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Tabelle 2018, un’operazione opaca

Secondo Simla, l’elaborazione delle tabelle del danno biologico nel range 10-100 punti è stata gestita in maniera non competente, escludendo, tra gli altri aspetti, il coinvolgimento delle società scientifiche che la legge Gelli mette invece al centro delle valutazioni scientifiche

Tabelle 2018, un’operazione opaca hp_vert_img
La cosiddetta consultazione pubblica relativa al progetto di Dpr, contenente le tabelle per la valutazione e la liquidazione del danno biologico nel range 10-100 punti di invalidità, è stata portata a termine, anche se non se ne conosce quale sia stato il risultato. È certo che il momento che sta attraversando il Paese intero fa passare in secondo piano qualsiasi progettualità di tipo legislativo che non sia diretta a fronteggiare le gravissime conseguenze della pandemia. Dunque, può darsi che anche questo “progetto”, come molti prima di lui nel medesimo ambito, rimanga ancora in un cassetto per lungo tempo. Ma proprio per la sua importanza è doveroso affrontarne l’impianto, perché questo, almeno dal punto di vista medico-legale, è l’esempio di una storia italiana che è emblematica di come le cose non dovrebbero esser fatte, soprattutto pensando alle ricadute che le azioni del legislatore hanno sulla società civile e sul sistema industriale italiano. 
Le tabelle contenute nel progetto di Dpr, come è noto a tutti, dovrebbero diventare il punto di riferimento per misurare l’invalidità di qualsiasi cittadino che abbia subìto una lesione alla propria salute da parte di terzi (cosiddetto danno biologico) e, conseguentemente, liquidarla dal punto di vista economico. Il completamento dell’art. 138 del Codice delle Assicurazioni, che stabiliva la predisposizione di tali tabelle, era atteso da più di 15 anni dal mondo giuridico, dalle imprese assicurative e dai consumatori. È chiaro che qualsiasi assegnazione di denaro determinata da un danno alla salute di un soggetto dipende totalmente dalla valutazione dell’invalidità che lo specialista in medicina legale appronta esaminando la documentazione, interrogando e visitando coloro i quali hanno subito delle lesioni.
 
UN PERCORSO NON LINEARE
Forse non a tutti è noto, ma bisogna forzatamente ricordarlo, che con l’entrata in vigore della legge n. 24/2017 (cosiddetta legge Gelli-Bianco) le società scientifiche nazionali, qualora approvate dal ministero, hanno il compito di redigere linee guida e buone pratiche cliniche che, una volta inserite nel Sistema Nazionale Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità, diventano il riferimento operativo della pratica clinica nei specifici settori di interesse, con obbligo di conformazione del comportamento dei sanitari a quest’ultime, pena il riconoscimento, in caso di violazione, della sussistenza di un comportamento colposo. Ritornando alla questione che si sta esaminando, se vi era un riferimento scientifico adeguato per l’elaborazione di queste tabelle, questo non poteva che essere quello della società scientifica Simla (Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni) che, peraltro, partecipò attivamente alla versione delle stesse redatte nel 2005 e mai più approvate. È ovvio che quanto disposto dalla legge Gelli-Bianco rendeva ancora più cogente la chiamata in causa della società scientifica Simla. Ma in questo curioso Paese il seguire linee corrette sotto un profilo tecnico scientifico e condotte che dovrebbero seguire i principi delineati da leggi già esistenti, sembra sia impossibile. Così, con un’operazione di un’incredibile opacità, nel marzo del 2018, attraverso un cosiddetto decreto direttoriale, allo stato introvabile quanto meno sul web, il ministero della Salute nominava una fantomatica commissione, di cui i nomi dei componenti sono del tutto sconosciuti a tutt’oggi, che elaborava una completa revisione delle tabelle d’invalidità, terminando frettolosamente nel luglio 2018 i suoi lavori.

ERRORI, VOCI DECONTESTUALIZZATE E DIMENTICANZE
La grossolanità dell’operazione è risultata subito evidente alla maggioranza degli esperti, in quanto il documento contiene numerosi errori, sia dottrinari che clinici propriamente detti. Un esempio dell’incredibile superficialità con cui il documento è stato elaborato è quello rappresentato da quanto contenuto nella relazione illustrativa del Mise allo stesso, per cui il danno morale sarebbe inteso “come danno psichico e dinamico relazionale”. Non occorre essere dei docenti universitari esperti di responsabilità civile per notare come questa impostazione dottrinaria, che dovrebbe essere esplicativa delle tabelle, contrasti con tutte le prospettive definitorie del danno alla persona stabilite dalla giurisprudenza e dalla medicina legale, sapendo tutti che “il danno psichico” è “danno biologico” tout court e che le ultime sentenze della Cassazione identificano il danno biologico nell’ambito della sfera dinamico-relazionale. Ancora, nelle stesse tabelle, con un’operazione copia - incolla, sono state introdotte le voci riguardo al danno psichico riportate nelle Linee Guida per la valutazione medico-legale del danno alla persona in ambito civilistico a cura di Simla e pubblicato da Giuffré nel 2016. Peccato che la tabella non preveda quello che invece era il fondamento, in questo ambito, dell’applicazione tabellare prevista nelle suddette linee guida rappresentate dall’applicazione, nella determinazione percentuale del danno psichico clinicamente accertato, di un coefficiente matematico di correzione derivato dalla scala di rilevanza degli eventi psicotraumatici che conteneva i coefficienti di taratura del danno biologico. Dunque, tutte le voci tabellari riportate nella tabella che si voleva di legge, non potevano che perdere qualsiasi senso applicativo perché estrapolate dal contesto nelle quali erano state elaborate. Per non parlare, ancora, di una serie di valutazioni inappropriate che ignorano quelle già stabilite, in riferimento dei dettati dell’art. 139 del Codice delle Assicurazioni per i punti che vanno dallo 0 al 9% di invalidità, facendo traballare il contenuto di una tabella già sussistente per legge. Ovvero, se la nuova tabella di legge riporta che il valore per la perdita di un occhio è del 30% (il parametro nelle tabelle mai approvate del 2005 era del 25%), questo inevitabilmente si ripercuoterà anche sui valori delle micropermanenti che si riferiscono alle menomazioni oculari che dovrebbero essere, forzatamente, nuovamente redatte. Che dire poi della mancata introduzione dei parametri, a livello di metodologia valutativa, della sofferenza psico-fisica stabiliti dalla dottrina medico-legale e della completa dimenticanza dei contenuti della Consensus Conference per la valutazione del danno biologico nella persona anziana che, considerata buona pratica clinica dall’Istituto Superiore di Sanità, sarebbe di obbligatoria applicazione in tutte le fattispecie valutative di soggetti in età avanzata vittime di lesioni erogate da terzi. E si potrebbe ancora continuare in questa selva di mancanze, di rattoppi e di approcci al di fuori del senso comune e della conoscenza tecnico scientifica degli argomenti trattati, parlando di preesistenze patologiche, di lesioni dentarie ecc.. 

UN APPROCCIO CONTRARIO ALLA LEGGE GELLI-BIANCO
Ma, al di là di queste segnalate discrasie, quello che francamente sconcerta di più è l’assoluta mancanza, nella preparazione della porzione medico-legale del progetto legislativo, di un’appropriata metodologia per l’elaborazione di un documento così importante. Oggi per gestire adeguatamente sotto il profilo scientifico un’operazione che ha una ricaduta massiccia sulle imprese e sulla cittadinanza (è pari a 4,6 miliardi di euro il costo sostenuto nel 2018 da parte delle assicurazioni per i soli risarcimenti relativi ai sinistri auto in Italia), non è possibile operare senza che la trasparenza, i conflitti di interesse e il rispetto delle regole stabilite dalla ricerca in ambito medico, non siano adeguatamente tenuti in conto. Ci si domanda come possa essere stata esclusa la Simla (e tale esclusione è stata sottolineata da tutti coloro che hanno commentato il provvedimento) proprio per la dimensione, di cui accennavamo prima, che è stata data alle società scientifiche nell’impianto legislativo deciso dalla legge Gelli-Bianco. Se tale esclusione fosse confermata, non è affatto peregrino pensare che un’opposizione alle tabelle da parte della stessa Simla potrebbe invalidare completamente un processo così delicato e importante. Per non parlare poi del fatto che l’approccio seguito dal ministero della Salute nella nomina del gruppo tecnico e i lavori eseguiti dallo stesso, tanto oscuri da non conoscersi non solo le modalità di operatività di quest’ultimo, ma nemmeno i nomi dei componenti, già di per sé qualifica queste tabelle come non accettabili per chiunque sia a conoscenza delle corrette metodologie che governano qualsiasi procedura atta a produrre documenti validi in ambito clinico medico. 
Non si può che auspicare che si torni rapidamente ad affrontare il problema coinvolgendo Simla e i rappresentanti medico-legali di tutti gli stakeholder coinvolti (Ania, consumatori, Inail ecc…) a un tavolo che sia davvero tecnico e che affronti la revisione con metodi corretti. Salvo che, al contrario, si accetti che venga dato spazio a un’operazione che non potrà che portare a un grave nocumento per i danneggiati e per le imprese assicuratrici, non foss’altro perché è chiaro che, così operando, si sfugge a procedure che solo l’eccellenza scientifica, che è compagna inseparabile della trasparenza, può condurre a termine in un Paese degno di appartenere all’Europa e al novero delle più avanzate democrazie. Se tutto rimarrà così, vuol dire che siamo da serie B. Lo si sappia. Poi non ci si lamenti. I medici-legali italiani con la Simla, comunque, l’avevano segnalato. 

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