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Margine di solvibilità

La facoltà della compagnia di assolvere pienamente il suo compito di protezione dai rischi è dipende dalle risorse del proprio patrimonio netto, garanzia della capacità di adempiere ai risarcimenti

Margine di solvibilità hp_vert_img
È questo un concetto di estrema importanza per le compagnie di assicurazione e per i loro clienti. 
Il margine di solvibilità, infatti, rappresenta la portata del patrimonio di un’impresa assicuratrice e garantisce la sua capacità finanziaria, assicurandole la possibilità di fronteggiare le obbligazioni derivanti dal portafoglio sottoscritto, incluse quelle che potranno scaturire in futuro, ad esempio, per effetto della sottoscrizione di contratti definibili come long tail, ovvero a lunga coda (quelle polizze, cioè, per le quali si prevede che la durata della vita di un sinistro, a partire dal fatto generatore e fino al suo effettivo pagamento, possa estendersi per molti anni). 
La composizione del margine di solvibilità, ovvero le voci che concorrono al suo conteggio, sono determinate dall’articolo 44 del Codice delle Assicurazioni, che demanda all’Ivass la definizione dei criteri per il suo calcolo.
In pratica, il margine di solvibilità rappresenta il patrimonio netto della compagnia assicuratrice, libero e svincolato da qualsiasi spesa o impegno prevedibile. Esso comprende il capitale sociale versato, le riserve legali e facoltative, gli utili e le perdite dell’impresa. 
Essendo lo stesso direttamente dipendente dal portafoglio sottoscritto, le voci che concorrono al suo conteggio cambiano a seconda del tipo di rami trattati dalla compagnia stessa. Se si trattasse di assicurazioni contro i danni, ad esempio, esso verrebbe calcolato in relazione ai premi incassati, oppure in base all’onere medio dei sinistri degli ultimi esercizi (il cui numero varia a seconda del ramo trattato), tenendo anche conto dell’eventuale riassicurazione acquistata.
Nelle assicurazioni sulla vita, invece, il margine di solvibilità è proporzionale al numero delle polizze stipulate ed è conteggiato sommando una percentuale delle riserve matematiche con una parte dei capitali sotto rischio, sempre tenendo conto delle cessioni e retrocessioni in riassicurazione.

Un indicatore di stabilità anche per i clienti
La determinazione del margine di solvibilità è dunque oggetto di calcoli complessi, ma è vitale per garantire la sopravvivenza di una compagnia assicuratrice nel tempo. In tal senso, è utile riportare quanto indicato dall’Ivass: “L’analisi delle situazioni di rischio che possono influire sulla sopravvivenza di un’impresa di assicurazione non è solo materia di studi economici, ma anche di studi statistici e attuariali aventi ad oggetto la teoria del rischio.(…) In sostanza, si tratta di stabilire l’entità del fondo di sicurezza che l’impresa deve detenere per garantire che l’eventuale risultato economico sfavorevole di un esercizio, connesso alla gestione di una massa premi, non sia, con un fissato livello di probabilità, superiore all’entità del fondo medesimo. (...) Tale riserva complementare può considerarsi reale garanzia per i futuri creditori, proprio perché in eccedenza rispetto agli impegni dell’impresa già manifestatisi o in corso di manifestazione.” (Quaderni Isvap, “Il margine di solvibilità delle imprese di assicurazione: confronto tra i sistemi europeo ed americano”).
Non si tratta di una questione squisitamente tecnica e destinata a restare riservata agli addetti e agli esperti del settore, dal momento che per gli assicurati, che sono i veri fruitori del servizio offerto dalle compagnie, il margine di solvibilità costituisce il principale indicatore della stabilità della compagnia stessa, dimostrata dalla sua capacità di poter assolvere economicamente l’onere assunto con la stipula del contratto assicurativo. 
Maggiore sarà il margine di solvibilità e più potrà considerarsi sicura l’azienda cui l’assicurato si è affidato, indipendentemente dall’importo dei sinistri che dovessero verificarsi. 

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