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Stati Uniti, la risposta all’emergenza oppiodi

Negli Usa, il National Safety Council ha rivelato che l’overdose causata da queste sostanze, assunte come farmaci, è al quinto posto nella classifica delle cause di morte definite come prevedibili, con un decesso ogni 96 casi

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La Johnson & Johnson e altri produttori farmaceutici sono stati condannati a risarcire oltre 572 milioni di dollari per le aggressive e ingannevoli strategie di marketing volte a diffondere prodotti che hanno poi causato vari casi overdose.
Questo ennesimo verdetto multimilionario non riguarda direttamente la responsabilità civile da prodotto difettoso, come accade frequentemente nei mega-risarcimenti riconosciuti oltre oceano. Si tratta invece di una condanna comminata per campagne pubblicitarie ingannevoli, operate dalle aziende farmaceutiche, essenzialmente allo scopo di arricchirsi.
La sentenza del giudice dell’Oklahoma accusa queste società di avere, in concerto con altre dello stesso tipo, approntato strategie di marketing volte a diffondere l’idea che il dolore cronico non oncologico fosse trattato dai medici con leggerezza e che c’era pochissimo rischio nel prescrivere massicce dosi di oppioidi per combatterlo. 
Insomma, si sarebbe trattato di una strategia di vendita molto complessa e articolata, destinata principalmente ai medici stessi, ma pensata per disseminare la rete con informazioni per convincere il pubblico della bassa pericolosità di questi prodotti, spingendo i sanitari a prescriverne sempre di più. Una strategia, dunque, diretta alle professioni sanitarie, ma veicolata per vie traverse e sofisticate anche ai pazienti, che ha fruttato la vendita di oltre 326 milioni di pillole solo nel 2017 e avrebbe causato la morte di oltre 22.600 persone nell’anno successivo. Anche i bambini sarebbero stati coinvolti, dal momento che oltre il 4% di neonati sarebbe affetto da sindrome d’astinenza (con conseguente insufficienza di peso alla nascita e complicanze respiratorie), per non parlare dell’esposizione accidentale di bimbi molto piccoli, venuti in contatto con farmaci contenenti oppioidi, lasciati incustoditi da genitori e parenti.
Negli Stati Uniti è in corso una vera e propria emergenza per l’abuso di oppioidi. Il National Safety Council (Nsc) ha indicato l’overdose di questi farmaci al quinto posto nella classifica delle cause di morte definite come prevenibili, con un decesso ogni 96 vittime, superiore a quella derivante da incidenti stradali (un decesso ogni 103 vittime) e persino a quella da sparatorie (un decesso ogni 285 vittime).
Di fronte a tale escalation, il procuratore generale aveva chiesto pene assai più severe per le società farmaceutiche e un risarcimento di oltre 17 miliardi di dollari. Il verdetto del giudice Thad Balkman, invece, ha ridimensionato tale importo a 572 milioni di dollari, per compensare lo Stato dell’Oklahoma delle spese sostenute per costi sanitari e per avviare una campagna di sensibilizzazione sociale e rieducativa e predisporre un’azione di sostegno alle vittime stesse e ai loro familiari. 

I rischi degli oppiodi 
Qual è il pericolo costituito dai farmaci oppioidi? Si tratta di preparati derivati dall’oppio, che possono essere interamente naturali, semisintetici o di sintesi. Queste sostanze agiscono sui recettori delle cellule nervose e sono presenti sia nelle droghe illegali, sia nei farmaci prescrivibili. 
Dal punto di vista medico, rappresentano una risorsa importante per la gestione del dolore acuto, regolarmente adoperata in seguito a interventi chirurgici, nel trattamento dei dolori oncologici e nelle terapie per le patologie croniche.  
Come per tutti i farmaci, però, gli oppioidi non sono esenti da rischi, soprattutto se adoperati per lunghi periodi. Oltre agli effetti collaterali più frequenti (nausea, vomito, confusione e sonnolenza), questi preparati possono aumentare la sensibilità al dolore e inducono i pazienti ad assumerne quantità sempre maggiori, causando dipendenza fisica. In alti dosaggi, inoltre, possono provocare problemi respiratori e costituiscono un mix letale se mescolati ad alcolici o ad altri sedativi. 
Bisogna infine considerare anche i problemi indirettamente connessi ai casi di sovradosaggio, perché numerose ricerche dimostrano come i consumatori di oppioidi siano esposti all’aumento del rischio cardiovascolare e di sanguinamento gastrointestinale e a un tasso di fratture quattro volte superiore alla media (probabilmente anche a causa della perdita di lucidità che l’uso di queste droghe comporta).
Negli Stati Uniti, a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso, i medici, rassicurati dal fatto che le aziende produttrici escludevano che potessero generare dipendenza, iniziarono a prescriverne in grandi quantità. Il risultato di questa eccessiva confidenza ha determinato la morte di circa 400mila persone tra il 1999 ed il 2017. Sarebbe inoltre quintuplicato il numero di bambini con sindrome da astinenza neonatale, nati da madri che avevano abusato di farmaci oppioidi durante la gravidanza.
La cosiddetta epidemia di overdose da questi prodotti ha continuato a peggiorare, anche per l’introduzione di nuovi preparati sintetici, come il fentanyl e l’ossicodone. Il primo di questi, che è un medicinale approvato come analgesico, è davvero potente: una dose è 80 volte più forte della morfina e 30 volte più dell’eroina. Appena 20 milligrammi costituiscono una dose letale e lo si trova nelle formule da prescrizione, ma anche nel mercato illegale, mescolato a cocaina ed eroina.
Il pericolo più grande risiede proprio nel fatto che si tratti di una sostanza perfettamente legale e alla portata di chiunque possa farsela prescrivere. Un sondaggio condotto dal Nsc ha però rivelato che negli Stati Uniti nove consumatori di oppioidi su dieci non sono preoccupati dal rischio di dipendenza, il che spiega come mai i casi di overdose aumentino costantemente. 
 


Dove si collocano le responsabilità?
Come si è detto, il giudice Balkman ha ritenuto la Johnson & Johnson e altre dodici case farmaceutiche responsabili di aver ordito un piano per alterare la percezione dei medici riguardo alla pericolosità degli oppioidi prescritti. Si sarebbe trattato quindi di un danno assimilabile a quelli risarcibili da una polizza D&O, per l’evidente responsabilità dei vertici e dirigenti delle aziende nell’avere architettato un simile progetto. 
I danni direttamente sofferti dai pazienti sono più difficili da allocare. Il punto focale della difesa organizzata dalle farmaceutiche verte sul fatto che la maggior parte delle vittime assumesse volontariamente questi farmaci e che i medici non potevano non sapere della loro pericolosità. Vi sono però da considerare i danni collaterali, come quelli subiti dai bambini affetti da sindrome da astinenza neonatale, per i quali individuare una causalità direttamente collegata alle caratteristiche del prodotto potrebbe essere meno complicato. 
Il quotidiano The Washington Times ha rivelato che un certo numero di ospedali (26 nel Tennessee orientale e sette nel sud-ovest della Virginia) hanno intrapreso cause similari a quella disputata in Oklahoma, lamentando di aver ricevuto rimborsi insufficienti per il grandissimo numero di servizi forniti. Le procure dell’intera nazione stanno quindi tenendo il caso trattato sotto osservazione ed è possibile che in futuro siano approvate class action, in grado di ricadere sugli assicuratori della general commercial liability (la polizza che riunisce in sé l’equivalente dalla nostra Rcto ed Rc prodotti) o sulle D&O che proteggono le case farmaceutiche.
C’è infine da considerare la responsabilità dei medici, infermieri e farmacisti che per anni hanno creduto nella pubblicità dei produttori di oppiacei e hanno prescritto quantità di farmaci che non potevano non risultare nocive alla salute dei loro pazienti. In Virginia occidentale, Ohio e Tennessee, le Autorità hanno incrociato informazioni che attesterebbero l’eccesso di prescrizioni effettuate da parte di molti sanitari. In un caso è emerso che un medico di una città con 10mila abitanti abbia prescritto addirittura due milioni di pillole ed è quindi ipotizzabile che molte prescrizioni siano state redatte da parte di medici compiacenti o corrotti. 
A questo punto è difficile prevedere in quale misura l’assicurazione della Rc medica possa far fronte a questi casi, per quanto sia ampio il coacervo che contraddistingue la medical malpractice negli Stati Uniti.
È chiaro però che il verdetto dell’Oklahoma costituisce solo la punta dell’iceberg ed è piuttosto evidente la ricerca di un capro espiatorio che risponda dell’aumento dei decessi per overdose e degli enormi costi sociali a esso collegati, da parte dei cittadini americani e delle Autorità stesse.
Grande preoccupazione suscita anche il dubbio che, dati gli effetti devastanti dell’epidemia sulle comunità, alcune giurie si facciano dominare dall’emozione. 
È questo un problema peculiare nelle vicende giudiziarie degli Stati Uniti. In questo Paese, il magistrato funge più da coordinatore, all’interno di giurie composte da cittadini che non hanno alcuna competenza giuridica e si lasciano facilmente trasportare da avvocati abili a sfruttare le loro debolezze emotive. 
È anche prevedibile che le compagnie di assicurazione richiedano forti aumenti dei premi (già assai cospicui) delle polizze che coprono la responsabilità del prodotto farmaceutico ed è evidente che molte aziende dovranno affrontare una pubblicità negativa talmente insostenibile da essere costrette a ridimensionarsi o fallire. 
In ultima analisi, considerata la stretta augurata da più parti, questo fenomeno potrebbe nuocere proprio alle persone che in principio si desiderava proteggere. Punire chi assume queste sostanze solo perché alcuni ne sono dipendenti potrebbe voler dire punire coloro che hanno davvero bisogno di questi farmaci e i medici che li hanno sempre prescritti responsabilmente.

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