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Danni punitivi (Punitive and exemplary damages)

Si tratta di un aumento della cifra da risarcire applicabile come pena esemplare, in uso soprattutto nei paesi anglosassoni. Per gli assicuratori potrebbe significare prevedere una esclusione alla garanzia

Danni punitivi (Punitive and exemplary damages) hp_vert_img
Particolare istituto giuridico, in uso tradizionalmente nei sistemi di common law, che prevede che venga riconosciuta al danneggiato una posta di risarcimento particolarmente elevata, con lo scopo di applicare una pena “esemplare”, qualora il giudice o la giuria riconoscano che il danneggiante abbia agito con particolare malizia o efferatezza, dimostrando cioè una colpevole noncuranza delle regole, al di là della semplice negligenza.
In pratica lo scopo di tale istituto, assai popolare negli Stati Uniti d’America, è quello di punire l’autore dell’illecito da un lato, e di scoraggiare allo stesso tempo il perpetrarsi di azioni similari da parte di altri potenziali trasgressori. 
C’è da rilevare come la sua funzione dichiaratamente punitiva lo ponga ai confini del nostro ordinamento giuridico e dei sistemi di civil law, che prevedono una marcata separazione tra i principi del diritto civile, rispetto a quelli su cui si basa il diritto penale.
Il pilastro sul quale fonda la responsabilità civile nel nostro ordinamento è infatti costituito dal concetto della restitutio in integrum: la compensazione della perdita sofferta che ha lo scopo di porre il danneggiato (per lo meno sul piano economico o patrimoniale) nella situazione in cui egli si sarebbe trovato se l’illecito da lui subìto non fosse stato commesso.
Agli occhi di chi opera nel nostro ordinamento, dunque, il riconoscimento di un risarcimento assai maggiore rispetto al dovuto assumerebbe una connotazione deterrente e persecutoria, che risulterebbe aliena alla funzione compensatoria che impronta il nostro concetto di responsabilità civile: in poche parole, il risarcimento dovrebbe essere commisurato all’offesa subita, senza incorrere in forzature che risulterebbero inique.

Un aggravio non assicurabile
In realtà, perfino negli Stati Uniti d’America, ove i punitive sono correntemente applicati, la Corte Suprema è dovuta intervenire a più riprese per porre un freno all’entità di certe pronunce riconosciute come eccezionalmente sproporzionate, rispetto alla gravità del danno e al comportamento del danneggiante. All’interno di tale ordinamento gli importi riconosciuti a questo titolo, che vengono generalmente posti in aggiunta al risarcimento vero e proprio, possono infatti raggiungere cifre da capogiro e ammontare a centinaia di milioni di dollari. 
Pertanto, in alcuni stati dell’Unione, come Louisiana, Nebraska, Michigan e Washington, essi non sono ammessi quale parte del risarcimento previsto dalle compagnie di assicurazione: insomma, non sono assicurabili. 
Il motivo è in fondo logico: la loro funzione esemplare risulterebbe snaturata se trasferita all’assicuratore insieme al rischio, giacché bisognerebbe punire chi commette l’illecito e non la compagnia che lo assicura.
Tuttavia, nei casi in cui gli importi riconosciuti come punitive non sono particolarmente elevati, essi restano occultati e non costituiscono una posta di danno separata dall’importo del risarcimento vero e proprio. Finiscono quindi per essere pagati dagli assicuratori insieme ad esso. 
I danni punitivi hanno comunque cominciato a divenire sempre più popolari anche all’interno di ordinamenti giuridici diversi da quelli in cui sono stati originati, in particolare nei casi che riguardano lesioni dei diritti fondamentali dell’individuo. Questo è il motivo per cui il risarcimento dei punitive and exemplary damages viene escluso da quasi tutte le polizze di assicurazione, nel timore di rimanere coinvolti nel pagamento di cifre mirabolanti, che poco avrebbero a che vedere con lo scopo che si ritiene precipuo per il trasferimento del rischio.

Incertezza sull’ammissibilità in Italia
In Italia dottrina e giurisprudenza hanno affrontato a più riprese l’ammissibilità di questo tipo di risarcimenti e, come spesso accade, gli esiti delle discussioni che ne sono scaturite si è dimostrato ondivago. 
Infatti, per quanto la posizione di molti giuristi rimanga contraria all’accettazione dei punitive, segnaliamo la sentenza del 15.4.2015 n.7613 della Corte di Cassazione, nella quale è stato affrontato il tema della compatibilità con il nostro sistema delle cosiddette astreinte (sanzioni pecuniarie presenti nel diritto francese e in qualche modo assimilabili con il concetto dei punitive), giudicandole “non incompatibili con l’ordine pubblico italiano”. 
Inoltre, con sentenza n.16601 del 5.7.2017 la stessa Cassazione, a Sezioni Unite, ha ribadito che un pronunciamento emesso proprio negli Stati Uniti d’America e che prevedeva la condanna al risarcimento dei danni punitivi, non sarebbe incompatibile con l’ordinamento italiano, proprio alla luce della funzione anche deterrente e sanzionatoria della responsabilità civile.
La questione rimane dunque aperta e gli assicuratori devono tener conto dell’eventualità che l’ammontare del risarcimento dovuto possa comprendere, in maniera più o meno esplicita, un importo addizionale che il giudice o il collegio giudicante potrebbero riconoscere al danneggiato, a titolo di risarcimento punitivo ed esemplare. 
L’esclusione sembra essere al momento la migliore strategia per gli assicuratori, ma come potranno proteggersi gli assicurati?

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