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Gestire il rischio della disinformazione

Si moltiplicano le fonti di notizie, sulla cui veridicità e attendibilità sorgono sempre più dubbi. Anra porta l’attenzione sul rischio “fake news”

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Mai come oggi è stato semplice e veloce condividere informazioni. Diversamente da quanto accadeva solo alcuni decenni fa, quando la carta stampata era l’unico mezzo di diffusione, chiunque voglia pubblicare una notizia ha ora a disposizione una pluralità di strumenti per raggiungere, rapidamente e senza filtri, un audience potenzialmente globale. Ma la maggior parte delle informazioni che raggiungono gli utenti non subisce nessun processo critico di verifica che ne accerti l’attendibilità. E’ il rischio disinformazione, come spiega il presidente di ANRA Alessandro De Felice: “A seguito del verificarsi di eventi considerati largamente improbabili dai media tradizionali, come i recenti risultati elettorali a favore dell’elezione di Trump e del referendum pro-Brexit, si è diffusa la teoria che l’opinione pubblica possa essere stata guidata da un flusso pilotato di notizie fuorvianti via web e social network”. 
Contrariamente a quanto avveniva nel sistema d’informazione tradizionale, in cui le notizie  subivano numerose revisioni, internet costituisce un media gratuito e accessibile a chiunque. Se ciò ha da una parte conseguenze positive in termini di pluralismo delle voci, dall’altra genera preoccupazione per i risvolti sociali, politici ed economici che possono derivare dalla distribuzione incontrollata di informazioni false, denigratorie o infondate. Le soluzioni possibili vanno dalla riformulazione degli algoritmi su cui si basano i motori di ricerca alla modifica del funzionamento degli stessi, che contrariamente a quanto avviene ora (mostrano all’utente i risultati più in linea con il suo profilo) potrebbero proporre notizie che spingono a considerare punti di vista differenti, contro l’impoverimento e la radicalizzazione delle opinioni.     Un’alternativa potrebbe essere quella di aggiungere livelli di credibilità alle fonti, creando un database pubblico che permetta agli utenti di capire in autonomia il grado di veridicità della notizia.    

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