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Supply chain o catena di approvvigionamento

Il termine si riferisce alle diverse fasi della produzione e vendita di un bene, dal momento in cui viene ricevuto un ordine da parte di un cliente (inclusi la pianificazione, l’esecuzione e il controllo delle attività legate al flusso di materiali). Rispetto al passato, oggi c’è un grado di complessità maggiore: ciò dipende dalla globalizzazione dei mercati e dall’intensificarsi dei flussi di materie prime, ma anche dal cambiamento di abitudini dei consumatori

Supply chain o catena di approvvigionamento hp_vert_img
Con l’espressione supply chain (o catena di approvvigionamento) si indica l’intero processo che consente di portare sul mercato e vendere un prodotto o un servizio: a partire dal primissimo fornitore, fino all’acquirente finale.
Si tratta quindi di un percorso piuttosto complesso, che coinvolge più settori e numerose attività di ciascuna impresa: dal flusso di materie prime, legato ai processi di produzione, fino alla logistica distributiva, che si occupa di far pervenire il bene acquistato al cliente.
In altre parole, quando si parla di supply chain ci riferiamo alle diverse fasi della produzione e vendita dal momento in cui viene ricevuto un ordine da parte di un cliente, inclusi la pianificazione, l’esecuzione e il controllo delle attività legate al flusso di materiali. 
Com’è facile intuire, il concetto odierno di supply chain presenta un grado di complessità assai maggiore, rispetto alle filiere che esistevano in passato. Ciò dipende dalla globalizzazione dei mercati e dall’intensificarsi dei flussi di materie prime, ma anche dal cambiamento di abitudini dei consumatori: basti considerare come esempio l’avvento dell’e-commerce, che ha mutato radicalmente l’approccio dell’acquirente nell’acquisto di beni e servizi.

GLI ANELLI CHE FORMANO LA CATENA
La catena di approvvigionamento è costituita dai cosiddetti anelli, che ne rappresentano le fasi, ma ognuno di questi è poi scomponibile in processi minori. Quello di approvvigionamento si riferisce a come, dove e quando è possibile procurarsi le materie prime necessarie per realizzare la produzione di un bene o di un servizio. Quello di produzione è rappresentato dall’attività di fabbricazione vera e propria, nella quale vengono utilizzate le materie prime. Infine, c’è la fase di distribuzione, che comprende tutte le operazioni che portano alla consegna del bene al cliente e che rappresenta perciò il risultato del lavoro di distributori, magazzini, retailer e piattaforme digitali.
La supply chain risulta quindi direttamente connessa al concetto di value chain, ossia a quello di catena di valore: quanti più anelli attraversa la produzione e la fornitura di un prodotto, maggiore risulterà il valore finale accumulato e dunque il costo complessivo di quest’ultimo. 


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COSA SONO I COLLI DI BOTTIGLIA
La catena di approvvigionamento rappresenta il flusso completo che un prodotto attraversa, dalla fase di produzione fino alla sua vendita: essa non va quindi confusa con la fase della logistica, che ne è solo una parte. La logistica, infatti, rappresenta l’insieme di attività organizzative e strategiche che un’impresa mette in atto per gestire i flussi di materiali, lo stoccaggio delle materie prime e la distribuzione dei prodotti.
I processi di globalizzazione spingono le catene di approvvigionamento a diventare sempre più complesse, in termini di velocità, flessibilità, precisione ed efficienza. Sotto questo aspetto, quindi, le nuove tecnologie digitali, la robotizzazione dei centri logistici e l’avvento dell’intelligenza artificiale stanno contribuendo a modellare nuove e più sofisticate forme di supply chain, incrementando la catena di valore da un lato, ma rendendo dall’altro sempre più sensibile l’interno sistema. L’automazione industriale consente oggi di integrare i processi di gestione delle attività di magazzino, facilitando l’organizzazione delle operazioni di inventario e ottimizzando la gestione degli ordini, attraverso la logistica interna, la gestione del trasporto e la distribuzione globale delle merci. Questi sistemi consentono, ad esempio, di pianificare le rotte di trasporto in base a esigenze che rispondono alla domanda di una sempre maggiore efficienza e rapidità, esponendo però le aziende a rischi che una volta erano impensabili e che impattano immediatamente sulla loro redditività.
Tra questi, i cosiddetti colli di bottiglia della supply chain, veri e propri punti di congestione che creano ritardi e costano tempo prezioso, aumentando le spese di produzione. 
Esempi di questo tipo consistono in:
carenza di manodopera o di componenti; 
crisi di capacità di fronte a una crescente domanda; 
burocrazia determinata da particolari decisioni politiche (come la Brexit);
restrizioni geografiche provocate da incidenti, eventi catastrofici e conflitti di ogni genere o dal fenomeno della pirateria.
Parliamo insomma di ogni genere di strozzatura che colpisca le catene globali di approvvigionamento.

LE STRATEGIE PER LA GESTIONE DEL RISCHIO
I rischi della supply chain possono provenire da molte origini, come incendi, disastri naturali, atti di guerra, fallimento dei fornitori, furti e perfino violazioni dei dati (cyber risk). 
Avremo quindi esposizioni che appartengono a rami diversi, e si pone il problema di come assicurare le relative possibili fonti di rischio. Un primo passo consiste certamente nel proteggere le merci prodotte e distribuite con una buona polizza property all risks, in grado di coprire gli eventi (naturali e non) che dovessero colpire e interrompere il processo produttivo, distributivo e di approvvigionamento.
Le merci vendute, inoltre, dovrebbero essere protette da una polizza trasporti o cargo, a difesa dei danni cui potrebbero essere soggette le spedizioni, ovunque nel mondo, indipendentemente dal vettore o dalla modalità di trasporto. È pur vero, infatti, che l’azienda che materialmente effettua il trasporto risponde per la responsabilità che grava su di lei in quanto vettore, ma vi sono dei limiti di risarcimento per la responsabilità vettoriale, che esulano dalla qualità (e quindi dal valore) dei prodotti e funzionano sul peso della merce avariata o perduta. 
Il recupero che può derivare da queste polizze è dunque assai limitato, ed è buona norma assicurare sempre le merci che vengono spedite in giro per il mondo.


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COME FUNZIONANO LE POLIZZE TRASPORTI
Le polizze che assicurano le merci trasportate funzionano su base all risks e tengono conto dei connotati di internazionalità e delle diverse giurisdizioni interessate, facendo specifico riferimento agli istituti contrattuali transnazionali che caratterizzano per antonomasia l’attività di trasporto. Bisogna infatti tenere conto del fatto che la supply chain comporta di per sé una grande quantità e varietà di rapporti contrattuali diversi, che legano i tanti attori che la catena di distribuzione rappresenta: dalla vendita alla somministrazione, fornitura, appalto, prestazione d’opera, trasporto, deposito, logistica, etc. 
Per quanto i contratti di spedizione e trasporto rispondano in buona parte a istituti contrattuali a carattere internazionale, in un ambito globale come quello trattato resta sempre il rischio che le discipline applicabili a ognuno di questi rapporti possano essere diverse e si basino su ordinamenti e giurisdizioni difformi o addirittura discrepanti. Ciascun contratto, insomma, può essere diverso per validità e forma, regime di responsabilità, termini di prescrizione.
Le qualità internazionali delle polizze trasporti o cargo si propongono di appianare il più possibile tali differenze, ma restano molti nodi da sciogliere per quanto attiene alla gestione del rischio negli altri rami interessati.

L’ASSICURAZIONE DEL CREDITO COMMERCIALE
L’assicurazione del credito per l’export rappresenta uno strumento molto utile per le società che operano sui mercati esteri. Questo prodotto assicurativo permette infatti di gestire il rischio di credito legato all’attività di esportazione e funziona sul monitoraggio della solidità finanziaria dei clienti dell’assicurato: in caso di inadempimento da parte di uno di essi, cioè nel caso in cui un cliente non dovesse o potesse onorare le fatture di pagamento delle merci vendute, viene erogato un indennizzo. 
Per contrarre questo tipo di polizza è prevista un’analisi di affidabilità e stabilità finanziaria dell’azienda assicurata. Si procede poi con l’affidamento dei debitori e con la gestione degli eventuali ritardi di pagamento. Se questa non andasse a buon fine, la compagnia provvederà al pagamento del sinistro e alle successive operazioni di recupero del credito insoluto.
Ogni cliente dell’assicurato viene sottoposto a una valutazione, attraverso lo studio dei bilanci e delle informazioni che l’assicuratore può ottenere dai registri pubblici. In pratica, si tratta di un’operazione di affidamento, per stabilire il limite massimo assicurabile su cui si baserà la copertura.
Vi sono diverse tipologie di polizza, e alcune si adattano perfettamente ai rischi derivanti dalle possibili interruzioni delle catene distributive e di approvvigionamento.
La copertura per Rischio singolo export, ad esempio, consente di coprire i crediti di un solo cliente, o di un numero limitato di clienti esteri. Quella del Rischio politico copre i casi di mancato pagamento originati da decisioni unilaterali dello Stato in cui risiede il debitore e può essere estesa agli altri problemi che impattassero la supply chain, come certe restrizioni geografiche e territoriali.

COPRIRE IL RISCHIO DI INTERRUZIONI E RITARDI 
Com’è intuibile, interruzioni o ritardi nella supply chain possono avere conseguenze economiche gravi ed esporre a penali e contenziosi. Parliamo ad esempio delle conseguenze di black out informatici (indipendentemente dalle loro cause) o di possibili sospensioni e ritardi nell’attività produttiva e di distribuzione, sia essa diretta, che relativa ai fornitori o clienti. 
In questo caso, il rischio risulta più elevato nei settori che sono più sensibili al rispetto delle tempistiche. Pensiamo alle aziende che producono capi di abbigliamento o ai produttori di beni alimentari stagionali o deperibili, alle imprese, insomma, per le quali la presenza di scorte tende a essere ridotta al minimo, per una ragione o per l’altra.
Un altro aspetto critico potrebbe dipendere dalla difettosità di prodotti e componenti che provengono dai fornitori, che potrebbero essere soggetti ad azioni di richiamo lunghe e costose e generare gravi danni sul piano reputazionale. 
A parte la possibilità di assicurare la responsabilità civile prodotti, incluso il rischio di recall (richiamo) proprio e di terzi, le soluzioni proponibili in questo caso, più che concentrarsi sul trasferimento del rischio, si muovono soprattutto nell’alveo del risk management, con l’adozione di pattuizioni contrattuali che consentano la risoluzione dei rapporti con chi fosse vittima di problemi alla propria supply chain. 
È così possibile reperire un’infinità di clausole che danno diritto alla risoluzione immediata del contratto, in caso di mancata consegna delle forniture alla data pattuita, di non conformità dei requisiti tecnico-qualitativi previsti, di violazione delle norme previdenziali, fiscali, assicurative, antinfortunistiche, ambientali, etc... 
Si possono inoltre prevedere le cosiddette Change of control clauses, che permettono la risoluzione del contratto nel caso in cui mutasse l’assetto societario della controparte, o le Kpi clauses (Key performance indicators), con le quali si stabiliscono i parametri qualitativi da rispettare nella prestazione di servizi e forniture. 

LE POLIZZE CHE ASSICURANO LA PERDITA DI PROFITTO
Infine, grande importanza hanno le polizze di Business interruption (BI), che coprono le spese conseguenti alla perdita di profitto dell’assicurato, in conseguenza di determinati eventi. Le polizze più tradizionali coprono questa fattispecie di danni economici solo in seguito alla perdita fisica di beni e strutture dell’assicurato (solitamente, funzionano nell’ambito delle polizze property, cioè incendio e all risks). Tuttavia, si sono ormai diffuse specifiche estensioni di garanzia, definite Contingent business interruption (CBI), che estendono la copertura della BI ai danni derivanti all’interruzione o sospensione dell’attività produttiva e/o distributiva dei fornitori e clienti dell’assicurato e quindi impattano direttamente sulla supply chain.
Queste polizze possono anche coprire le spese straordinarie che l’assicurato dovesse sostenere per riprendere la sua normale attività. 
Il periodo di assicurazione, che è quello di cui si tiene conto per calcolare le perdite di profitto oggetto di copertura, può variare in modo sensibile e dipende dalle peculiarità (e dunque dalla rischiosità) dell’attività produttiva e distributiva dell’assicurato, e dalle analoghe caratteristiche dei suoi fornitori e clienti. 

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