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La vittoria del senso di responsabilità

La vittoria del senso di responsabilità hp_vert_img
“Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. Questo passaggio del discorso che Robert Kennedy tenne presso l’Università del Kansas nel 1968, tre mesi prima di venire ucciso, mette in evidenza quanto sia impossibile misurare lo spirito nazionale o il successo di un Paese sulla base del Prodotto interno lordo. 
I contenuti di questo messaggio rendono ancora più avvilente, se possibile, lo spettacolo che il mondo politico ci ha regalato nelle scorse settimane. 
Al di là delle diverse posizioni politiche, e dei rispettivi elettorati, l’immagine di imbarbarimento dell’Italia sembra essere lo specchio di una popolazione indifesa e indebolita dalla continua promessa di un cambiamento possibile solo attraverso le accuse e la denigrazione di un avversario. 
In questo contesto, non possono che trovare terreno fertile elementi destabilizzanti come la perdita del senso di responsabilità da parte dei cittadini, la mancanza di rispetto verso le istituzioni e verso il prossimo, la sfiducia nella vita quotidiana e per il futuro. 
Il risultato è la profonda difficoltà che il nostro Paese sta vivendo non solo da un punto di vista economico ma anche sociale e morale.  Un declino pesante e progressivo che rischia di non trovare soluzione nemmeno nella costruzione di un nuovo governo, istituzionale, tecnico, basato su una maggioranza ricucita nel segno della continuità (o discontinuità), oppure legittimato dal voto. 
Dal punto di vista economico, una crisi strutturale come quella attuale comporta una complessità che ha bisogno di essere analizzata e compresa per riuscire a costruire una chiara visione delle motivazioni e delle soluzioni possibili. Il che significa agire, finalmente, su una strategia politica, economica e sociale strutturata, che contempli responsabilità, diritti e doveri da parte di tutti. 
Il problema nascosto nell’urgenza di questa strategia, pensiero apparentemente scontato se non ingenuo, è ciò che oggi può separarci da quel “baratro” che tutti gli osservatori temono per il nostro Paese: un declino da cui non sarà possibile fare ritorno. 
Serve allora tornare ai fondamentali, alla base della società civile, ricercando la strada per lavorare per il bene comune, per esprimere le migliori energie superando gli interessi personali e la tendenza all’improvvisazione. E per dare il giusto spazio a quei mondi vitali di cui il nostro Paese resta comunque ricco. Mondi vitali da sollecitare con senso di responsabilità, anche grazie al ruolo economico e sociale del settore assicurativo, attraverso la condivisione di progetti comuni, capaci di fare leva sul patrimonio che l’Italia possiede, fatto di intelligenza, valore sul territorio, capacità di innovazione, competenze, risparmio e investimenti: un intero sistema da valorizzare per contribuire, nonostante le difficoltà, alla crescita e allo sviluppo del nostro Paese.

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