul comparto di riferimento. Al riguardo è bene subito evidenziare come il doppio regime non vada a sovrapporsi. Le due norme (articolo 11 legge 24/2017 e articolo 1 comma 26 della legge sulla concorrenza) disegnano un diverso ambito di applicazione. L'articolo 11 riguarda tutte le polizze della legge Gelli (discorso a parte sembra potersi fare per quelle di cui all'articolo 10 comma 3 e forse quelle per la Rco, sulla quale occorrono separate riflessioni). La nuova disciplina introdotta dalla legge sulla concorrenza tocca invece soltanto i professionisti di cui all'articolo 10 comma 2. Non avrebbe senso, del resto, prevedere l'obbligo di offrire la postuma per le strutture, le quali ben potrebbero decidere di passare da un regime di autoritenzione a uno assicurato o viceversa, assorbendo su di loro gli eventuali vuoti di copertura potenzialmente lasciati aperti da una polizza senza postuma. In questo senso vi è da chiedersi se, e in che termini, il subentro di una compagnia di assicurazione a un periodo di autogestione del rischio possa giustificare il venir meno della retroattività decennale della garanzia assicurativa.

PER I PROFESSIONISTI, DUE REGIMI VALIDI
Allo stato attuale, dunque, dobbiamo prender atto di due regimi affiancati:  

uno, applicabile ai liberi professionisti (articoli 10 comma 2), fondato sull'obbligo di offerta di una polizza con previsione di postuma decennale e senza retroattiva (regime derogabile);

 • un secondo, applicabile alle altre polizze della legge Gelli (ma non a quelle dell'articolo 10 comma 3 e forse a quelle della Rco), con postuma solo eventuale (cessazione) e retroattiva decennale.

Vi è da chiedersi se derogando alla legge concorrenza il libero professionista di cui all'articolo 10 comma 2 della legge Gelli possa concordare senza vincoli una qualsiasi formula di garanzia o sia comunque assoggettato al rispetto, almeno, del paradigma minimo stabilito dall'articolo 11 della medesima legge. 
Problematiche consimili possono porsi, dipoi, per le polizze obbligatorie della responsabile civile professionale degli avvocati. Qui il regime legale risulta stabilito dall'articolo 2 del dm del 22 settembre 2016, che introduce una claims con retroattività illimitata e una sunset clause (postuma in caso di cessazione) di durata almeno decennale. Tale disciplina, che nel decreto ministeriale era certamente vincolistica, diviene oggi di fatto derogabile proprio in funzione di quanto previsto dalla legge sulla concorrenza (diremmo: qui a fortiori, trattandosi di correlazione tra disposizione attuativa e norma primaria). 
In sostanza, e ancora una volta, la possibilità per le parti di negoziare soluzioni diverse da quelle stabilite dall'articolo 1 comma 26 rimane condizionata a un vaglio di meritevolezza o di adeguatezza che potrebbe, in concreto, ritenersi  positivamente superato ogni qualvolta il regime prescelto coincida con quello originariamente dettato dal decreto ministeriale.

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