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La spesa sociale alla prova del cambiamento

Percorsi di secondo welfare fotografa i contorni di un settore in crescita e rapida evoluzione

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Un orizzonte mosso, quasi increspato. Perché mosse, e in continuo movimento, sono le linee di sviluppo che stanno investendo il grande settore del welfare. Un’evoluzione che Percorsi di secondo welfare ha cercato di fotografare nel suo Terzo rapporto sul secondo welfare in Italia, presentato a Torino negli spazi dell’auditorium del grattacielo Intesa Sanpaolo.
Il settore sta attraversando una profonda fase di trasformazione. E la vecchia nozione di welfare state, in cui lo Stato si faceva carico di tutto e di tutti, pare ormai avviarsi verso il viale del tramonto. Non tanto perché le istituzioni siano già assenti dal panorama dei servizi alla persona, quanto piuttosto perché, accanto allo Stato, si sono affacciati soggetti nuovi e sempre più attivi. “Immaginiamo una gemma a quattro punte – ha commentato Maurizio Ferrera, curatore del rapporto – al centro c’è il benessere delle persone, le quattro punte sono le sfere che lo sostengono: lo Stato, il mercato, il sistema delle famiglie e le associazioni intermedie, dalla filantropia al non profit, ovvero gli attori che tutelano e sostengono il benessere”.
Lo Stato, almeno in Italia, continua a ricoprire un ruolo preponderante: 447,4 miliardi di euro suddivisi tra pensioni, sanità, assistenza sociale e politiche del lavoro. Eppure, complice anche la crisi economica che dieci anni fa ha investito il nuovo Paese, i servizi latitano: la stragrande maggioranza dei fondi si perde fra sanità e pensioni, pochissimo finisce in settori che pure avrebbero bisogno di un ampio sostegno.
È qui che si inserisce il secondo welfare, insieme multiforme di imprese diverse che fanno delle lacune statali il proprio business. Il settore sta crescendo: si parla di diversi punti di Pil, sicuramente più del 5%. E cresce pure la platea di beneficiari: basti pensare che, a seguito dell’inclusione del welfare aziendale nell’ultimo contratto nazionale dei metalmeccanici, oltre 200 mila imprese potrebbero attivare piani di benefit per i dipendenti.
Il tutto in un’ottica di collaborazione (e non competizione) con quanto offerto dallo Stato. “Il secondo welfare offre risorse aggiuntive di tipo complementare o integrativo che non solo non mettono a repentaglio la tenuta del primo ma possono colmarne le lacune creando dei circoli virtuosi”, ha osservato Ferrera.

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