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L'impatto del digital sulle assicurazioni

Rischi e opportunità emerse all'interno di un convegno promosso dall'Autorità

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L’uso sofisticato della tecnologia è un’opportunità importante, purché la si sappia capire e cavalcare. Con questa considerazione, il presidente delI'Ivass, Salvatore Rossi, ha aperto venerdì scorso, a Roma, l'Iniziativa Insurtech, promossa dall'Autorità per stimolare un confronto fra imprese, intermediari, regolatori e ricercatori sull’impatto che l’innovazione ha sul mercato assicurativo, a cui norme e prassi di vigilanza devono adattarsi. 
L’insurtech, ha spiegato Rossi, è un mondo a due facce che racchiude sia opportunità, laddove consente efficienza e riduzione dei costi, ma anche rischi, per le compagnie che non si adeguano all’evoluzione tecnologica e per il consumatore che, oggi, è esposto a nuove minacce. 

IMPRESE A RISCHIO, MA INCONSAPEVOLI 
Fra i temi caldi della mattinata, quello della sicurezza informatica: area in cui il sistema produttivo italiano, investe ancora poco (4.500 euro in media, con punte di 19 mila euro per il settore Ict), nonostante il 45% delle imprese manufatturiere e dei servizi finanziari abbia subito un attacco informatico. A rilevarlo è una ricerca sul cyber risk di Banca d’Italia, condotta su 4 mila imprese nel periodo fra settembre 2015 e settembre 2016, secondo cui le più esposte sono le grandi realtà (62,8%), quelle ad alta tecnologia (48%) e le imprese che operano sui mercati internazionali (43%). Tuttavia, solo il 13,5 delle imprese Ict e il 4,8% di quelle a bassa tecnologia hanno stipulato polizze stand alone, mentre ben il 59,3% delle prime e l’81,5% delle seconde non è assicurato. A non spendere nulla è il 20% delle imprese, ma un 12,9% dichiara di non aver trovato una copertura adeguata. 

INTERMEDIARI E CYBER RISK 
Sul rischio informatico, anche l’Ivass ha effettuato, lo scorso luglio, un’indagine conoscitiva relativa su 2.900 intermediari assicurativi, da cui emerge un discreto livello di consapevolezza su questa minaccia, percepita dall’80% del campione, che ricorre a presidi di base per fronteggiare il rischio informatico. I risultati, però, ha raccontato Maria Luisa Cavina, responsabile del servizio vigilanza intermediari assicurativi dell'Ivass, pongono anche ombre: solo il 20% adotta policy aziendale in materia di cyber risk e test antintrusione, e solo il 22% utilizza sistemi di rilevazione accessi non autorizzati.
Altro dato importante è quello sulla formazione specifica del personale – erogata solo dal 23% degli agenti e dal 30% dei broker – e sul ricorso allo strumento assicurativo per il rischio residuo, che coinvolge solo il 10% degli agenti, e il 12% dei broker. In sintesi, vi sono ampi margini di miglioramento e, a tal fine, l'Ivass farà una lettera al mercato per fornire agli operatori le indicazioni per una significativa mitigazione dei rischi, ripetendo poi, entro il 2019, l’indagine. 

COOPERARE SUL RISCHIO INFORMATICO 
Per innalzare la cyber resiliance del sistema finanziario italiano, spicca un’iniziativa di cooperazione, nata quest’anno e denominata Certfin, che offre servizi quali lo scambio informativo sugli eventi cyber e le nuove tecnologie usate negli attacchi per frodi e terrorismo, la valutazione degli impatti di sistema e il supporto ai singoli operatori nella risposta ai singoli incidenti. Ad oggi, all’iniziativa hanno aderito 40 soggetti e sono state gestite 830 segnalazioni degli operatori. 

LA NUOVA MOBILITÀ 
Altro tema caldo è quello dell’automotive e della new mobility. Secondo una ricerca internazionale di Arthur D. Little, intitolato Global Automotive Mobility Study, il 64% del campione italiano si dichiara disponibile a utilizzare l’auto a guida autonoma; il 22% la considera più sicura, ma per il 78% il problema è il data security. In crescita la mobilità condivisa che, nel 2025, a livello globale, conterà 430 mila vetture, su un totale stimato di un miliardo di veicoli circolanti: aumenta l’interesse verso il car sharing (58% in Italia e 49% a livello globale), in presenza però di un migliore livello di servizio e un prezzo più basso. Infine, il fenomeno del peer to peer, ancora sconosciuto in Italia, anche se il 59% del campione nostrano si dichiara disponibile a mettere in condivisione la propria auto, nonostante preoccupi la questione normativa sulla responsabilità e l’aspetto assicurativo, ovvero la difficoltà a formulare un premio customizzato visto l’uso promiscuo. 

LE OPPORTUNITÀ 
Tornando all’insurtech nel suo complesso, le compagnie italiane investono in modo ancora contenuto: il 5% della quota europea che, insieme a quella statunitense, ammonta a 1-2 miliardi di euro, contro i 4-5 miliardi globali. Tra le future applicazioni, la tecnologia di machine learning che offre delle promesse per l’utilizzo spinto dell’analisi sui dati, ad esempio nei claim. In generale sono molte le opportunità che derivano dall’insurtech. Tanto per citare un caso, la possibilità di migliorare la user experience del cliente, fornendo servizi e coperture con logiche di personalized insurance: partendo dalla conoscenza dettagliata del cliente, su cui le compagnie giocano un ruolo di primo piano, si formula l’instant insurance. Altro vantaggio è il basso costo della tecnologia usata in insurtech, basata su software open source: un’opportunità questa per l’Italia, dove la disponibilità di capitali è limitata. 

I RISCHI 
Tra i rischi, spicca soprattutto la cultura aziendale. In particolare, è necessario cambiare la gestione delle operation (tempi di risposta, semplicità, accessibilità e trasparenza) e il modello di relazione con il cliente, utilizzando le tecnologie per creare nuove possibilità di contatto e di servizi e far sì che l’intelligenza artificiale diventi un’opportunità per parlare di più con l’assicurato. Altro rischio è il pricing differenziato, che rischia di fare una grossa selezione del cliente, il che fa male all’assicurato, ma anche alle compagnie che azzerano la redditività. Inoltre, bisogna investire in capitale umano: vanno reperite risorse nuove, come i data scientist, ad oggi difficili da attrarre, ma anche sul piano organizzativo creando partnership con start up e retailer. Il tutto deve portare alla creazione di ecosistemi e relazioni industriali che, nell’allargamento della torta, possono portare a nuove revenues. 

LE IMPLICAZIONI NORMATIVE 
Vi è poi la questione dell’uso dei dati (il Gdpr è alle porte) e, più in generale, della normativa: ad oggi, le start up europee dedicano il 60% del loro tempo per la regolamentazione. In particolare, ha ricordato Pierpaolo Marano, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, la norma contempla nuove figure distributive, che svolgono attività di intermediazione senza essere iscritti o che basano la consulenza su algoritmi che non tengono conto di eventuali conflitti di interesse fra chi intermedia e il cliente, né tantomeno della normativa del Paese in cui viene utilizzato, come è il caso dei robo advisor. Qui mercato e vigilanza dovrebbero cooperare in un cammino di conoscenza, tenendo conto dei rischi derivanti dalle nuove tecnologie. 

DIALOGO APERTO 
A tirare le fila dell’intensa giornata è stato Stefano de Polis, segretario generale dell'Ivass che ha concluso rimarcando l’approccio dell'Autorità: stimolare l’innovazione lasciando al mercato l’iniziativa e intervenendo solo ove necessario per tutelare i consumatori. “Vogliamo sottoporre nuove iniziative e contributi di ricerca”, su ciber risk, regolamentazione, utilizzo dati, educazione assicurativa, big data e proporzionalità, “mantenendo aperto il dialogo con tutti gli operatori interessati”, ha annunciato.

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