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Le prospettive di crescita del commercio mondiale

Coface giudica improbabile un ritorno al livello pre crisi

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La crisi economica globale iniziata nel 2008 e la conseguente frenata della crescita hanno portato a un progressivo rallentamento del commercio internazionale. Secondo un'analisi di Coface, tra i principali player globali dell'assicurazione del credito, la situazione attuale registra il rallentamento strutturale e congiunturale dei grandi Paesi emergenti, particolarmente dannoso per il commercio mondiale, il cui sviluppo è strettamente legato al boom delle loro esportazioni" (moltiplicato per sei in 20 anni contro il 2,2 delle economie avanzate). 

A ciò si aggiunge un secondo effetto negativo della crisi: il rallentamento della domanda di materie prime. Le performance deludenti di numerosi Paesi in materia di export coincidono con un aumento del protezionismo che ostacola il commercio. "Globalmente - spiega Coface - tra luglio 2008 e luglio 2014, l'Argentina, la Russia e l'India hanno introdotto ciascuna più di 2500 azioni, circa il doppio di Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito e Italia". Attualmente il Paese divenuto più protezionista è la Russia. Un elemento che ha accentuato gli effetti della crisi sul commercio è stata l'internazionalizzazione dei processi produttivi. Coface ricorda che nel 2009 il commercio di beni intermedi (cuore della catena mondiale del valore) ha avuto un rallentamento del 25%. Tuttavia, "l'apparente resilienza alla crisi della catena mondiale del valore lascia sperare in prospettive di crescita a medio termine favorevoli". 

I margini di miglioramento, secondo Coface, sembrano buoni grazie soprattutto all'integrazione dei Paesi emergenti nelle catene mondiali. "L'ascesa della classe media asiatica dovrebbe favorire la fondazione di imprese sul continente africano, dove i costi di produzione sono strettamente dipendenti dal costo del lavoro (per esempio tessile e abbigliamento)". Coface attende nel 2015, tuttavia, un'accelerazione della crescita del commercio mondiale a un tasso prossimo al 5%, un livello più elevato rispetto a quello dei due anni precedenti.

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