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Danno al bene vita: la sentenza 1361 “al giudizio” delle Sezioni Unite

Il presidente delle Ss.Uu. ha accolto la richiesta di procedere a un chiarimento definitivo sulla frattura creata: prossima tappa il 17 giugno

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Dunque è giunta la tanto attesa - e da taluni ritenuta necessaria - adunanza a Sezioni Unite della suprema Corte di Cassazione civile, che sarà ancora una volta chiamata, a distanza di sei anni dai suoi pronunciamenti esaurienti e universali del 2008, a riesaminare il sistema di risarcimento del danno alla persona come costruito dalla giurisprudenza nell'evoluzione che aveva portato agli approdi condivisibili delle sentenzE ribattezzate di San Martino (Cass. Nn. 26972/3/4/5 dell'11 novembre 2008).
Nel numero 475 del 12/03/2014 di questo giornale avevamo criticato la decisione resa dalla terza sezione della Suprema Corte (n.1361 del 2014), che si era posta come palese strumento di spaccatura nei confronti dei pronunciamenti consolidati della stessa Corte, sia sul piano generale dei principi risarcitori del sistema di tutela del danno alla persona, sia - nello specifico del decisum - affermando in modo innovativo e rivoluzionario la risarcibilità del danno da perdita della vita, disattendendo (se non ignorando) i canoni codificati dalla magistratura in questi ultimi anni. In tale nostro commento avevamo criticato la decisione 1361 sia per la sua intenzionale distorsione dei principi giuridici che sino a oggi hanno retto il nostro sistema, sia per l'incuranza con la quale venivano rifiutati gli obblighi di uniformità che le decisioni rese a Sezioni Unite impongono alle singole magistrature dello Stato.

Una posizione volutamente esterna ai principi giuridici
È certamente vero che quello della vincolatività nomofilattica dei pronunciamenti a Ss.Uu. è uno dei canoni che reggono il sistema giurisdizionale maggiormente in crisi nel nostro ordinamento, ma la distonia manifestata nella sentenza 1361 rispetto ai principi del diritto era apparsa allora il frutto non tanto di un incedere giuridico approdato a lidi difformi, ma semmai quello di un rifiuto culturale preconizzato verso detti principi quadro del sistema.
Non altrimenti può essere valutato il ragionamento cardine della sentenza 1361 specie laddove, in uno dei passaggi chiave della motivazione, afferma di porsi consciamente al di fuori dei principi giuridici che regolano la causalità tra illecito e danno, ritenendo di poterlo fare per l'eccezionalità delle proprie ragioni, costituendo così una base autoreferenziale per uscire dal dettato nomofilattico.
Orbene, poco dopo il pronunciamento distonico in questione, il consigliere Giacomo Travaglino riteneva più congrua e dovuta - in analoga situazione - la rimessione al presidente della Corte per valutare l'opportunità di rinviare nuovamente la questione della risarcibilità o meno del danno da perdita del bene vita alle Sezioni Unite (ordinanza 5056/2014).

Alla ricerca di una sintesi interpretativa

È di questi giorni la notizia che il presidente, in esito alle valutazioni del caso, ha disposto per la fissazione dell'udienza pubblica del 17 giugno 2014, ritenuto che la decisione del ricorso si palesa urgente trattandosi di questione di considerevole impatto sociale" (ordinanza 16 maggio 2014).
Il prossimo 17 giugno sarà dunque annoverata come un'altra data di snodo del nostro sistema ordinamentale di tutela della persona e di valutazione del pregiudizio risarcibile.
Continuiamo a pensare che non si sentiva la necessità, a distanza di meno di sei anni dalle precedenti sentenze quadro del 2008, di una nuova riflessione sulla tenuta del sistema.
Prova ne sia la amplissima giurisprudenza di legittimità e dei tribunali dello Stato che in questi anni si sono uniformati al tracciato nomofilattico riconoscendovi equilibrio sostanziale e conformità giuridica ai principi del diritto.
Ci resta dunque la percezione di una svolta forzata, voluta anche oltre la legittimità delle istanze che hanno retto la decisione 1361 dei primi giorni di quest'anno, che resta un unicum nel panorama giurisprudenziale, dando la spinta alla decisione odierna del presidente della Corte.
Alla data di adunanza, dunque, le Sezioni Unite saranno nuovamente chiamate, più che a comporre un netto contrasto interno, a trovare una soluzione di sintesi verso le spinte culturali di rottura col sistema odierno, provenienti da parte della dottrina di settore che ha trovato terreno fertile in alcuni magistrati della Corte. Si vedrà a quale approdo ci porterà questa nuova tappa del nostro mai sopito dibattito giurisprudenziale.
L'auspicio è che dal 18 giugno si possa ancora vivere in un sistema giuridico di tutela della persona improntato, come sostanzialmente avviene oggi, alla congruità e alla equità del ristoro, associata a una sostenibilità economica del nostro generale impianto risarcitorio.

Filippo Martini,
Studio legale Mrv

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