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La validità della Rca estesa alle aree private

Una sentenza della Cassazione riapre il dibattito sulla copertura assicurativa per danni avvenuti in spazi diversi dalle strade propriamente intese. Il giudizio si riallaccia definitivamente alla più estensiva norma europea, che include tutti gli utilizzi propri del veicolo

La validità della Rca estesa alle aree private hp_vert_img
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno depositato il 30 luglio una sentenza, attesa da tempo, che per certi aspetti chiude il cerchio in materia di circolazione stradale e obbligo assicurativo, da ritenersi, questo il passaggio in evidenza, sussistente anche nel caso di sinistro avvenuto in area privata con conseguente esperibilità dell’azione diretta contro l’assicuratore del veicolo responsabile.

La sentenza (n. 21983, Primo Pres. Curzio, Est. Scarano) prende definitiva posizione su una questione dibattuta da molto tempo, di fatto sovvertendo i propri precedenti orientamenti in tema di interpretazione più o meno estensiva dell’art. 122 del Codice delle Assicurazioni, sulla definizione di circolazione legata all’obbligo assicurativo. La sentenza risponde infatti in senso affermativo al quesito se “l’art. 122 possa e debba interpretarsi, conformemente alla giurisprudenza eurounitaria, nel senso che la circolazione su aree equiparate alle strade di uso pubblico debba intendersi come quella effettuata su ogni spazio ove il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale”.

PREVALE IL CONTESTO DI UTILIZZO CONFORME
La vicenda a quo riguardava un gravissimo sinistro mortale avvenuto all’interno di un androne box ove i giudici di merito, allineandosi ai precedenti della stessa Corte, avevano negato l’azione diretta contro l’assicuratore del veicolo del responsabile, nonostante fosse documentata in giudizio la presenza di una clausola che rendeva operativa, su base volontaria, la garanzia anche alla circolazione in area privata. 

L’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, nel trasmettere la questione, segnalava l’esistenza del contrasto soprattutto fra la giurisprudenza nazionale e quella comunitaria, evidenziando come quest’ultima avesse da tempo stabilito che l’obbligo assicurativo trova la sua radice nella “circolazione dei veicoli” qualunque ne sia l’uso, a condizione che sia “conforme alla funzione abituale dello stesso” (così Corte di Giust., 04/09/2014, causa C-162/13, pag. 10), senza mai tenere in conto il luogo del transito. 

In quest’ottica, quindi, già nell’ordinanza di rimessione, si chiedeva se la Corte avrebbe dovuto rivedere il proprio orientamento, alla luce della considerazione che la giurisprudenza comunitaria, in termini suscettibili di essere definiti quale acte clair, nel ricostruire la portata delle direttive Ue, già leghi l’obbligo assicurativo di Rca all’utilizzo del veicolo quale mezzo di trasporto e non mai al tipo accessibilità della strada su cui avvenga.
Decidendo in senso adesivo all’istanza dei ricorrenti e della stessa ordinanza di rimessione, le Sezioni Unite hanno definitivamente stabilito che “è l’utilizzazione del veicolo in modo conforme alla sua funzione abituale ad assumere fondamentale rilievo costituendo (…) il criterio di equiparazione alle strade a uso pubblico di ogni altra area o spazio ove sia avvenuto il sinistro”.
E ancora che “il criterio discrettivo cui assegnare rilievo ai fini della determinazione dell’estensione della copertura assicurativa per la Rca deve dunque rinvenirsi nell’uso del veicolo conforme alla sua funzione abituale”, e non quindi nella natura dell’area ove lo stesso utilizzo venga posto in essere.

UNA DECISIONE CHE RECEPISCE IL DIRITTO COMUNITARIO
Ciò con la precisazione (opportuna e forse da valutare in non infrequenti ipotesi limite) che “rimane non coperta da assicurazione per la Rca solamente l’ipotesi dell’utilizzatore del veicolo in contesti particolari e avulsi dal concetto di circolazione sotteso” e quindi quando vi sia una “utilizzazione anomala del veicolo non conforme alle sue caratteristiche e alla sua funzione abituale”.
Fermo l’impatto pratico di relativa importanza (attesa la diffusione nel mercato delle clausole estensive volontarie alla copertura per aree private), la questione pone ancora una volta al centro il concetto, di derivazione comunitaria e definitivamente recepito in ambito nazionale, della funzione del veicolo e dell’uso conforme (e non abnorme) dello stesso, quale elemento dirimente per definire la perimetrazione dell’obbligo di assicurare la circolazione stradale. 
Come detto, la Suprema Corte in un certo senso chiude il cerchio in tema di obbligo assicurativo da circolazione dei veicoli, di fatto completando l’iter di estensione, sempre veicolato dal pieno recepimento del diritto comunitario, già iniziato con la nota sentenza, sempre a SS.UU., del 2015 (n.8620).
Alla stregua di quanto ora deciso dalle Sezioni Unite, e tenuto conto dei precedenti che hanno esteso il concetto di obbligo di garanzia per le imprese di assicurazione anche a eventi limite in precedenza esclusi (la sosta del veicolo, la posizione di arresto, l’ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, gli incidenti occorsi durante le operazioni eseguite in funzione della partenza o connesse alla fermata, sia ancora con riguardo a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale esso può circolare nelle strade, come ad esempio lo scarico di merci, o altro), si può dire che l’obbligo assicurativo e quindi di indennizzo per l’assicuratore Rca oggi riguardi un ampio ventaglio di ipotesi anche collaterali alla circolazione stessa, alle quali si aggiunge infine, per effetto della sentenza n. 21983, anche la circolazione del veicolo in qualunque area, anche se delimitata e interdetta al pubblico. 

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