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Previdenza complementare, rivedere il sistema di adesione

Le proposte del presidente di Assoprevidenza, Sergio Corbello, che chiede al governo di modificare il meccanismo di partecipazione per rilanciare i fondi pensione negoziali

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A distanza di oltre 20 anni dall’entrata in vigore della regolamentazione (nel ’92) e a dieci anni dalla sua riforma (2005), il comparto della previdenza complementare in Italia appare tendenzialmente statico. Il numero di fondi di nuova istituzione infatti, negoziali e aperti, è ormai stabilizzato. A scattare l’istantanea poco edificante è il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello, nel corso del seminario sui nuovi scenari in materia di previdenza e assistenza complementare che si è tenuto ieri al Palazzo Parigi di Milano. 

Le maggiori criticità, secondo il numero uno di Assoprevidenza, si registrano sul fronte delle adesioni. Sebbene il numero degli aderenti sia pari a 6,5 milioni, questo rappresenta comunque meno del 30% degli occupati. Inoltre, da 5 anni a questa parte, anche in virtù della crisi economica, si segnala una diminuzione sulle adesioni ai fondi negoziali di nuova istituzione che, unita alla contrazione fisiologica, fa registrare -5% dal 2008. Infine, se vengono prese in considerazione anche le sospensioni degli apporti contributivi, considerando gli iscritti al netto di coloro che hanno interrotto i versamenti, il tasso di adesione rispetto agli occupati si riduce al 22,3%. Mentre la parte del leone è da attribuire a fondi aperti e, soprattutto, ai Pip che a fine 2014, detenevano oltre il 50% del totale degli aderenti alla previdenza complementare. 

Un contesto che induce ad una riflessione: “Occorre riconsiderare il ruolo centrale della contrattazione collettiva per sviluppare adesioni del mondo dei lavoratori subordinati”, evidenzia il presidente dell’associazione. Un provvedimento, questo, secondo Corbello, che può essere assunto in tempi rapidi visto che la normativa vigente al riguardo non presenta elementi ostativi. Infine, evidenzia il presidente dell’associazione italiana per la previdenza complementare, anche la Cassa depositi e prestiti dovrebbe “studiare qualche strumento per la previdenza”. 

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