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Fpa: come recuperare ora il consenso generale?

Il 10 settembre 2015 si è tenuto il tanto atteso incontro tra il Commissario straordinario Ermanno Martinetto e le parti sociali del FPA (Ania, Sna, Anapa, Unapass e Gruppo Unipol), che fa seguito al documento illustrativo inviato dal Commissario alle parti sociali, lo scorso 23 luglio. Lo stesso Commissario - nero su bianco - evidenzia un disavanzo al 31/12/2014 pari a 582,4 milioni di euro, oltre al fondo di solvibilità che deve essere costituito ai sensi dell’art. 5 del D.M. N°259/2012, squilibrio calcolato - rispetto alle riserve tecniche, nel 41,3%. Le priorità del Fondo, in poche parole, ritornerebbero nel giusto equilibrio tagliando le prestazioni a pensionati e aumentando i contributi agli agenti attivi, pari allo squilibrio in atto (41,3%).

Si è arrivati all’odierna situazione erogando pensioni di molto superiori al montante versato illo tempore, da ogni agente. Va ovviamente corretto il tiro, appoggiandosi, di fatto, alla cifra  di ogni singolo versamento effettuato nel tempo, che ovviamente deve essere attualizzato ai giorni nostri.
La situazione incominciava a scricchiolare – sul piano attuariale  - , già nel lontano 2003. Il  CdA del FPA, preso atto del possibile disavanzo che iniziava a fare capolino, decise di attuare degli interventi: vennero aumentati i versamenti contributivi agli  agenti attivi, senza però incidere sul cuore del problema (le pensioni), che – allora – avrebbe rappresentato un sacrificio modesto, per tutti.

Il piano presentato dal Commissario è chiarissimo e non trattabile. O tutte le parti sociali lo  accettano, sottoscrivendolo,  o lo si respinge.
In questo ultimo caso, deprecabile sotto certi profili,  per le possibili e quasi certe conseguenze, tutto tornerebbe nella sede di Covip. Non ne decreterà il fallimento, perché non è possibile, ma la messa in liquidazione.

Qualunque cosa si pensi del “piano” e della situazione creatasi, ad oggi,  non si è avvertito nel dibattito pubblico il ben che minimo spirito di coesione. Le tre associazioni di categoria hanno fatto solo respirare diffidenza e tatticismo, da una parte e dell’altra.
E’ apparsa, ai più, una sorta di partita politica, una esternazione di muscoli. Un gioco a rimpiattino che certamente non ha fatto onore ai tre sindacati. Nessuno ha dato la percezione di essere sicuro, sino in fondo, delle proprie carte. 

In un  certo senso, in questi atteggiamenti io vi ho letto lo scontro fra “due” debolezze che, viceversa, avrebbero avuto non solo l’interesse  di proteggere gli iscritti, ma il dovere, prima di tutto  morale, di arrivare ad un accordo che mettesse l’Ania nella condizione di assumersi precise ed inequivocabili responsabilità.

E’ di difficile comprensione far emergere la ragione per la quale, questa squallida vicenda, debba essere addebitata solo agli intermediari. I soci fondatori erano e sono, Agenti e Ania.

Al tavolo della trattativa, il 10 settembre, il Commissario, nel presentare le sue ultime valutazioni definitive, ha illustrato il complesso delle funzioni da attribuire (se accettate) al nuovo Fondo, con tutte le sue correzioni contabili e gestionali, che andrebbero in vigore il 1° gennaio 2016.

Al maggiore sindacato italiano, lo Sna, è forse mancato il coraggio o la capacità di portare avanti quel tanto di negoziato/mediazione con l’Ania, iniziato nel 2014 e fatto fallire miseramente dalle prime mosse. Anche la frangia più intransigente degli agenti contestatori – a questo punto – dovrebbe capire che ci sono in gioco gli interessi di migliaia di persone e che diventa estremamente difficile interpretarne le aspettative di tutti.
Allo status quo, la situazione è quella sopra descritta.

Andrebbe – a questo punto – cercata la strada del recupero del consenso generale, con l’auspicio che il futuro venga interpretato e intrapreso,  da persone che godano di reali competenze specifiche.

Nella realtà, i sindacati dovrebbero saper distinguere un certo grado di propaganda che è, oggi come ieri, sempre fuorviante dalla verità e serve solo a premere sugli indecisi ma, soprattutto, psicologicamente, su coloro che – contro il loro concreto interesse - , non sono informati di nulla o, al massimo, godono di una superficiale infarinatura.

Troppo facile, oggi, accollare responsabilità ad altri, senza aver ancora compreso cosa sia successo e quale futuro previdenziale attenda un’ intera categoria.
Gli agenti italiani pagheranno un prezzo alto per aver elargito, a larghe mani, fiducia incondizionata un po' a tutti.

Sarebbe deprecabile che i singoli Presidenti delle tre associazioni, non tentassero di risolvere la difficile partita del FPA  unitariamente, scaricando  poi le responsabilità a destra e a manca, se non – addirittura  -   sul solito capro espiatorio, il povero iscritto,  che basito dagli avvenimenti che incalzano lotta quotidianamente contro una disintermediazione alle porte, le ben note difficoltà  professionali e una concorrenza sempre meno corretta, unite, non di rado,  alla “credulità” dei molti, e il desiderio di potere dei pochi.



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