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Sanità, digitalizzazione a rilento

Medici e pazienti sono sempre più online, ma gli investimenti tecnologici nelle strutture sanitarie non crescono con la stessa velocità. I dati della ricerca del Politecnico di Milano

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L'innovazione digitale nella sanità italiana ha registrato nel 2016 un leggero calo degli investimenti, con una spesa complessiva di 1,27 miliardi di euro, meno 5% rispetto all’anno precedente. Secondo l'Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, i principali ostacoli sono i ritardi normativi, la mancanza di risorse economiche e la difficoltà nella formazione del personale. Leggermente migliori le performance delle aziende private, che hanno investito soprattutto nella digitalizzazione delle cartelle cliniche: l’80% delle strutture offre il download dei referti via web e il 61% la possibilità di prenotare prestazioni via internet. Sempre più propensi all’online sono invece medici e pazienti. Il 51% degli italiani nel 2016 ha utilizzato almeno un servizio web in ambito sanitario (+2% rispetto all’anno prima), in particolare per informarsi sulle strutture e per prenotare visite ed esami. La propensione al digitale cresce anche tra i medici: circa la metà utilizza applicazioni e WhatsApp per comunicare con i pazienti. Priorità condivise anche dal SSN sono lo sviluppo della telemedicina e di big data e business intelligence, per cui gli investimenti nel 2016 sono stati rispettivamente di 20 milioni di euro (contro i 13 milioni dell’anno precedente) e 15 milioni di euro (+5% rispetto al 2015). Nell’ambito della telemedicina attualmente la soluzione più diffusa è il teleconsulto tra enti ospedalieri o dipartimenti, prassi per una struttura su tre, mentre altri servizi, come la tele-riabilitazione e la tele-assistenza, sono per ora confinati a sperimentazioni. Le principali fonti di informazioni sono per ora i database amministrativi, sfruttati nel 78% delle strutture, mentre faticano a diffondersi le applicazioni di BI che raccolgono dati da social media o dispositivi wearable. Poco sviluppate anche le soluzioni di big data analytics: solo nel 15% dei casi esaminati le informazioni provenienti dalle cartelle elettroniche e dai registri degli studi clinici vengono utilizzate per scopi di ricerca.       

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