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Tacito rinnovo: le ragioni del no

Il 30 marzo scorso, su un emendamento a firma Bianconi (Ap-Ncd), è stato approvato nell’ambito del ddl Concorrenza, in commissione Industria al Senato, un articolo che vieta il rinnovo tacito per i contratti assicurativi del ramo danni. Fermo il mantenimento dell’articolo 1899 del Codice civile sul vincolo della durata poliennale.... Dimenticanza?
Su questo emendamento, immediata è stata la reazione dei due sindacati generalisti (Sna e Anapa Rete ImpresAgenzia), ma non è mancata la protesta anche di Aiase, l’Associazione dei subagenti iscritti alla sezione E del Rui. Tutti sono concordi nel reputare tale emendamento non certo un incentivo alla crescita del libero mercato assicurativo né, tantomeno, un’ulteriore tutela per l’assicurato. Le ragioni del no all’emendamento sono molteplici.

Per il cliente:

a) raramente rammenta la scadenza delle proprie polizze e potrebbe correre il ragionevole rischio di trovarsi scoperto di assicurazione;

b) si potrebbe ipotizzare, e il mio pensiero vuole essere pura ipotesi, che le imprese possano avere un maggior agio nella gestione di garanzie e premio, vista la cessazione dei contratti, i quali andrebbero rifatti con clausole forse peggiorative, se rapportate al passato, e premi superiori;

c) un vortice di centinaia di migliaia, forse milioni di contratti, alla mercé del miglior offerente, con buona pace della qualità e dell’adeguatezza”.

Per le compagnie:

a) la volatilità dei contratti non potrà essere ricompensata da un aumento del prezzo su una polizza sì (forse) e una polizza no;

b) potrebbe esserci un’altra guerra assurda, come è successo per l’abolizione della tacita proroga sulla Rc auto: prezzo sempre più al ribasso, con sconti da capogiro. Resta, nell’assicurato, il giusto tarlo del dubbio: se c’erano queste disponibilità nell’elaborare un onesto premio di tariffa, perché tanto bailamme? Il cliente lo abbiamo educato non male, malissimo, facendo intendere che i prezzi sono più alti, non per una necessità attuariale ma per poter scendere e farli contenti: ergo, stendiamo un velo sul passato e su quello che gli assicurati potrebbero realmente pensare di questo settore. Nessuno dimentichi, poi, l’intervento durissimo dell’Ivass per dare contenuti di maggior decenza ai contratti Rca on line; i quintali di carta per ristampare i contratti, indipendentemente da chi li emetterà;
una gestione dei portafogli, anche per le direzioni delle singole imprese, che sarà tanto impegnativa quanto difficile da attuare e con l’eventualità di dover aumentare gli addetti e quindi i costi;

e) per ogni compagnia ci sarà la difficoltà di pianificare ogni triennio, progettare un innovativo futuro, incrementare premi e ricavi netti nella logica degli azionisti, mettere in agenda un mercato diverso su tutto il territorio nazionale, con indici di penetrazione che sballeranno. Tutto diventa davvero difficile in un mercato già in crisi, dove non si è più in grado di fare previsioni. Sarà anche difficile ipotizzare, se passasse l’emendamento così com’è, un piano di ammortamento delle sicure perdite, anche di immagine.

Per gli agenti:

a) trattandosi di una figura imprenditoriale che “gestisce a proprio rischio e spese” diventerebbe difficilissimo pianificare investimenti, gestire risorse e introdurre in agenzia nuovo personale. L’intermediario ha un ruolo, già oggi, sempre più complesso: deve confrontarsi con un mercato competitivo e aggressivo e con potenziali assicurati sempre meglio informati.
Inoltre dal 2005, con il regolamento 5 di Isvap, gli intermediari hanno grosse responsabilità nei confronti del cliente: sono consulenti dell’assicurato e sono state fissate regole comportamentali che evidenziano, in modo inequivocabile, il ruolo di assistenza nei confronti degli assicurati. Si moltiplicano già oggi le sanzioni Ivass per quegli intermediari che non hanno trattato l’adeguatezza del contratto con la dovuta cura e importanza;

b) leggendo la relazione del presidente dell’Ivass dell’anno scorso, qualcosa si è compreso: la Rca è fuori controllo, i portafogli perdono consistenza di anno in anno, quindi crescono le spese fisse e calano i ricavi, la crescita dei canali alternativi è sotto gli occhi di tutti, il ramo vita è per la maggior parte gestito da banche e Poste.

Insomma questo provvedimento, non solo rende fragilissimo il bilancio di un’impresa/agenzia, già in profondo rosso, ma aumenta tantissimo il lavoro interno. Occorre gestire il controllo delle scadenze spalmate sull’intero mese in corso, avvisare e avvicinare tutta la clientela che ha contratti in scadenza, rammentando agli assicurati che da quel dato giorno saranno scoperti di assicurazione, rifare la polizza, rivedere le condizioni, firmare nuovamente tutto. Con la crisi, può anche essere che il cliente decida di non rinnovare il contratto con nessuno: anche questo è un modo per risparmiare, giocando sul calcolo delle probabilità.
Va inoltre evidenziato il rapporto normativo con la compagnia mandataria: punto molto delicato. Ad esempio: che fine farà l’indennizzo di fine rapporto? Conosciamo l’attuale struttura delle indennità di risoluzione: tripartite tra i parametri delle provvigioni, degli incassi ma, soprattutto, del montepremi.
È complesso determinare l’indennità che si dispiega come unica. L’articolo 25 poggia sul montepremi,  quindi su un elenco analitico delle polizze in portafoglio che hanno una durata nel tempo: un anno, tre anni, cinque anni, ecc. Quindi l’indennizzo, visto il non tacito rinnovo per migliaia o centinaia di posizioni, perde quasi certamente gran parte del suo intrinseco interesse e valore.
E la rivalsa che è stata pagata? Come si recupera? Rammentiamo che dovrebbe essere una partita di giro, ddl Concorrenza permettendo...
Si potrebbe ipotizzare di stralciare dall’accordo il meccanismo complesso del montepremi e degli incassi, semplicemente incrementando, nella giusta misura, i coefficienti dell’articolo 27.

Come vediamo, il problema è molto serio ed è un fatto ormai assodato, salvo le eccezioni lodevoli, che i rappresentanti del popolo italiano, nelle due ali del Parlamento, hanno poche idee, peraltro confuse, unite all’arroganza dei tuttologi.
Il rimedio, oggi come domani, per frenare questa deriva dovrebbe essere l’unità di intenti tra sindacati e gruppi aziendali, nessuno escluso, indipendentemente dalle singole ideologie e simpatie. Qui si tratta di comprendere dove andrà a parare questo settore e in che termini si prospetta il futuro. Per tutti.
Solo cercando di anticipare le obiezioni della politica, con chiare strategie da parte degli intermediari, ci sarà la possibilità di arginare questo fiume in piena.
Tutto ciò andrà a beneficio degli iscritti alle due sigle sindacali e non, ma certamente agli associati nei singoli gruppi aziendali, coinvolgendo in questo sforzo, anche gli iscritti alla Aiase.
Un cambiamento di rotta potrebbe generare una svolta diversa e assicurare all’intero mercato e ai consumatori un futuro meno grigio.

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