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Le disposizioni del contratto base Rc auto

Il 16 giugno scorso è stato pubblicato il testo da tempo atteso che definisce gli ambiti assicurativi minimi per il ramo auto ai fini della maggiore comprensione da parte dell’assicurato. Ecco l'analisi degli avvocati Maurizio Hazan e Filippo Martini

Le disposizioni del contratto base Rc auto
Il contratto base dell’assicurazione obbligatoria Rc auto ha finalmente visto la luce: in data 16 giugno 2020 è stato pubblicato il dm 54/2020, con cui il ministero dello Sviluppo economico ne ha licenziato il testo, dando attuazione agli articoli 4-7 del dl 179/2012. Si tratta di una disciplina di impatto non trascurabile, che va a modificare sensibilmente le modalità (obbligatorie) di collocamento delle polizze della Rc auto e detta le regole sul contratto base, chiarendo così il paradigma minimo della copertura obbligatoria della Rca in termini di clausole di garanzia che devono necessariamente esser previste dalla polizza. Le stesse regole, inoltre, è previsto debbano disciplinare quali siano le esclusioni di copertura (quali, ad esempio, quella volta a non garantire il rischio in caso di guida in stato di ebbrezza) che, ferma la regola della non opponibilità al terzo danneggiato, possano ritenersi ammissibili e trovar spazio all’interno della polizza senza infrangere le finalità di (integrale) copertura del rischio risarcitorio dei potenziali responsabili.

Non solo un modello elettronico
Ma al di là di tale importante funzione, che potremmo definire ricognitiva, il contratto base risulta dichiaratamente concepito anche al fine di presidiare obiettivi prettamente concorrenziali, informativi e comparativi. In sostanza, la fissazione del perimetro minimo della polizza di base dovrebbe chiarire a operatori del settore e consociati le regole del gioco, appunto, basilari, consentendo al contempo ai potenziali clienti immediate possibilità di comparazione tra offerte contrattuali omogenee per contenuto e dunque per ciò stesso agevolmente confrontabili. 
La moderna società digitale consente, peraltro, di comparare online prezzi e soluzioni in tempo reale: ragion per la quale il legislatore ha previsto che il contratto base sia presentato anche tramite il sito internet delle compagnie e, comunque, inserito all’interno di un modello elettronico.

Le regole del gioco
Ciò posto andiamo ad analizzare velocemente il testo del dm 54. Il provvedimento ministeriale si compone di due parti: una prima, composta da quattro articoli, volta a stabilire le finalità del contratto base e le modalità della sua presentazione al pubblico. Una seconda, integrata da un allegato avente a oggetto le vere e proprie condizioni di contratto, quasi si trattasse di un vero e proprio fac simile di polizza, con importanti regolazioni normative che in parte presentano novità di non poco conto. 
La vera e propria parte normativa fissa le regole del gioco, ribadendo anzitutto che la disciplina ha a oggetto le condizioni del contratto base di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, limitatamente ai soli veicoli a motore, quali le autovetture, i motocicli e i ciclomotori a uso privato dei consumatori, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di legge di cui all’articolo 122 del Codice delle assicurazioni. 

Il riferimento al solo consumatore privato
Singolare il fatto (ma così del resto prevedeva già l’articolo 179 del Cap) che il contratto base sia riferito non a tutti gli utenti della strada ma ai soli consumatori non professionali, intesi in senso stretto e conforme a quanto indicato dall’articolo 3, comma 1, lettera a del Codice del consumo. Il che equivale (opinabilmente) a dire che chi intenda acquistare un veicolo per uso professionale, anche se promiscuo, potrebbe vedersi rifiutare il modello elettronico di base. 
Il quadro complessivo che ne deriva non è, tuttavia, del tutto chiaro, dal momento che non si comprende perché determinate clausole, pacificamente ammesse dal legislatore primario (ad esempio quelle avente a oggetto la previsione di formule tariffarie con franchigia o miste) non siano state menzionate dal dm, il quale anzi sembra riferirsi esclusivamente al sistema tariffario del bonus/malus.

Il nodo delle sole aree private
Ad ogni buon conto, le declinazioni di principio stabilite dalla prima parte del decreto (che fissa anche la regola della necessità di utilizzo del modello elettronico) trovano riscontro puntuale nell’allegato A, che integra la seconda sezione del dm e che, come sopra accennato, costituisce una sorta di fac simile della polizza riferimento, nei suoi contenuti obbligatori e opzionali.
In primo luogo, l’articolo 1 dell’allegato A pare estendere l’ambito di operatività della garanzia assicurativa alla circolazione (intesa in senso lato e comprensiva della sosta) effettuata in aree private. La questione è tutt’altro che irrisoria, posto che sul tema dell’estensione nello spazio della copertura assicurativa Rc auto obbligatoria si sono sprecati fiumi d’inchiostro in dottrina e decenni di decisioni giurisprudenziali non sempre allineate, se è vero, com’è vero, che proprio ai giorni nostri la questione è stata rimessa (definitivamente?) alle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (ordinanza interlocutoria 33675 del 18 dicembre 2020).

Il parere della cassazione
Nell’ordinanza citata, la Corte rammenta che la giurisprudenza comunitaria, in termini suscettibili di essere definiti quale acte clair, nel ricostruire la portata delle direttive Ue, leghi l’obbligo assicurativo di Rca all’utilizzo del veicolo quale mezzo di trasporto, a prescindere dal tipo accessibilità della strada su cui avvenga. 
Questo complesso approccio ermeneutico, conclusivamente, rende ragione, a parere del collegio rimettente, della possibilità di rivisitazione dell’articolo 122 del Codice delle assicurazioni, nel senso che la nozione di circolazione stradale cui l’obbligo assicurativo e dunque l’assicurazione potrebbero, e in tesi dovrebbero, intendersi riferiti, debba essere parametrata a ogni uso del veicolo conforme alla sua funzione abituale e non all’area di accadimento del fatto. 
Orbene, non sappiamo se il testo introdotto nell’articolo 2 in esame abbia tenuto conto dei sottili distinguo comparativi orchestrati dalla ordinanza interlocutoria qui richiamata, ma è bene dire che ove le Sezioni Unite accogliessero il principio articolato, e sostanzialmente sostenuto nell’ordinanza interlocutoria, si verrebbe di fatto già a estendere la portata dell’obbligo assicurativo (per altro oggi ampliato già come detto, dalla consuetudine commerciale) e anche la portata processuale dell’azione diretta contro l’assicuratore del responsabile, di fatto disallineando decenni di giurisprudenza contraria. 

Una visione in parte sorprendente
Il testo dell’articolo 1 dell’allegato A, dunque, (nell’affermare che “l’Impresa assicura anche la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione, dalla sosta, dalla fermata, dal movimento del veicolo e da tutte le operazioni preliminari e successive equiparate alla circolazione in qualsiasi area privata, ad esclusione delle aree aeroportuali civili e militari salvo che nelle aree previste dall’articolo 6, comma 7, del Codice della strada e dall’articolo 1 della legge 33 del 22 marzo 2012 – Norme in materia di circolazione stradale nelle aree aeroportuali – ove permane la copertura assicurativa dei veicoli privati in circolazione”) pare anticipare una visione estensiva dell’obbligo assicurativo in modo in parte sorprendente anche alla luce del perimetro di delega ricevuto. 

Esclusioni dove c’è responsabilità di condotta
L’articolo 2, molto importante, elenca (in termini apparentemente tassativi) le esclusioni di copertura ammissibili, ferma la loro non opponibilità ai terzi danneggiati. Si tratta di limitazioni in qualche modo giustificate da un principio di responsabilità, in quanto volte a privare l’assicurato della garanzia al ricorrere di condotte disdicevoli (tra le quali la non abilitazione alla guida, la guida in stato di ebbrezza, il trasporto irregolare).
Proprio in tema di rivalsa merita una notazione la previsione secondo la quale è il conducente, nella sua veste di assicurato, il primo legittimato passivo all’azione di rivalsa di cui all’articolo 144 del Cap, cui si aggiunge il proprietario (al di fuori dei casi di circolazione prohibente domino). La soluzione può essere condivisa, nella misura in cui buona parte delle eccezioni si fondano su una disdicevole condotta del conducente (ad esempio la guida in stato di ebbrezza). Ma presenterebbe qualche profilo discutibile ove ponesse a carico del conducente rivalse fondate, ad esempio, su annullamento di polizza derivante dalla responsabilità precontrattuale del proprietario/contraente (ex articolo 1892 del Codice civile, ad esempio, al netto di quanto si dirà tra poco). 

Questioni di rivalsa
Invero, l’opinione circa il soggetto verso il quale sia esperibile l’azione di rivalsa contrattuale non appare minimamente controversa nell’interpretazione delle corti di legittimità.
Si veda, per una recente rassegna, Cass. civ. Sez. III, Ord.13-11-2018, numero 29038 ove è stato affermato che “Occorre premettere che in tema di assicurazione obbligatoria della Rca, il ‘responsabile del danno’, che a norma della legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 23 ed ora dal dlgs 7 settembre 2005, n. 209, art. 144, comma 3, deve essere chiamato in causa, come litisconsorte necessario – in deroga al principio della facoltatività del litisconsorzio in materia di obbligazioni solidali – nel giudizio promosso dal danneggiato con azione diretta contro l’assicuratore Rca, è unicamente il proprietario del veicolo assicurato, non anche il conducente, se diverso da quello, trovando detta deroga giustificazione nell’esigenza di rafforzare la posizione processuale dell’assicuratore, onde consentirgli di opporre al proprietario del veicolo, quale soggetto assicurato, oltre all’accertamento della propria responsabilità – oggetto della domanda risarcitoria del danneggiato - anche le eccezioni e le clausole che prevedano l’eventuale contributo dell’assicurato al risarcimento del danno derivante dal contratto assicurativo, e in particolare, di esercitare l’azione di rivalsa legge n. 990 del 1969, ex art. 18 – e ora dlgs 209 del 2005, ex art. 144, comma 2 – verso l’assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione”.

Un’incertezza sul tema della opponibilità
Lo stesso tema delle dichiarazioni inesatte o reticenti e dell’aggravamento del rischio è trattato dagli articoli 3 e 4 dell’allegato A, che introducono (ma non risolvono) il delicato tema della opponibilità, o meno, della relativa eccezione al terzo danneggiato. 
Non si tratta di una vera e propria eccezione derivante dal contratto, ma in realtà correlata a una previsione di legge. La potenziale e astratta opponibilità al danneggiato dell’impugnazione del contratto o del recesso dell’assicuratore sembrerebbe potersi desumere dal testo dell’allegato, nella parte in cui precisa che “qualora sia applicabile l’articolo 144 del Codice, l’impresa eserciterà diritto di rivalsa per le somme che abbia dovuto pagare al terzo in conseguenza dell’inopponibilità di eccezioni previste dalla citata norma”. Disposizione che, di converso, evoca la possibilità che l’articolo 144 e la regola della non opponibilità non siano invocabili al ricorrere di alcune ipotesi di applicazione degli articoli 1892, 1893, 1894 e 1898 del Codice Civile. 

La cessione del contratto assicurativo con l’auto
Altra norma di un certo rilievo è quella contenuta nell’articolo 8 ove, al punto C è previsto che, mediante il trasferimento di proprietà del veicolo, si possa determinare, qualora il venditore lo voglia, cessione del contratto assicurativo all’acquirente del veicolo. 
In questo caso, l’assicuratore è tenuto ad accettare la variazione imposta sul contratto alle condizioni variabili eventualmente praticabili al nuovo acquirente.
Infatti, secondo la disposizione appena emanata, “in tal caso il venditore, eseguito il trasferimento di proprietà, è tenuto a dare immediata comunicazione della cessione del contratto all’acquirente e all’impresa, la quale prenderà atto della cessione provvedendo al rilascio all’acquirente dei documenti previsti dalla normativa vigente; ai sensi dell’articolo 1918 del Codice Civile il venditore del veicolo è tenuto al pagamento dei premi successivi fino al momento di detta comunicazione; il contratto ceduto si estingue alla sua naturale scadenza e l’impresa non rilascerà l’attestazione dello stato di rischio; per l’assicurazione dello stesso veicolo il cessionario dovrà stipulare un nuovo contratto”. 
Invero, già l’articolo 8 della legge n. 990/1969, trasfuso nel Codice delle Assicurazioni, prevedeva che l’alienazione del veicolo comportasse la cessione del contratto assicurativo, salvo le esclusioni nel seguito indicate. Il Codice ha solo introdotto la possibilità per l’assicurato che cede la proprietà di chiedere la risoluzione del contratto e chiedere la restituzione del premio non goduto. 
Da notare che la sentenza della Corte Costituzionale n. 77 del 29 marzo 1983 aveva inoltre dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 8 l. ass. Rca nella parte in cui prevedeva che il trasferimento della proprietà del veicolo importasse la cessione del contratto di assicurazione.

Quando il passaggio di polizza non avviene
Il trasferimento di proprietà del veicolo, a qualunque titolo dunque, produce ex lege la cessione del contratto di assicurazione, posto che la ratio della disposizione è in favore degli eventuali terzi danneggiati.
Viene ritenuto pacifico in dottrina che ci si trovi innanzi a una ipotesi di trasferimento coattivo del regolamento contrattuale. L’articolo 19 del Dpr n. 973/1970 dispone, inoltre, che nel caso di trasferimento del veicolo, che importi cessione del contratto di assicurazione, il cedente o il cessionario sono tenuti a darne immediata comunicazione all’assicuratore, fornendo tutte le indicazioni necessarie per il rilascio del nuovo certificato di assicurazione e, ove occorra, del nuovo contrassegno.
La cessione del contratto di assicurazione all’acquirente del veicolo non si verifica nelle seguenti ipotesi (CC 9/4/1983 n.2523):
  • a) quando l’alienante chiede che il contratto sia reso operante per altro veicolo (quindi l’ipotesi previsa dal punto b dell’articolo 8 in esame);
  • b) quando il compratore trasferisce sul veicolo acquistato un altro contratto assicurativo preesistente;
  • c) quando il compratore ha stipulato nuovo contratto assicurativo sul veicolo acquistato;
  • d) quando il trasferimento del veicolo sia effettuato per destinazione diversa dalla circolazione (demolizione, esportazione). 

Il trasferimento del veicolo, mentre non produce effetti immediati ed automatici nei confronti dell’assicuratore ceduto (al di fuori di ogni comunicazione), comporta invece la cessione del contratto di assicurazione con effetti immediati e automatici nei confronti dei terzi danneggiati. Incombe sull’assicuratore l’onere di provare nei confronti dei danneggiati l’avvenuto trasferimento della garanzia su altro autoveicolo dell’assicurato (si veda Corte di Cassazione n. 6918/1995). Tra le parti, la cessione del contratto rimane condizionata all’obbligo della comunicazione. 
In caso di omissione, se l’assicuratore paga il danno a terzi, ha diritto di rivalsa verso l’assicurato inadempiente nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto a rifiutare o ridurre la propria prestazione ex 144 Cap.

Esteso il dovere di notifica
L’articolo 10 introduce una discutibile regolamentazione della denuncia di sinistro, tesa a imporre all’assicurato (anche qualora lo abbia subito, e non cagionato) non solo l’obbligo di avvisare l’impresa dell’accaduto, utilizzando il modulo appositamente previsto, ma anche di trasmettere ogni successiva notizia, documento o atto giudiziario relativo al sinistro. Il mancato invio di tali notizie e di tale documentazione ulteriore comporterebbe, secondo l’impostazione normativa della clausola, la stessa sanzione prevista dall’articolo 1915 C.C. in caso di omesso avviso di sinistro (colposo o doloso). Il che pone qualche dubbio di tenuta, stante l’estrema genericità del lemma notizia (dietro alla cui vaghezza si potrebbero insinuare richieste informative eccessive rispetto allo scopo). In ogni caso, viene rimarcata l’importanza di un obbligo di cooperazione che, specie nella procedura di indennizzo diretto, potrebbe pro futuro cambiare la concreta modulazione dei processi liquidativi. 
Tale obbligo di cooperazione si sposa, peraltro, con la previsione (tra le condizioni da inserire necessariamente in polizza) del patto di gestione della lite (articolo 11). Si tratta della trasposizione dei modelli pattizi in uso nel mercato di riferimento, trasposizione che ripropone la clausola, di dubbia validità, relativa all’esclusione delle spese di resistenza sostenute dall’assicurato in relazione all’attività di professionisti non indicati o autorizzati dall’impresa. Trattasi di previsione che pare violare il disposto dell’articolo 1917 C.C., salvo la si voglia intendere in senso restrittivo, cioè come operante soltanto all’interno del patto di gestione e dunque quale conseguenza della sua violazione. 

Lo spazio di libertà nelle condizioni aggiuntive
Esaurita la parte relativa alle condizioni che il decreto ministeriale indica come necessarie, e obbligatoriamente presenti all’interno del contratto base, la sezione successiva (sezione terza) dell’allegato A si occupa delle condizioni aggiuntive al contratto base che, rimessa alla libera valutazione e iniziativa dell’impresa, “possono comportare una limitazione o un’estensione del rischio assicurato e della copertura assicurativa e possono determinare una diminuzione o un aumento dei premi o diverse modalità di gestione del contratto”. 
Tra queste, le clausole che limitano la copertura assicurativa al caso di guida esclusiva o esperta, quelle che aumentano il massimale minimo di legge, quelle che limitano esclusioni o rivalse e quelle che attengono alla concessione di uno sconto a fronte della disponibilità a installare la scatola nera o il dispositivo di controllo del tasso alcolemico o a sottoporre il mezzo da assicurare ad ispezione preventiva. 
Vi è da chiedersi, infatti, se a fronte di una così dettagliata descrizione delle clausole accessorie il gioco concorrenziale tra le imprese non finisca per appiattirsi, rimanendo vivo soltanto in relazione ai profili di prezzo.
Pur tipizzate, quelle clausole rimangono comunque nella libera disponibilità di ogni singola compagnia che, si ritiene, potrà liberamente decidere non soltanto se inserirle o meno all’interno della polizza ma anche a quale cluster di clientela proporle e a chi no.
L’insieme delle condizioni di polizza indicate nell’allegato A non esaurisce, comunque, lo spettro delle possibili soluzioni di garanzia che possono essere offerte dalle imprese, in aggiunta al contratto base. Cosa rimane dunque fuori dalla disciplina contrattuale di legge? Uno spazio di ulteriore modulazione della garanzia Rc auto sembra da ravvisarsi in alcune altre clausole attinenti alle modalità di liquidazione del sinistro o all’eventuale risarcimento in forma specifica (art. 14 Dpr n. 254/2016). Sono certamente estranee al contratto base, e dunque totalmente opzionali, le formule di garanzie danni diverse e complementari alla Rc auto, quali la Kasko, la furto incendio, l’infortunio del conducente e le altre coperture dei corpi di veicoli terrestri.
A fronte del probabile livellamento delle condizioni di base, è possibile che lo sforzo creativo delle imprese assicurative vada, in futuro, verso la costruzione di soluzioni di copertura pacchettizzate e magari abbinate a servizi non assicurativi tecnologicamente evoluti (di protezione del veicolo e assistenza del conducente), nel segno di una miglior messa in sicurezza di tutti i rischi connessi alla circolazione e al comparto automotive. 
Dal momento della sua effettiva vigenza, il contratto base renderà finalmente operativi gli obblighi informativi imposti agli intermediari assicurativi nell’ambito della loro attività di collocamento di polizze della Rc auto. 
Tali obblighi, previsti dall’articolo 132 bis del Cap, recano un non trascurabile impatto pratico sull’operatività del mercato di riferimento. 
Pur non essendo tenuto a rilasciare documenti di sorta, l’intermediario ha tutto l’interesse a tener traccia scritta e, dunque, comprovabile dell’adempimento dell’informativa: ciò a maggior ragione in considerazione della sanzione di nullità prevista in caso di violazione del relativo obbligo. 

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