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Fpa, lo Sna non aderisce al piano del commissario

Ermanno Martinetto aspettava entro venerdi le risposte formali di tutte le parti sociali coinvolte nel salvataggio di Fonage. Ora la palla torna alla Covip. Demozzi intervistato da Insurance Trade: piano lacunoso e non corredato da studi attuariali

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Nella riunione dello scorso 10 settembre il commissario Ermanno Martinetto aveva chiesto alle parti sociali di inviare, entro il 18 settembre, una risposta formale sul suo piano di salvataggio del Fondo pensione agenti. E nella data indicata dal commissario, è arrivato il parere di Sna che, in un documento di cinque pagine, ha affermato di “non poter esprimere l’accettazione o il diniego al piano”. Il Sindacato nazionale agenti ha spiegato di avere individuato “una serie di lacune, formali e sostanziali, nel piano di riequilibrio elaborato dall'amministrazione straordinaria del Fondo”, e di avere riscontrato anche “gravi anomalie nelle modalità adottate per ottenere la sottoscrizione del piano”

La proposta di Martinetto


Durante l’incontro del 10 settembre nessuna delle parti presenti aveva voluto sbilanciarsi nel dare una valutazione a caldo, anche se risultava già evidente l’orientamento di Anapa e di Unapass che guardavano con favore alla proposta di Martinetto. Una proposta che prevedeva l’unificazione della gestione ordinaria e di quella integrativa, una nuova gestione contributiva dal 1° gennaio 2016 e tagli alle pensioni già erogate non superiori al 35%. Il piano del commissario, nel complesso degli interventi proposti, teneva conto anche dei 20 milioni di euro messi a disposizione da Ania e UnipolSai.

Sna: piano non corredato da una base attuariale

Interpellato da Insurance Trade, il presidente dello Sna, Claudio Demozzi ha spiegato i motivi che hanno portato il sindacato nazionale agenti a non aderire alla soluzione proposta dal Commissario. “Il piano – afferma Demozzi – non spiega puntualmente i tagli che intende fare. Si parla di tagli che sarebbero stati in media del 40%: ma cosa vuole dire? Una media del 40% può significare che per qualche pensionato il taglio sarebbe stato del 10% e per altri del 70%. Dunque manca uno sviluppo puntuale dei tagli. Ma – continua il presidente di Sna – manca addirittura la base statistica: al piano che ci è stato presentato non è stata allegata alcuno studio attuariale. E ancora: manca anche il parere motivato del collegio di sorveglianza. Come si fa a firmare un documento carente in questo modo?”, si chiede Demozzi, sottolineando ancora una volta uno degli aspetti su cui Sna insiste da tempo: “come abbiamo rilevato, e come ci è stato confermato da alcuni tra i maggiori esperti del settore, nessuna norma prevede né consente alle parti istitutive e alle parti sociali di approvare o meno un piano di salvataggio. Il piano va fatto dal commissario e lo approva la Covip. Questo dice la legge. Per cui la richiesta di approvazione alle parti sociali è per lo meno anomala. La domanda – si chiede Demozzi – che ci facciamo e che si fanno anche gli esperti è: ma chi lo ha sottoscritto è consapevole di cosa ha sottoscritto? E poi: si sente legittimato a sottoscriverlo a nome degli iscritti al fondo?”.

Cosa accadrà nell’immediato

Quale sarà dunque il futuro del Fondo pensione agenti? Martinetto aveva chiesto l’adesione da parte di tutte le parti sociali, quindi ora la palla tornerà alla Covip. L'iter lo aveva indicato lo scorso 9 settembre lo stesso commissario, nella sua lettera di risposta ai quesiti che lo Sna gli aveva inviato il 13 agosto. “Se non c’è accordo delle fonti istitutive/parti sociali – si legge nella missiva di Martinetto – la Covip dovrà prima deliberare, ai sensi dell'art. 6 del dm 259/2012, i criteri sulla base dei quali dovrà essere effettuato il taglio delle prestazioni in corso di pagamento e di quelle future. In tal caso il piano definitivo dovrà essere predisposto dall'amministrazione straordinaria entro il 9 ottobre 2015”.

La spada di Damocle resta

Resta la spada di Damocle dello squilibrio prospettico. Nel documento contenente il piano di salvataggio proposto, Martinetto aveva fatto presente che, con le regole attuali del fondo, la situazione tornerebbe in equilibrio se si riducessero del 41,3% le prestazioni maturate delle due gestioni. “Peraltro – scriveva il commissario – il mantenimento delle attuali regole della gestione ordinaria genererebbe nuovi squilibri già dai prossimi esercizi, in quanto continuerebbero a prodursi diritti pensionistici sbilanciati. La principale motivazione di tale situazione è stata individuata nella promessa pensionistica della gestione ordinaria che ha prodotto nel tempo un livello di prestazioni significativamente superiore a quello dei contributi versati”. Secondo Demozzi i margini non cambiano rispetto a oggi. “Potrebbero servire tagli del 41,3%. Ma anche su questo punto esistono diversi pareri. Perché se è vero, come ci è stato confermato dagli esperti che abbiamo interpellato, che esistono delle plusvalenze latenti per centinaia di milioni di euro, non è detto che il punto di equilibrio sia pari al 41,3%, ma potrebbe essere inferiore”.

L’Apocalisse ci sarà o c’è già stata?

Il futuro di Fonage rimane oscuro. C’è chi ipotizza che, senza modifiche statutarie al fondo, uno dei possibili scenari potrebbe vedere tagli lineari alle pensioni anche maggiori rispetto a quelli proposti da Martinetto. Ma la prospettiva potrebbe essere ancora più buia: l’avvio, da parte della Covip, di una procedura concorsuale che porterebbe alla messa in liquidazione del Fondo. Scenari apocalittici? “L’Apocalisse – sottolinea Demozzi – si è già palesata, nel momento in cui è stato scoperto che il fondo aveva bisogno di essere rifinanziato. Ma la vera Apocalisse è rappresentata dal fatto che la parte più forte, cioè le compagnie assicurative, coloro che continuano a definire gli agenti come asse portante del settore, si rifiutano di stanziare i fondi per ricapitalizzare Fonage. Ogni altro scenario sarà sempre meno impattante rispetto a questo grande rifiuto storico che pesa come un macigno su questo settore. Abbiamo chiesto uno sforzo a un’industria che registra miliardi di euro di utili ogni anno, e ci è stato risposto di no. Tutto questo lascia l’amaro in bocca – conclude il presidente di Sna – perché dimostra che le compagnie hanno un rapporto molto più freddo e distaccato con gli agenti di quello che, nella nostra categoria, qualcuno sogna.

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