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L’etica aumenta il rendimento

Cresce l’attenzione verso gli investimenti etici, più sicuri e redditizi, nel medio-lungo termine, rispetto a quelli tradizionali. Il nostro Paese, però, è ancora fanalino di coda rispetto all’Europa e molte aspettative sono riposte nel nuovo decreto sugli investimenti. Questi i risultati di uno studio Assoprevidenza presentato, a Roma, nel corso di un convegno

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In Italia, gli investimenti etici (Sri, Socially responsible investments) sono oggetto di crescente attenzione da parte dell'opinione pubblica e degli investitori previdenziali, anche se occupano una posizione ancora marginale. Lo dimostra una ricerca i cui risultati sono pubblicati nel volume Gli investimenti etici dei fondi pensione - presentata nel corso del convegno, Gli investimenti etici dei Fondi Pensione, organizzato, a Roma, da Assoprevidenza (Associazione italiana per la previdenza e l'assistenza complementare), con il sostegno di Renovo e Vigeo Italia.
Meno esposti alla volatilità e in grado di contenere il rischio, gli investimenti etici prendono in considerazione le conseguenze sociali e ambientali all'interno di un contesto di rigorosa analisi finanziaria, escludendo titoli di società che producono armi, tabacco, alcool o che non rispettano i diritti dell'uomo. Nonostante occupino una posizione marginale nella composizione del patrimonio gestito dai fondi pensione italiani, l'utilizzo dei parametri Sri nella selezione degli investimenti è spesso in grado di mettere al riparo da una serie di rischi cui sono esposti gli investimenti tradizionali garantendo, nel medio-lungo termine, rendimenti anche superiori a quelli restituiti dagli investimenti che non considerano la responsabilità sociale.
Fondi pensione e Casse di previdenza - ha affermato Claudio Cacciamani, professore ordinario di economia degli intermediari finanziari presso l'Università di Parma e curatore dello studio di Assoprevidenza - sono forse gli unici soggetti in grado di sostenere investimenti di lungo termine. La loro filosofia si coniuga perfettamente con la logica dell'investimento Sri, che non è speculativo, ma garantisce ritorni di rilievo in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, rispondendo in questo modo all'obiettivo di generare la massima valorizzazione delle risorse impiegate".

A INVESTIRE IN ETICA SONO I PRIVATI

In Italia, il mercato dei prodotti finanziari etici è per circa il 90% retail, a differenza di quanto avviene in Europa dove il 94% è in mano agli investitori istituzionali (dati Eurif, European sustainable investment forum); le risorse investite in Europa con criteri socialmente responsabili sono raddoppiate fra il 2007 e il 2009, raggiungendo i 5.000 miliardi di euro, ma il nostro Paese è in coda alla classifica, rappresentando circa il 2% del mercato europeo dei fondi socialmente responsabili.
Eppure molto sta cambiando. "Anche in Italia - conferma Simonetta Bono, sales manager di Vigeo Italia - si sta affermando l'attenzione agli aspetti sociali ambientali e di governance nei processi di investimento. Una tendenza favorita da un contesto normativo e da una maggior consapevolezza da parte degli investitori sull'importanza di integrare variabili extra finanziarie nelle scelte di portafoglio".

IN ATTESA DEL DECRETO

Attualmente, le forme complementari non hanno alcun obbligo di investire secondo criteri di selezione etica, ma devono dichiarare se e in quale misura tengono in considerazioni aspetti ambientali, sociali ed etici nelle loro politiche d'investimento e nell'esercizio dei diritti di voto (dlgs. 252/2005, art. 6, comma 13, lettera c). In particolare, sono i fondi pensione chiusi i soggetti più attivi su questo fronte, ma anche le altre forme complementari stanno ragionando sulla possibilità di adottare principi etici e gli operatori del settore si attendono una rapida crescita degli investimenti etici, anche se vanno abbattute alcune barriere che ne frenano lo sviluppo, come la mancanza di uniformità di vedute sui parametri Sri da adottare.
Molte aspettative sono riposte nel decreto ministeriale (dm 703/96), attualmente nelle mani del ministro dell'economia Pier Carlo Padoan, che stabilisce i limiti degli investimenti dei fondi pensione. "È auspicabile - ha sottolineato Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza - che il nuovo decreto ministeriale 703/96 consegni alle forme complementari maggiore libertà di manovra in materia di investimenti, secondo un modello trasparente, affidando loro un ruolo più attivo nel controllo dei rischi e favorendo lo sviluppo del mercato finanziario attraverso l'ingresso di investitori istituzionali come le forme complementari nel mondo degli investimenti verso settori quali l'ambiente, la ricerca, l'innovazione, le infrastrutture, le energie alternative, il sostegno alle pmi. Nulla impedisce alle forme complementari di inserire tra i limiti dei diversi mandati ai gestori anche dei criteri di socially responsible investing per la scelta degli asset. In tal senso esistono già esperienze virtuose e non mancano operatori del mercato finanziario in grado di rispondere adeguatamente alle richieste delle forme pensionistiche".

SELEZIONE E CONTROLLO

Gli investimenti socialmente responsabili richiedono grande cura in termini di intervento attivo dell'investitore previdenziale, sia in fase di primo investimento sia di controllo. La destinazione dei fondi, l'assunzione di precisi impegni da parte del responsabile degli investimenti, l'attenzione alla governance degli intermediari e dei destinatari dei fondi implicano un atteggiamento attivo dell'investitore previdenziale. Ne deriva una necessità di competenze che non sempre sono presenti all'interno degli investitori previdenziali, per le quali, anche in caso di ricorso a soggetti esterni, è opportuno un controllo forte e attivo.
Infine, vi è la necessità di adottare indicatori di rendimento e di rischio che tengano in adeguata considerazione variabili non solo quantitative, ma anche qualitative; come per esempio la sostenibilità nel medio-lungo termine, il ritorno sociale e la complementarietà rispetto a ulteriori fabbisogni degli iscritti.

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