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Le politiche di remunerazione secondo Solvency II

Lo stipendio del più alto dirigente non è un premio conferito per i risultati ottenuti. Talvolta assume la natura di un caloroso gesto personale verso se stesso (1)

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Con questa affermazione John Galbraight, uno dei più influenti economisti del ventesimo secolo, ha probabilmente voluto estremizzare un pensiero diffuso. Durante la recente crisi economica, che ha scosso il mondo finanziario nelle sue fondamenta, sono finite sotto l'occhio del ciclone, infatti, anche le politiche di remunerazione delle istituzioni finanziarie. La stessa Ivass non si è mostrata insensibile a tali tematiche e, con il Regolamento 39/2011, ha emanato le linee guida per la remunerazione dei dipendenti.

Tale regolamento è in linea con i principi previsti dalla direttiva Solvency II in materia di politiche di remunerazione; questa si pone l'obiettivo di disincentivare comportamenti non in linea con il profilo di rischio della compagnia ponendo l'attenzione sulle funzioni aziendali le cui attività comportano l'assunzione di rischi o in cui siano più probabili conflitti di interesse tra l'operato del singolo e l'interesse della compagnia.

Le compagnie, dunque, devono dotarsi di una policy di remunerazione che, coerentemente con i dettami del nuovo regime di vigilanza prudenziale, tenga conto di una molteplicità di elementi quali le strategie di business, il sistema di risk management, gli interessi e le performance della compagnia nel lungo termine.

Al fine di disincentivare possibili comportamenti opportunistici di breve termine, si deve mirare al bilanciamento tra le componenti fisse e variabili della remunerazione in modo tale che quella fissa costituisca una porzione sufficientemente elevata del totale. Il Regolatore, inoltre, non si limita a definire delle linee guida sulla quota variabile, ma delinea anche l'approccio per la valutazione delle performance individuali e collettive; gli obiettivi dovranno essere raggiunti anche nel rispetto dei limiti di capitale allocato a ciascuna unità organizzativa nel processo di risk appetite e budgeting. In questo modo dovrebbe essere possibile assicurare una più sana e prudente gestione del business così da garantire il perseguimento degli interessi di tutti gli stakeholder.

La remuneration policy costituisce in realtà solo un tassello di un puzzle ben più complesso che il Regolatore ha chiesto alle compagnie di comporre. La piena efficacia del nuovo sistema di vigilanza prudenziale potrà però essere assicurata solo se tutte le tessere del puzzle - risk quantification, risk governance e risk trasparency - saranno incastrate perfettamente. Lo sforzo delle istituzioni per una regolamentazione del mercato assicurativo è indubbio, probabilmente lo stesso Galbright avrebbe apprezzato il cammino intrapreso con Solvency II.

1 Annals of an Abiding Liberal, Houghton Mifflin, 1979

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