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Terremoti, la nuova frontiera della prevenzione

Un progetto dell'Università di Napoli, finanziato da Axa, ha sviluppato un sistema in grado monitorare in tempo reale la resistenza strutturale degli edifici colpiti da un sisma

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Come è noto, gli eventi sismici non si possono prevedere. Tuttavia, è possibile mettere in atto strategie in grado di prevenire tutti quei rischi che, in caso di terremoto, possono mettere in pericolo l'ambiente, i fabbricati e la vita delle persone. In questo senso, il ruolo del settore assicurativo è strategico, non solo nel diffondere una cultura della prevenzione, o per mettere in campo la propria expertise e le specifiche conoscenze sul tema, ma anche per finanziare e incoraggiare la ricerca scientifica. È questo il caso del progetto Industrial seismic loss assessment and reduction (Islar), ideato e coordinato del professor Iunio Iervolino, dell'Università Federico II di Napoli, che è stato reso possibile grazie ai finanziamenti dell'Axa research fund, fondo internazionale promosso dal gruppo Axa per incoraggiare la ricerca scientifica. Islar è uno strumento che permette il monitoraggio e la gestione in tempo reale delle emergenze post-sisma: alla base c'è l'ideazione di un innovativo sistema di early warning in grado di misurare la resistenza strutturale residuale degli edifici industriali nelle fasi immediatamente successive a un evento sismico; il sistema mette così in condizione di supportare, attraverso l'acquisizione di dati reali, la decisione del management di stabilimento sulla ripresa in sicurezza del produzione. Uno strumento che può rivelarsi preziosissimo perché in grado di consentire la riduzione delle perdite dovute alle interruzioni di attività, e il conseguente danno economico per le imprese. Grazie all'intermediazione di Axa corporate solutions e Axa matrix risk consultant (società specializzata nella consulenza in risk management per grandi gruppi industriali), il progetto è attualmente in fase di sperimentazione presso lo stabilimento Magneti Marelli di Crevalcore (Bologna).

Per l'Italia, una strada ancora in salita


Il sistema è stato presentato lo scorso 19 giugno presso la sede milanese di Axa in Italia: il ceo Frédéric de Courtouis (nella foto) ha ricordato l'impegno profuso dall'Axa research fund nel promuovere e finanziare la ricerca nel lungo periodo; dal 2008 al 2012 il gruppo ha stanziato a livello globale 100 milioni di euro, e altrettanti ne sono stati messi a disposizione per il quinquennio 2013-2018. Con sette milioni di euro, l'Italia è trai maggiori Paesi beneficiari di finanziamenti, che hanno raggiunto, solo nel 2013, 30 iniziative di ricerca e otto nuovi post doc. Occorre stipulare un patto tra i vari attori coinvolti nel tema delle catastrofi naturali dal pubblico al privato, in cui gioca un ruolo fondamentale il settore assicurativo", ha spiegato de Courtois ricordando che "l'Italia è l'unico grande Paese europeo privo di partnership mista per risarcire i danni catastrofali: sebbene se ne parli ormai da trent'anni, credo questa resti l'unica possibile soluzione al problema". Presso la sede di Axa era presente anche Fernando Ferioli, sindaco di Finale Emilia, comune del modenese vicinissimo all'epicentro del terremoto del 2012, la cui ottocentenaria Torre dell'orologio sventrata dal sisma è divenuta una delle tragiche icone di quell'evento. Il sindaco, che voluto ringraziare personalmente Axa, per aver dato, attraverso il progetto Adotta una scuola, un prezioso contributo al ripristino del polo scolastico Castelfranchi di Finale Emilia, ha quindi portato la testimonianza diretta di chi ha dovuto affrontare di petto il dramma quel sisma, tra lo spaesamento della comunità e l'assenza di leggi e protocolli certi per affrontare la situazione: "purtroppo in Italia - ha osservato - ogni terremoto si affronta unicamente a colpi di ordinanze emesse dal commissario straordinario di turno".

Partnership pubblico-privato, il freno del populismo

L'eterna cultura dell'emergenza appare dunque come il ridondante e pessimo risvolto con cui, in Italia, si continuano a gestire i terremoti. Tutto questo appare ancor più preoccupante in un Paese che, per sua conformazione, è caratterizzato da un alto numero di aree sismiche. Da decenni si parla di arrivare a collaborazioni sistematiche tra pubblico e privato, trovando un punto di equilibrio tra ruolo dello Stato e quello degli assicuratori. L'introduzione di una polizza obbligatoria per i terremoti è un tema ricorrente, ma fino a ora non è stato fatto nessun reale passo avanti. Eppure, come conferma Roberto Manzato, direttore centrale vita danni e servizi dell'Ania, intervenuto nel corso dell'evento, i prodotti ci sono, "ma sono poco acquistati dal mercato retail. Una delle principali ragioni consiste nel fatto che, sulla base di ordinanze ex post, lo Stato è sempre intervenuto economicamente con soldi pubblici". Oltre a non garantire alcuna certezza né in termini di risorse erogate, né in fatto di tempistiche, questo modus operandi appare non più sostenibile dalle finanze dello Stato, già schiacciate da un elevatissimo debito pubblico. La strada prospettata da Manzato è quella di "un sistema misto in cui le compagnie, con le proprie polizze, offrono una certa capacità di copertura, e con lo Stato pronto a intervenire ma solo in ultima istanza". Una soluzione del genere "andrebbe incentivata dal punto di vista fiscale. Il mercato è pronto, ma manca la volontà del legislatore", frenata "da un approccio troppo populistico al tema, dove le polizze sono costantemente percepite come delle nuove tasse". Che la strada sia ancora in salita lo conferma anche Armando Ponzini, vicedirettore generale e direttore tecnico offerta danni di Axa Assicurazioni, che ha sottolineato la scarsa penetrazione di questo tipo di polizze: "solo l'1% dei nostri clienti con polizze abitazione ha una copertura terremoto", ha ricordato, spiegando che, aspettando eventuali novità dal fronte legislativo, la situazione può iniziare a migliorare attraverso "un maggiore impegno di noi assicuratori nel comunicare meglio i prodotti e nel diffondere capillarmente una cultura del rischio".

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